I mille volti dell’Uganda che oggi accoglie il Papa

I mille volti dell’Uganda che oggi accoglie il Papa

Da Amin a Joseph Kony, dal Pil che corre alla povertà che resta grande: tra storia e presente un ritratto del secondo grande Paese africano dove oggi pomeriggio farà tappa Francesco.

 

Un Paese dalla storia martoriata, in un’area, quella dei grandi laghi, tra le piu’ martoriate del continente africano, quindi del mondo.

L’Uganda di Obote, primo presidente post-coloniale (il Paese si rese indipendente dagli inglesi nel 1962), che subito si rivelo’ dittatore feroce,

L’Uganda di Amin, che con un colpo di stato detronizzò Obote, ne prese il posto, creando una dittatura ancora più feroce: negli otto anni in cui fu assoluto padrone del Paese (dal 1971 al 1979), si contarono almeno 300mila morti, tra oppositori politici, accusati di aver patteggiato e convenuto al regime di Obote, e gente comune.

L’Uganda dell’”operazione Entebbe”, che rese nota a tutto il mondo la località posta esattamente sulla linea africana dell’equatore, sede dell’unico aeroporto internazionale del Paese, ad una cinquantina di chilometri di distanza dalla capitale Kampala:  tra il 3 luglio ed il 4 luglio 1976 un commando di forze speciali dell’IDF e del Mossad riuscì a liberare gli ostaggi di un volo Air France proveniente da Tel Aviv, diretto a Parigi, sequestrato da quattro terroristi (due dei quali palestinesi, gli altri due delle brigate rosse tedesche), dirottato sull’aeroporto ugandese, perché Amin simpatizzava ed appoggiava il terrorismo palestinese; nel raid israeliano morirono tutti e quattro i sequestratori e decine di militari ugandesi che proteggevano i terroristi, l’unico israeliano a morire fu’ il comandante di terra delle forze israeliane, Yonatan Netanyahu, fratello del futuro leader del Likud e primo ministro Benjamin Netanyahu.

L’Uganda di Joseph Kony, autoproclamatosi profeta, a capo dell’ LRA, (Arma di Resistenza del Signore), milizia di fanatici e sedicenti cristiani integralisti, che  dalla fine degli anni 80 lotta contro il Governo, perché intenzionato ad instaurare in Uganda un regime basato sull’applicazione dei 10 biblici comandamenti: un leader ed un esercito tristemente famosi per gli stupri di massa, l’utilizzo dei bambini soldato, la riduzione in schiavitu’  di bambine, ridotte a schiave sessuali, come “mogli” dei comandanti ribelli, sfruttate per i “lavori domestici” negli accampamenti, spesso anche loro costrette a combattere in prima linea (in realta’  l’LRA famoso lo divenne solo nel 2012, dopo che un’ONG americana fece una proficua, piu’ che altro economicamente, campagna mediatica e sui social per denunciarne lo sfruttamento dei bambini soldato nell’esercito di Koni.
Il dipartimento di Stato Usa, sull’onda dell’emotivita’ mediatica scatenata da quella campagna, inseri’ l’LRA nell’elenco delle organizzazioni terroristiche, inviò poche centinaia di marines dell’Africom a dar la caccia a Koni ed ai suoi uomini, senza troppa convinzione, senza grandi successi (una storia che pare copia di quello che avviene oggi con l’isis). Koni e la sua manovalanza, ormai  ridimensionata, è stata però dispersa dalle forze governative: ora è un fuggitivo che ha una banda più piccola, forse in Congo o Repubblica Centrafricana.

Ma anche l’Uganda della crescita economica, con previsioni di crescita del PIL pari al 6,7%  nel periodo 2013-2017 ed un’accelerazione fino al 12,9% negli anni successivi, in considerazione  dell’estrazione petrolifera e di nuovi investimenti del governo in strade, energia e progetti nel settore agricolo (tuttavia il paese – il più grande produttore di caffè con esportazioni per 20 miliardi di dollari – soffre di profonde disparità economiche ed è classificato dalla Banca mondiale come uno degli Stati più poveri al mondo), e del crescente flusso di turisti occidentali, attratti da una natura primordiale ed incontaminata (dieci parchi nazionali e molte foreste vergini, habitat unico al mondo per diverse specie di animali).

L’Uganda come paradigma dell’Africa: un continente pieno di ferite, ma in continuo dinamismo, e  che sempre guarda al futuro con gioia e speranza.

Da oggi papa Francesco sarà qui, nella sua seconda tappa di questo suo primo viaggio pastorale in Africa: arriverà all’aeroporto di Entebbe nel pomeriggio, in auto si trasferirà alla State House per la Visita di cortesia al Presidente e per l’Incontro con le Autorità e i membri del Corpo Diplomatico, prima dell’incontro con i vescovi ed i religiosi, previsto in serata.

Ma gli appuntamenti principali di questa visita in Uganda saranno il giorno successivo: Bergoglio e’ atteso di prima mattina ai santuari cattolico ed anglicano (i cattolici sono 45 %,  gli anglicani il 35% del Paese,  Il 12% degli ugandesi sono musulmani sunniti)  di Namugongo ,ad una quindicina di km dalla capitale Kampala, per una visita e commemorazione  nel luogo in cui, tra il 1885 ed il 1887, furono uccisi dal loro re Mwanga II , per essersi convertiti al cristianesimo, decine di sudditi del regno di Buganda (il più grande dei regni tradizionali, ancora in vita, riconosciuto come monarchia costituzionale all’interno dell’Uganda). Il Papa celebrerà  Messa nell’area di Namugongo, mentre nel pomeriggio è atteso da centinaia di migliaia di giovani africani a Kololo Air Strip (ex pista aerea militare) a Kampala.

Oltre il 60% della popolazione africana ha meno di 25 anni ed è così anche in Uganda, che attende con trepidazione, piu’ di vent’anni dopo l’ultima visita papale (di papa Wojtyla nel 93), il primo Papa a non provenire dall’Europa, ma dal Sud del Mondo.