Dopo Francesco, a Nairobi parlano i signori del commercio

Dopo Francesco, a Nairobi parlano i signori del commercio

Nella capitale kenyana è in corso fino a domani il vertice dell’Organizzazione mondiale del commercio: un appuntamento chiave per il futuro delle economie meno sviluppate, che il Papa aveva ricordato durante il viaggio africano

 

I padroni del commercio mondiale ascolteranno la voce del Papa? A fine novembre, parlando negli uffici delle Nazioni Unite di Nairobi, Francesco aveva ricordato che di lì a pochi giorni la stessa città avrebbe ospitato la conferenza dei 163 paesi membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto, in inglese). «Le decisioni – aveva chiesto il Pontefice facendo cenno all’incontro che si concluderà domani, 18 dicembre – non siano un mero equilibrio di interessi contrapposti, ma un vero servizio alla cura della casa comune e allo sviluppo integrale delle persone, soprattutto dei più abbandonati».

La preoccupazione del Papa riguardava soprattutto le regole per la liberalizzazione del commercio, che, aveva spiegato citando il beato Paolo VI, potrebbero diventare «un elemento fondamentale per lo sviluppo dei popoli o, al contrario, causa di miseria e di esclusione». Un elemento tanto più vero per l’Africa, che da un’equa eliminazione delle barriere avrebbe da guadagnare soprattutto in due settori: agricoltura e salute pubblica. Il settore primario, anche negli anni della crescita della cosiddetta ‘classe media africana’, continua infatti a fornire circa un terzo del prodotto interno lordo del continente. A ridurre di molto i benefici è però un paradosso indicato al quotidiano kenyano Daily Nation dal professor Edward Oyugi, esperto del tema: «La crudeltà – ha sostenuto – è che i paesi sviluppati spendono miliardi di dollari in sussidi per i loro prodotti, mentre proibiscono alle nazioni più povere di sostenere il mercato interno, come avviene per l’Africa».

Disparità, queste, che rischiano di aumentare se nei negoziati prevarrà l’opinione di chi vuole dividere i paesi meno sviluppati secondo criteri nuovi, creando la categoria delle “economie emergenti”, a cui sarebbe concessa meno flessibilità nell’applicazione delle regole. «Questo approccio non ha basi nelle regole del Wto, nelle politiche per lo sviluppo, né nella realtà economica, perché il 70% dei poveri vive in Paesi a medio reddito» si legge però nell’appello di oltre 450 organizzazioni della società civile mondiale, diffuso in occasione del vertice.

Rischia dunque di rimanere disatteso l’invito del Papa, che all’Onu di Nairobi aveva esortato: «Le discussioni multilaterali, (…) devono dare ai Paesi più poveri il tempo, l’elasticità e le eccezioni necessarie ad un adeguamento ordinato e non traumatico alle regole commerciali». Francesco si riferiva, in particolare, al tema della proprietà intellettuale, che ha un impatto soprattutto in campo sanitario. Nella capitale kenyana si sta discutendo infatti anche se mantenere in vigore le facilitazioni di cui, in materia di brevetti farmaceutici, godono proprio gli Stati meno sviluppati: questione fondamentale per ridurre i costi delle cure per malattie come malaria, tubercolosi e altre tipiche delle zone tropicali. Fenomeni che, aveva ricordato il Pontefice, «richiedono un’attenzione politica prioritaria, al di sopra di qualsiasi altro interesse commerciale o politico».