Quando gli alieni sbarcarono in Africa

Quando gli alieni sbarcarono in Africa

CAPO DI BUONA SPERANZA
Mitologia, racconti, notizie diventano i protagonisti dei nuovi videogiochi “Made in Africa”

 

Per molto tempo gli appassionati africani di videogiochi si sono dovuti accontentare dei personaggi creati in Giappone o negli Stati Uniti, come Super Mario, Grand Theft, Candy Crush, e molti altri avatar o eroi, i cui universo e immaginario sono molto lontani dalla loro realtà quotidiana. Ma le cose oggi cominciano a cambiare e i giocatori africani si vedono sempre di più proporre prodotti creati da sviluppatori ed editori locali.

Bisogna risalire a quindici anni fa, per veder apparire il primo videogioco “Made in Africa”. E scendere sino alla Namibia, dove, nel Duemila, Herman Heunis ha avuto l’idea di lanciare Clockspeed, primo videogioco in salsa africana. Qualche anno dopo, Heunis ha fondato MXit, il più importante network sociale e primo servizio di messaggistica istantanea del continente.

Nella sua scia, un gruppo sudafricano basato a Los Angeles ha sviluppato Louma Arcade, una gamma di giochi utilizzabili su cellulari. Nel 2009, alcuni informatici del Kenya hanno cercato di lanciare Afroes, che tuttavia non è riuscito a decollare. In questi ultimi anni, invece, stiamo assistendo alla nascita di studi, che propongono giochi con contenuto, personaggi e ambientazione influenzati dalla mitologia, dai racconti, delle notizie o dalle realtà africani.

Già nel 2012, il nigeriano Hugo Obi ha creato Kuluya Games, una gamma di giochi, che offre la possibilità di trasformarsi in okada, ovvero i (famigerati) guidatori di moto-taxi, che si infilano tra le insidie del traffico mostruoso di Lagos, capitale economica della Nigeria. Nel 2013, il ghanese Eyram Tawia e il keniano Wesley Kirinya hanno lanciato Leti Games, che permette ai giocatori di calarsi nei panni di Ananse, ragno mitologico del popolo akan, o di Shaka Zulu, potente re del popolo zulu all’inizio del XIX secolo. Nello stesso filone, troviamo “Aurion, l’héritage des Kori Odan”, uscito dagli studi camerunesi di Kiro’o Games e ispirato ai racconti leggendari degli antichi reami africani.

Una delle creazioni più recenti e più compiute è il lavoro di un giovane keniano, Andrew Kaggia. Dopo aver visto molti film americani e utilizzato videogiochi occidentali, si è chiesto come mai gli alieni non abbiano mai tentato di attaccare i Paesi africani. Così, ha deciso di porre rimedio a questa “dimenticanza”, inventandosi Nairobi X; al giocatore viene fornita una serie di strumenti per difendere la capitale keniana dall’attacco degli extraterrestri. In questa nuova dinamica del videogioco africano, i protagonisti sono tutti molto giovani. Vanno dai 27 anni di Andrew Kaggia ai 35 anni di Hugo Obi. Hanno spirito di iniziativa e capacità di marketing; e non hanno esitato a lanciare delle campagne di crowdfunding per raccogliere i fondi necessari per le loro imprese. In questo modo, ad esempio, Kiro’o Games del Camerun è stato in grado di raccogliere i 120 mila euro necessari a sviluppare il suo prodotto di punta. Il progetto ha impiegato dieci anni a decollare, a riprova che, oltre alle qualità tecniche, i creatori di videogiochi africani hanno anche la virtù della pazienza!

Altra buona notizia è che queste start up stanno creando nuovi posti di lavoro in diversi campi: design, infografica, scrittura di sceneggiature, sviluppo web… E visto che l’industria globale dei videogiochi è arrivata quest’anno a essere stimata attorno ai 75 miliardi di euro, era ora che anche i giovani africani potessero andare alla conquista di una parte, seppur minima, di questa enorme fortuna!