I vescovi: «Il Papa vuole venire quest’anno in Sud Sudan»

I vescovi: «Il Papa vuole venire quest’anno in Sud Sudan»

In una lettera pastorale sulle drammatiche condizioni del Paese l’annuncio del possibile viaggio di Francesco in un’altra realtà africana sfigurata dalla guerra: «La sua presenza aprirebbe gli occhi del mondo sulla situazione qui»

 

La voce in Vaticano circolava già da un po’ di tempo, ma adesso sono i vescovi del Paese a scriverlo espressamente in una lettera pastorale: papa Francesco vorrebbe compiere entro l’anno un viaggio apostolico in Sud Sudan, un altro Paese africano sfigurato dalla fame e dalla guerra. L’annuncio compare in conclusione di un accorato messaggio che i presuli rivolgono alle loro comunità, alle prese con una gravissima crisi alimentare che senza ombra di dubbio è opera principalmente delle mani dell’uomo.

Indipendente dal 2011, il Sud Sudan nel 2013 è risprofondato in una guerra civile che, nonostante gli accordi di pace, si è riaccesa nel luglio scorso tra i gruppi che sostengono il presidente Salva Kiir e quelli legati all’ex suo vice, Riek Machar, il primo di etnia Dinka il secondo di quella Nuer. Le Nazioni Unite stimano che siano 4,6 milioni le persone che hanno bisogno urgentemente di assistenza alimentare nel Paese. Proprio mercoledì papa Francesco aveva lanciato all’udienza generale un appello per il Paese devastato oggi dalla fame oltre che dalla guerra, come racconta in quest’intervista alla Radio Vaticana il missionario comboniano padre Daniele Moschetti.

Bergoglio non si ferma però all’appello: come già accaduto per il Centrafrica, nel novembre 2015, vorrebbe essere anche fisicamente vicino alle popolazioni che stanno vivendo questa prova drammatica. E in Vaticano si sta dunque valutando l’ipotesi di un viaggio in Sud Sudan.

«Con grande gioia – scrivono i vescovi ai fedeli – vogliamo informarvi che il Santo Padre papa Francesco spera di vistare il Sud Sudan nel corso di quest’anno. Il Santo Padre è profondamente preoccupato per le sofferenze del popolo del Sud Sudan. Voi siete già nelle sue preghiere, ma la sua venuta qui sarebbe un simbolo concreto della sua sollecitudine paterna e della sua solidarietà con le vostre sofferenze. Attirerebbe l’attenzione del mondo sulla situazione qui. Vi invitiamo a cominciare un programma di preghiera affinché questa visita possa svolgersi. E utilizziamo in maniera fruttuosa i prossimi mesi per cominciare la trasformazione del nostro Paese».

Nella stessa lettera i vescovi denunciano le cause della drammatica condizione in cui si trova il Sud Sudan: «La nostra gente sta lottando semplicemente per sopravvivere – si legge -. Se è vero che le piogge sono state scarse in molte parti del Paese, non c’è comunque alcun dubbio sul fatto che questa carestia sia stata prodotta dall’uomo; è dovuta all’insicurezza e alla cattiva gestione economica. La fame, a sua volta, crea insicurezza in un circolo vizioso nel quale l’uomo affamato, specialmente se ha un fucile, può ricorrere alla razzia per sfamare se stesso e la sua famiglia. Milioni di persone sono colpite, con un numero altissimo di sfollati dalle proprie case e molti in fuga nei Paesi vicini, dove devono affrontare condizioni durissime nei campi per i rifugiati».

I vescovi ribadiscono anche il loro impegno in favore del dialogo: «Chi ha la possibilità di produrre cambiamenti per il bene del nostro popolo – continua la lettera – non ha preso in considerazione i nostri precedenti messaggi. Ma questa volta intendiamo proseguire in modo più deciso. Insieme alle Chiese, attraverso l’Action Plan for Peace e il nostro South Sudan Council of Churches, intendiamo incontrare faccia a faccia non solo il presidente ma anche i vice-presidenti, i ministri, i membri del parlamento, i leader dell’opposizione e i politici, i militari di ogni fazione e chiunque altro riteniamo abbia il potere di cambiare in meglio il nostro Paese. Intendiamo incontrarli non una volta soltanto, ma in continuazione e per tutto il tempo necessario, con il messaggio che abbiamo bisogno di vedere fatti e non solo un dialogo per il gusto del dialogo».