Le due facce dell’Uganda che aspetta il Papa

Le due facce dell’Uganda che aspetta il Papa

Uno dei tre Paesi africani che Francesco visiterà a novembre vive il contrasto tra crescita economica ed emarginazione. In un lettera pastorale l’appello dei vescovi per una fede più vissuta. Mons. Filippi: «La ricchezza è il nuovo idolo»

“Il Papa, a novembre, vedrà un Paese in movimento, dove accanto agli aspetti positivi, le sfide sono notevoli”. Monsignor Giuseppe Filippi è il vescovo cattolico di Kotido, nel nordest dell’Uganda, uno dei tre stati africani (con Kenya e Centrafrica), che il pontefice visiterà alla fine di novembre prossimo: è lui a tracciare per Mondo e Missione un quadro della situazione locale, non sempre univoca. “Questa è una terra – spiega infatti – che ha finalmente trovato la pace e le riconciliazione [le regioni del nord sono state tra l’altro attraversate fino ad anni recenti dalla guerriglia del cosiddetto Lord’s Resistance Army, guidato dal ‘signore della guerra’ Joseph Kony, ndr] uscendo da una storia di violenza e di miserie, ma è anche un Paese che subisce la pressione della modernità”.

Conquiste e nodi irrisolti sono anche i temi della lettera pastorale che la conferenza episcopale ha diffuso all’inizio di ottobre, per preparare i fedeli all’arrivo del pontefice. Nel documento si sottolineano i numeri importanti della Chiesa locale (meno di 10.000 all’inizio del ‘900, oggi i cattolici sono circa 15 milioni su una popolazione totale di 37,5) e il suo contributo allo sviluppo spirituale e sociale del Paese attraverso scuole, ospedali, strutture per l’accoglienza dei disabili. Ma i presuli invitano i cittadini a riflettere anche sul loro impegno individuale.

“La fede è grande a livello, per così dire, ‘istintivo’ – riassume mons. Filippi – ma c’è un grande divario tra questa e il modo di agire, le pratiche”. Per questo i vescovi hanno invitato a vivere la fede, nell’attesa della visita del Papa, “curandosi delle opere di carità, dell’assistenza ai poveri, del bene delle proprie famiglie”. Il rischio, in caso contrario, è quello “della superficialità, che viene anche dallo sviluppo economico abbastanza rapido”. Una crescita evidenziata dai numeri (+4,5 di prodotto interno lordo, secondo gli ultimi dati dell’African Economic Outlook), ma sbilanciata: “Si corre verso la ricchezza – riprende il vescovo di Kotido – che sembra la soluzione ad ogni problema, ma è diventata semplicemente un nuovo idolo, e chi rimane indietro non riesce più a trovare un equilibrio di vita”.

Temi, questi, che sono cari al pontefice, come lo è l’opzione preferenziale per i poveri citata dalla conferenza episcopale. Ma che riguardano anche i giovani ugandesi, ormai la maggioranza della popolazione, la cui tentazione, continua il vescovo missionario “è quella dello scoraggiamento, della fuga, della ricerca di compromessi, perché non si vedono soluzioni per il futuro”. Tra le cause c’è anche la stasi politica: il presidente Yoweri Museveni guida da ‘uomo forte’ lo stato fin dal 1986 e un’opposizione divisa non sembra in grado di ottenere risultati migliori rispetto al passato nelle presidenziali del prossimo anno. Nessuna meraviglia, dunque, che la Chiesa locale guardi a Francesco anche come “costruttore di ponti” in un Paese dove “un accordo nazionale è mancato per molti anni”.

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Foto: Flickr / Adam Cohn