Fratello universale

Fratello universale

A cent’anni dalla morte, i “germi di bene” seminati da Charles de Foucauld continuano a essere segni di profezia anche per l’oggi

Quando Charles de Foucauld si stabilisce nell’ottobre del 1901 a Beni Abbès, nel Sahara algerino, la maturata consapevolezza di vivere soltanto per Dio non lo chiama a vivere una vita tra sé e Dio, rinchiusa in un rapporto assoluto ed esclusivo, ma lo spinge ad aprire il proprio cuore a fratelli e sorelle. In particolare ai soggetti più difficili da amare.

È questa l’attenzione a cui Charles ci richiama ancora oggi, poiché è facile cercare una vita cristiana intimistica, che non si fa concreta nelle relazioni o nella missione. Charles diffonde la bontà di Dio tra il popolo algerino e noi, che quest’anno celebriamo i cento anni dalla sua morte – insieme ai dieci anni di presenza del Pime in Algeria – sappiamo quanto è difficile la presenza cristiana in quelle terre. Charles va lì e, mescolato a quel popolo, inventa forme di condivisione del Vangelo, forme che fossero preparatorie all’annuncio offerto da altri, e che si sono rivelate pienamente evangeliche. “Germi di bene” che sono per noi un segno di profezia.

Il primo di questi “germi” è l’adorazione di Gesù Eucaristia in silenzio. Nell’oasi di Beni Abbès, Charkes costruisce un’abitazione e trascorre le sue giornate dedicandosi soprattutto all’adorazione eucaristica, convinto che l’Eucaristia evangelizzi i popoli circostanti con la sua sola presenza. Ben presto precisa i suoi obiettivi iniziali a motivo delle molteplici richieste che riceve. Numerose sono, infatti, le persone che gli si presentano per chiedere aiuti materiali e spirituali. Si fa così strada in lui un nuovo, sorprendente modo di amare Dio: amarlo nei suoi figli, perché risplenda in loro l’immagine di Dio, perché emerga tutta la loro ricchezza di figli amati.

Un altro “germe” è la lotta contro la schiavitù. A Beni Abbès, questa piaga è ancora ben presente, “legalizzata” dalle autorità francesi e dai marabutti. La cosa più grave, però, è che coloro che sono resi schiavi non sono solo gli adulti, ma soprattutto bambini e ragazzi. Charles si sente interpellato in coscienza dalla Parola di Dio a fare qualcosa per ridurre questa piaga e non si scoraggia nemmeno dopo le messe in guardia venute anche da figure ecclesiali. Promuove personalmente il riscatto degli schiavi e mette a disposizione una parte del suo eremo, oltre ad offrire cibo e amicizia. Terzo “germe” il contributo di donne religiose. In quel periodo, accanto al desiderio di fondare la fraternità dei Petits frères, Charles matura anche quello di una presenza femminile religiosa. Nel 1902, infatti, termina di redigere la regola per le Petites soeurs du Sacré Cœur de Jésus. Questo mette in evidenza l’importanza di una cura femminile per quelle popolazioni, ma mette in evidenza anche l’attenzione personale di Charles ai destinatari, che potrebbero essere meglio aiutati da donne anziché solo da uomini. Lo stesso Papa Francesco oggi valorizza la donna e si prodiga affinché nella Chiesa sia riconosciuto il contributo femminile.

Nel 1903, inoltre, Charles scrive un manualetto per catechisti – il quarto “germe” – rivolto a laici intenzionati a svolgere il loro servizio per l’evangelizzazione del popolo musulmano. È un testo in cui Charles presenta i principi della religione cattolica valorizzando quelli dell’islam. Charles è consapevole che il rapporto col mondo musulmano è difficile; tuttavia, offre una prima conoscenza del cattolicesimo partendo da categorie religiose familiari all’islam. Questa sua scelta è l’apertura di una nuova porta, un modo di dire il Dio dei cristiani agli arabi, attraverso la possibilità di comprendersi, di stimarsi, facendo dei piccoli passi; un’iniziativa che richiama, oggi, la necessità di tornare ai fondamenti della fede, per noi sempre più sconosciuti.

Altro “germe di bene” e segno di profezia per noi è il conoscere la lingua dell’altro. Fin da quando è entrato a contatto con i tuareg, Charles ha cercato di conoscerne la cultura. Esplorando la loro vita, gli usi e costumi, si è reso conto che per entrare in relazione era necessario anzitutto conoscere la lingua che parlavano. Dal 1904, de Foucauld inizia così un lungo lavoro sulla grammatica, il lessico e le traduzioni, che si svolgerà fino al 1916. Raccoglie migliaia di versi e di testi in prosa, scrivendo anche lunghe lettere di etnografia per restituire al popolo tuareg la ricchezza della sua lingua. Quanti, da altri Stati, culture e religioni, sono giunti ormai nei nostri Paesi e quanto poco ci interessiamo alla loro lingua, pretendendo poi che si integrino. Io credo che dovremmo non solo insegnare loro l’italiano e i costumi italiani, ma chiedere che condividano con noi le cose buone della loro cultura per aiutarci a costruire qualcosa di arricchente attraverso l’incontro.

Sesto “germe”, la fondazione dei Fratelli e le Sorelle del Sacro Cuore di Gesù. Tra i 1907 e il 1908, mentre continua a desiderare di veder nascere i Petits frères e le Petites sœurs, Charles de Foucauld pensa di avviare una confraternita di laici che, dalla madrepatria, offrano il loro servizio alle missioni francesi. I laici, più vicini alla gente rispetto ai religiosi e ai sacerdoti, potevano più agevolmente raggiungere il popolo sahariano e il loro aiuto avrebbe favorito l’introduzione dei missionari, dediti più direttamente alla diffusione del Vangelo. De Foucauld si prodiga così per avviare un’associazione formata da membri appartenenti a tutte le forme di vita della Chiesa: sacerdoti, religiosi e religiose, ma soprattutto famiglie e singoli laici. Desidera che i membri di questa associazione siano a servizio delle missioni, rimanendo in Francia o operando direttamente nei luoghi missionari. Per avviare l’associazione dei Frères et Sœurs du Sacré Cœur de Jésus, de Foucauld si recherà in Francia tre volte, tra il 1909 e il 1913. Tuttavia l’opera resterà appena abbozzata, interrotta a causa della Grande Guerra e della morte di Charles de Foucauld, avvenuta il primo dicembre 1916.

Ma oltre ai suoi progetti, un segno di profezia (settimo “germe”) lasciatoci da Charles con la sua vita sono le relazioni che ha coltivato, in modo epistolare o diretto: relazioni vere, profonde, con ciascuno e con tutti. I suoi corrispondenti sono circa cinquecento: familiari, militari, sacerdoti, amici… Ci sono pagine molto belle che esprimono la vicinanza, l’amicizia fraterna, la chiarezza di coscienza, la ricerca della verità e del bene per l’altro. Charles non tiene i rapporti a caso. Ha sempre un obiettivo: diffondere il bene di Gesù con ciascuno. Voleva aiutare Dio ad accendere sulla terra il fuoco dell’amore divino. Con la sua vita ci fa capire che è possibile fare del bene, vivere bene nella condizione in cui siamo: in famiglia, in parrocchia, nei nostri gruppi, come sacerdoti, come laici, come religiosi. La spiritualità di Charles si dimostra così una spiritualità che interessa tanti. Forse perché non ha nulla di più se non il Vangelo come principio e fine, come riferimento continuo, quotidiano, come stile di vita. Che cosa c’è di attuale, infatti, se non il Vangelo? L’attualità di Charles la cogliamo, a mio parere, soprattutto in questo.