In Mozambico indulto per mille detenuti, nello spirito del Giubileo

In Mozambico indulto per mille detenuti, nello spirito del Giubileo

Il provvedimento annunciato dal presidente Nyusi nell’imminenza del Natale. Poche ore prima l’appello del Papa per un’amnistia in occasione dell’Anno santo. Ma le condizioni delle carceri restano critiche e la sfida è il reinserimento sociale dei graziati

 

I tempi non sono stati scelti a caso. Mancavano pochi giorni a Natale quando Filipe Nyussi, presidente del Mozambico, ha annunciato che avrebbe usato i suoi poteri costituzionali per un gesto inedito: l’indulto per un migliaio di detenuti condannati per reati comuni. E proprio alla vigilia della festa cristiana il governo ha diffuso ufficialmente la lista di chi sarebbe stato scarcerato: uomini sopra i 60 anni e donne oltre i 55, o alla loro prima condanna o che ne avevano scontata, tenendo una buona condotta, più di metà.

Anche considerando che dal provvedimento restavano esclusi i colpevoli di “crimini particolarmente violenti e odiosi”, restava il significato generale del gesto di Nyusi, spiegato dallo stesso presidente in termini di: “clemenza, umanità, compassione”. Soprattutto, però, il capo dello Stato aveva dichiarato di aver agito “per la profonda convinzione dei risultati del lavoro delle nostre istituzioni nella rigenerazione, riabilitazione e riammissione in società”. La scommessa, quindi, è in parte sul futuro del Paese: qui molti ricordano ancora la guerra civile terminata nel 1992, che ancora si riflette nella contrapposizione tra il governo e il principale partito di minoranza, gli ex ribelli della Resistenza nazionale mozambicana (Renamo).

In quest’ottica, un gesto ufficiale di perdono su piccola scala potrebbe anticipare aperture politiche. Ma in una prospettiva più ampia si potrebbe dire che il presidente mozambicano sia stato, indirettamente, il primo leader politico a rispondere all’appello lanciato da Papa Francesco per un’amnistia dei detenuti in occasione del Giubileo della Misericordia. Risposta quasi certamente indiretta, perché l’appello di Jorge Mario Bergoglio, contenuto nel messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2016, è stato reso pubblico il 15 dicembre, alla vigilia del discorso del presidente mozambicano. Il cenno del papa alla necessità di “migliorare le condizioni di vita nelle carceri” è però un’esigenza sentita anche in Mozambico: nel 2014 i detenuti erano 15.600, a fronte di celle per 7.800. Già un anno e mezzo fa, inoltre, Amnesty International segnalava la presenza di minori tra i carcerati e i casi di prigionieri non rilasciati – spesso per lungaggini burocratiche – anche a pena scontata.

Il gesto di Nyusi arriva dunque al momento giusto, ma rischia di essere insufficiente: il quotidiano Verdade, spesso critico del potere, ha notato che molti dei detenuti liberati sono giovani, autori di crimini non violenti e disoccupati. “Dietro le sbarre non hanno migliorato la loro formazione (…) né imparato una professione”, si legge in un editoriale, che solleva il timore che questa condizione porti a nuovi reati. Contro il problema il governo è stato invitato a fare di più, fornendo vere opportunità educative e non solo – come proposto dal governatore della provincia di Maputo, Raimundo Diomba – “terra e acqua” per quanti volessero dedicarsi all’agricoltura o a non meglio specificate attività imprenditoriali.