Missione miniera

Lo sfruttamento minerario mette a rischio non solo gli equilibri ambientali, ma spesso viola anche i diritti umani delle popolazioni locali. La lotta dei missionari dalla base all’Onu

«Come dice Papa Francesco c’è una grande differenza tra custodire e saccheggiare. Noi siamo testimoni di un grande saccheggio che va avanti da molti anni, e che riguarda 2 milioni di persone e 27 municipi, colpiti dall’impatto negativo del processo di estrazione mineraria del ferro e dall’industria siderurgica di una delle più grandi multinazionali del settore, la brasiliana Vale».

È la denuncia di padre Dario Bossi, missionario comboniano che da otto anni vive a Piquiá de Baixo nel distretto industriale di Açailândia, Stato del Maranhãoe, Brasile. Un distretto che da circa 25 anni è profondamente ferito e deturpato e con esso la sua gente, specialmente i più poveri, le popolazioni indigene e rurali, gli afro-americani…

Padre Dario non è il solo. Da alcuni anni, in Brasile e in tutta l’America Latina, è cresciuta la consapevolezza e sono aumentate le azioni di lotta per la difesa dell’ambiente e delle popolazioni, spesso guidate da Chiese e missionari, da comunità locali o gruppi ecumenici. Una mobilitazione che oggi trova eco e forza anche nelle parole dell’enciclica di Papa Francesco, che, da un lato, sembra riecheggiare la sensibilità ambientalista diffusa in molte realtà ecclesiali latinoamericane e, dall’altro, darà certamente nuovo slancio a vecchie e nuove iniziative e mobilitazioni.

«La Chiesa si è organizzata a diversi livelli – conferma padre Dario -. Nel 2013, ad esempio, abbiamo creato un gruppo chiamato “Iglesias y Mineria”. Si tratta di una rete ecumenica di religiosi e laici, che cercano, insieme alle comunità locali, di far fronte agli impatti negativi delle grandi imprese di sfruttamento minerario. Inoltre, esiste una rete ecclesiale panamazzonica che difende i diritti umani delle popolazioni indigene, in molti casi spossessate delle loro terre dalle imprese minerarie o dal land grabbing. Molte comunità con cui lavoriamo sono spesso minacciate pesantemente. Per questo è importante lavorare in rete e suscitare solidarietà soprattutto per la gente comune, quella  “invisibile”, che soffre quotidianamente e a volte mette a rischio la propria vita».

“Iglesas y Mineria” ha realizzato lo scorso maggio – attraverso Verbo Film dei Verbiti – un documentario in varie lingue su Chiesa e miniere in America Latina, un grido di denuncia e di speranza. Vi si raccolgono molte testimonianze di attivisti e agricoltori e di uomini e donne di Chiesa, che lavorano a livello continentale per difendere le comunità interessate dalle attività  estrattive non rispettose dell’ambiente e delle popolazioni stesse.

Spesso, infatti, i problemi sono comuni: fenomeni di land grabbing, deforestazione, allontanamento delle popolazioni locali dalle loro terre – sovente accompagnati da violenze e gravi violazioni dei diritti umani – sfruttamento e inquinamento dell’acqua, malattie, insicurezza, alcolismo, violenze sessuali, degrado ambientale e umano. Per non parlare degli oltre duecento conflitti derivanti da attività minerarie che, secondo ricerche recenti, sarebbero attualmente in corso dal Perù alla Colombia, dal Guatemala all’Ecuador (oltre che in Brasile), per citare solo alcuni esempi. «Quando è iniziata la discussione sulla legge che regolamenta l’attività mineraria – dice dom Leonardo Steiner, presidente della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb) – noi come vescovi del Brasile abbiamo fatto un pronunciamento piuttosto duro, per dire che non possiamo, in nome del denaro e dell’avidità, distruggere impunemente la natura».

A livello di Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), poi, si sono spinti oltre: «I vescovi dell’America Latina e del Caribe – spiega padre Peter Huges, del dipartimento Giustizia e solidarietà del Celam – hanno fatto un accordo molto importante e hanno presentato una proposta ai loro omologhi di Canada e Stati Uniti per unirsi, parlare e agire con una sola voce in particolare di fronte alla Commissione inter-americana per i diritti umani su questa questione. È un passo importante. Stiamo cercando di agire insieme come comunità cristiana per difendere la vita».

Infine, la voce e l’esperienza di Chiese e missionari sono arrivate sia in Vaticano che alle Nazioni Unite. A Roma, il 18 e il 19 luglio scorsi, il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha convocato un incontro con una trentina di vittime dei processi estrattivi. Mentre alle Nazioni Unite missionari e congregazioni religiose hanno dato vita al Mining Working Group at the UN (il Gruppo di lavoro sulle attività minerarie, Mwg), che oggi è diventato una grande coalizione di associazioni e ong che portano all’interno di questo grande consesso di nazioni le istanze delle comunità locali, soprattutto in relazione alla violazione dei diritti umani e ambientali.

Negli ultimi tempi,  il Gruppo  ha lavorato soprattutto sui casi di Paraguay e West Papua, in Indonesia. Inoltre, ha portato avanti, insieme ad altri, una campagna per il riconoscimento del diritto all’acqua negli Obiettivi dello sviluppo sostenibile, che dovranno essere approvati in settembre dall’Assemblea generale dell’Onu. Nella bozza, il punto relativo all’acqua parla di «uso e management dell’acqua», che è molto diverso dal sostenere quanto già dichiarato dall’Onu stessa nel 2010, ovvero che l’acqua è un «diritto umano essenziale per il pieno godimento della vita».

«L’uso dell’acqua – spiega Zelia Cordero, delle Missionarie Serve dello Spirito Santo, direttore esecutivo di Vivat International, una coalizione di dodici congregazioni religiose, accreditata all’Onu – è uno dei punti più critici legati allo sfruttamento minerario, sia per la quantità che viene utilizzata, spesso sottraendola alle popolazioni locali, sia per l’inquinamento. Per questo ci stiamo battendo con azioni di lobbying affinché nell’Agenda post-2015 venga data priorità al diritto umano all’acqua per la vita, la salute, la produzione sostenibile di energia e di prodotti alimentari, ma anche per la cultura, l’uguaglianza di genere e la mitigazione dei cambiamenti climatici».

 

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