2,7 milioni di Emmanuel in fuga da Boko Haram

2,7 milioni di Emmanuel in fuga da Boko Haram

L’Italia è sconvolta per l’omicidio di Emmanuel Chidi Namdi a Fermo, frutto del clima sempre più preoccupante di intolleranza nei confronti dei richiedenti asilo africani. Ma nello sdegno per questo episodio si rischia di dimenticare che il primo protagonista di questa storia è l’indifferenza di fronte alle violenze di Boko Haram

 

Il fatto del giorno oggi in Italia non può che essere l’uccisione violenta a Fermo di Emmanuel Chidi Namdi, richiedente asilo nigeriano, ucciso a botte da un italiano per aver reagito a un insulto rivolto alla moglie, anche lei fuggita come lui da una zona della Nigeria dove imperversano gli islamisti di Boko Haram. Un evento drammatico che sta diventando anche un esame di coscienza collettivo per il nostro Paese. Con le parole e il canto disperato di Chimiary, la giovane vedova rimasta sola, che pesano come un macigno.

C’è però un aspetto di cui secondo noi anche in queste ore si parla troppo poco. E cioè da che cosa fuggivano Emmanuel e Chimiary. Parliamo di Boko Haram, ma che cosa ne sappiamo davvero delle proporzioni della catastrofe che questo movimento islamista sta provocando in Nigeria e nei Paesi vicini? Il razzismo si annida anche nel guardare questa vicenda da lontano, nel considerarla – di fatto – una sorta di «persecuzione più piccola» rispetto ad altre a noi più vicine. I numeri, invece, nella loro freddezza dicono che le cose non stanno affatto così. E oggi vale proprio la pena di ricapitolarli.

Il rapporto più recente dell’Unhcr sui profughi in fuga da Boko Haram risale al mese di maggio e parlava di 2.674.421 persone ufficialmente registrate come esuli nel bacino del Lago Ciad. Un numero che – ancora una volta – sfata il luogo comune secondo cui «vengono tutti qui». Tanto per dare un raffronto: i numeri ufficiali del ministero degli Interni parlano di un totale di 83.970 richieste d’asilo presentate nel 2015 in Italia; e di queste solo 18.174 (poco meno di una sua quattro) sono quelle avanzate da cittadini nigeriani.

Esattamente come per i profughi provenienti dalle guerre in Siria e in Iraq, anche tra le fila di quanti fuggono da Boko Haram solo una percentuale molto piccola approda in Europa. E vengono i brividi a pensare a quanti altri si perdono nella traversata nel deserto o nelle acque del Mediterraneo.

Per scendere poi nel dettaglio, sempre secondo i dati dell’Unhcr la maggior parte dei 2,7 milioni di persone costrette a lasciare le proprie case dall’avanzata di Boko Haram in realtà non ha nemmeno lasciato la Nigeria. Sono ben 2,1 milioni – cioè quasi tre su quattro – i cosiddetti sfollati interni, coloro che cioè si sono spostati in cerca di rifugio in un’altra zona del loro Paese. Quanti aglialtri 270,210 profughi si trovano nel Nord del Camerun (dove proprio per la loro assistenza si spende fratel Fabio Mussi, missionario del Pime e responsabile della Caritas della diocesi di Yagoua). Altri 7,337 profughi nigeriani registrati in Ciad. Ma la situazione in assoluto più drammatica oggi è probabilmente quella delle 241,256 persone che si trovano in Niger, già di per sé uno dei Paesi più poveri del mondo.

È soprattutto la regione desertica di Diffa quella dove l’emergenza ha assunto proporzioni catastrofiche. Al punto che vi sono circa 157 mila profughi accampati in 135 accampamenti di fortuna realizzati da loro stessi lungo la Strada nazionale 1, poco lontana dal confine con la Nigeria e comunque esposta alle scorribande di Boko Haram. Il tutto in condizioni atmosferiche in cui si arrivano a toccare anche i 48 gradi centigradi.

È da queste situazioni che erano scappati Emmanuel e Chimiary. Da un dramma di cui non parla più nessuno. Ricordarcelo è il primo passo per non fermarci all’emozione o alla polemica di giornata, ma provare a combattere il razzismo davvero.