Se Nairobi dettasse davvero l’agenda

Se Nairobi dettasse davvero l’agenda

L’ANALISI
Il discorso di papa Francesco alla sede dell’Onu di Nairobi è la continuazione della denuncia sullo strapotere dell’economia e della tecnica proposto nell’enciclica «Laudato Sì». Che da solo un accordo politico (più o meno forte) alla Conferenza sul clima di Parigi non basta a smantellare. Così Francesco ora chiama in causa anche il Wto

 

Il mondo cambia a seconda del punto da dove lo guardi.

È il primo pensiero che mi è venuto in mente scorrendo il testo del fortissimo discorso che papa Francesco ha pronunciato questo pomeriggio dalla sede dell’Onu di Nairobi. L’avevamo spiegato su questo sito l’altro giorno perché il «palazzo verde» delle Nazioni Unite in Kenya è un luogo particolarmente significativo. E perché era logico aspettarsi che da lì papa Francesco lanciasse un appello alla Conferenza sul clima di Parigi, che si apre lunedì.

Però Francesco è andato ben al di là di una semplice ripetizione dei principi enunciati nell’enciclica «Laudato Sì». Da Nairobi, ancora una volta, ha proposto quanto la politica oggi fa più fatica a fare: ha steso un’agenda delle questioni più urgenti da affrontare per un mondo più giusto. E lo ha fatto proprio con lo sguardo dell’ecologia integrale enunciato nell’enciclica: quello che fa vedere come ogni cosa alla fine richiami l’altra.

Ha parlato di Cop21, la Conferenza di Parigi, sì. In un certo senso l’ha aperta con qualche giorno di anticipo. E ha messo in guardia dagli esiti «catastrofici» che avrebbe non solo un mancato accordo (abbastanza improbabile stando agli umori della vigilia), ma anche un’intesa fatta sola di parole, che non comportano cambiamenti veri nei nostri stili di vita (questo invece è tremendamente possibile).

Le parole più dure, però, le ha spese su un altro vertice; uno di quelli di cui si parla sempre e solo nelle segrete stanze o sulle pagine incomprensibili a chi non è addetto ai lavori. Il Papa ha parlato infatti della Conferenza ministeriale del Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio che si terrà proprio a Nairobi dal 15 al 18 dicembre. L’ennesimo round di un negoziato infinito che vede – in nome di un certo modello di globalizzazione – le economie più forti fare cartello per cercare in ogni modo di non perderne i vantaggi. Il Papa ha affrontato di petto questa mentalità, affermando che la globalizzazione ha un senso solo se anche i suoi benefici sono davvero condivisi. «Esprimo il mio auspicio che le decisioni della prossima Conferenza di Nairobi non siano un mero equilibrio di interessi contrapposti, ma un vero servizio alla cura della casa comune e allo sviluppo integrale delle persone, soprattutto dei più abbandonati», ha detto con estrema chiarezza.

Traducendolo immediatamente in una questione concretissima: «I Trattati regionali di libero scambio in materia di protezione della proprietà intellettuale, in particolare nel settore farmaceutico e delle biotecnologie – ha continuato -, non solo non devono limitare i poteri già conferiti agli Stati da accordi multilaterali, ma, al contrario, dovrebbero essere uno strumento per garantire un minimo di cura e di accesso alle cure essenziali per tutti. Le discussioni multilaterali, a loro volta, devono dare ai Paesi più poveri il tempo, l’elasticità e le eccezioni necessarie ad un adeguamento ordinato e non traumatico alle regole commerciali. L’interdipendenza e l’integrazione delle economie non devono comportare il minimo danno ai sistemi sanitari e di protezione sociale esistenti; al contrario, devono favorire la loro creazione e il funzionamento. Alcuni temi sanitari, come l’eliminazione della malaria e della tubercolosi, la cura delle cosiddette malattie “orfane” e i settori trascurati della medicina tropicale, richiedono un’attenzione politica prioritaria, al di sopra di qualsiasi altro interesse commerciale o politico».

Questi non sono temi tecnici, ma questioni da cui dipende la vita e la morte di tante persone in tante aree del mondo. Se guardate dal punto di vista di Nairobi su una priorità assoluta. Una questione che chiama in causa le regole e i rapporti di forza veri nel mondo di oggi. E sono questioni che – come Francesco ha scritto con brutale chiarezza nell’enciclica Laudato Sì – hanno a che fare con lo strapotere dell’economia e della tecnologia nelle nostre società; strapotere che ha relegato i governi in un ruolo subalterno, con un’orizzonte limitato a obiettivi piccoli e immediati di consenso.

È lo stesso strapotere dell’economia che continua a sfruttare l’Africa senza alcun pudore, salvo poi piangere lacrime di coccodrillo su fenomeni come le migrazioni: «Nel contesto delle relazioni economiche tra gli Stati e i popoli – ha denunciato sempre oggi il Papa – non si può omettere di parlare dei traffici illeciti che crescono in un contesto di povertà e che, a loro volta, alimentano la povertà e l’esclusione. Il commercio illegale di diamanti e pietre preziose, di metalli rari o di alto valore strategico, di legname e materiale biologico, e di prodotti di origine animale, come il caso del traffico di avorio e il conseguente sterminio di elefanti, alimenta l’instabilità politica, la criminalità organizzata e il terrorismo. Anche questa situazione è un grido degli uomini e della terra che dev’essere ascoltato da parte della comunità internazionale».

Di fronte a un discorso del genere i giornali titoleranno tutti sulla Conferenza di Parigi. E va bene. Ma avremo il coraggio di spiegare anche che non è la sola tecnologia verde la risposta all’aggressione del Pianeta? Sapremo cominciare finalmente a guardare dentro a che cosa succede in posti come il Wto? Capiremo una buona volta che solo mettendo fine all’aggressione ai poveri travestita da protocolli internazionali potremo salvare anche noi stessi?

Visto da Nairobi tutto questo appare molto chiaro. Da domani lo sarà anche per noi?