I martiri di Chimbote

I martiri di Chimbote

Viaggio a Pariacoto, nella parrocchia andina dove i ribelli maoisti di Sendero Luminoso uccisero nel 1991 due francescani polacchi. Verranno beatificati il 5 dicembre con il bergamasco don Sandro Dordi

Da Chimbote (Perù)

Fa una certa impressione varcare la soglia della chiesa di una remota località andina col pensiero ai fatti del 9 agosto 1991: due giovani francescani polacchi prelevati dagli uomini di Sendero Luminoso subito dopo la Messa e riportati cadaveri il giorno dopo. Primo atto del martirio che – appena pochi giorni dopo – avrebbe coinvolto anche il missionario bergamasco don Sandro Dordi. E che il prossimo 5 dicembre la Chiesa riconoscerà ufficialmente con la beatificazione di tutte e tre queste figure, nello stadio cittadino di Chimbote.

A Pariacoto le tombe dei padri Miguel Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski sono sui due lati dell’unica navata. Come ad accompagnare costantemente in una precisa direzione una comunità che venticinque anni fa – invece – viveva nella paura e nella confusione. «Ci avevano ingannato», dice oggi la gente riferendosi a quanti non esita più a bollare come “terroristi”. Ma all’inizio degli anni Novanta la pressione del movimento insurrezionale maoista peruviano era quasi incontenibile. L’idea era di impadronirsi delle campagne per marciare poi compatti sulla capitale Lima. Cochabamba sulla Sierra Negra, 150 chilometri ad est di Chimbote, era già entrata a far parte della zona “liberata” e la vicina Pariacoto era ormai sulla linea del fronte. Non si trattava di combattimenti corpo a corpo con l’esercito nazionale, ma semplicemente di esercitare sulla popolazione una strategia insieme di seduzione e di minaccia. Che funzionava abbastanza bene in mancanza di una leadership alternativa nelle comunità.

A Pariacoto però, un piccolo centro rurale a 1.200 metri di altezza, con una settantina di comunità più piccole nella valle e sulle montagne, dopo anni senza un parroco stabile nel 1989 erano arrivati i francescani conventuali della provincia polacca. Erano tre giovani religiosi con pochi anni di ordinazione e al massimo trenta di età. Era la loro prima presenza in Perù e questa parrocchia remota era stato loro affidata dal vescovo di Chimbote, Luis Bambarén.

Era odiato da Sendero Luminoso, Bambarén. Era già sfuggito miracolosamente a due attentati: un’imboscata per strada e un’esplosione in casa. Prima dell’uccisione a Pariacoto dei padri Miguel e Zbigniew, gli era stato intimato di lasciare la diocesi, altrimenti avrebbe visto i suoi preti assassinati a due a due ogni settimana. Minaccia che si sarebbe ulteriormente concretizzata, dieci giorni dopo l’agguato di Pariacoto, con l’omicidio di don Sandro Dordi, sacerdote fidei donum, parroco di Santa.

«Sono morti tutti e tre in odio alla fede. Ma i terroristi di Sendero Luminoso non uccidevano perché tu credevi a Dio onnipotente e loro no – commenta ironico padre Jacinto Lisowski, attuale responsabile della piccola comunità conventuale in Perù -. Uccidevano per le conseguenze della tua professione di fede e del ministero sacerdotale: animazione delle comunità, aiuto ai poveri in un periodo che era di particolare siccità e fame, guida ed organizzazione dei giovani». Ma i preti di Chimbote erano accusati anche di attività strettamente religiose come leggere la Bibbia, pregare il rosario, invitare alla carità. Sendero Luminoso diceva che questa era religione e quindi “oppio dei popoli”. Tutte cose che ostacolavano e ritardavano il cammino della rivoluzione.

C’entrava anche il fatto che gli uomini di Sendero Luminoso avessero messo gli occhi su una zona poco difendibile dall’esercito come Pariacoto; volevano aprire una scuola di reclutamento ed indottrinamento giovanile. Avevano dato ordine che nelle municipalità non venisse eletto alcun sindaco. Non potevano tollerare alcuna autorità statale o leadership comunitaria alternativa alla propria. Un certo Justino Masa, per altro simpatizzante di Sendero Luminoso, aveva invece accettato proprio la posizione di alcalde a Pariacoto. La sera del 9 agosto sarebbe stato prelevato insieme ai due francescani e assassinato con loro in località Pueblo Viejo, un chilometro e mezzo sopra il paese. In ogni comunità c’erano simpatizzanti ed infiltrati di Sendero Luminoso. Un giovane della parrocchia avrebbe aiutato nell’operazione contro i due francescani.

Oggi però l’opinione generale è che l’uccisione dei due conventuali a Pariacoto – e ancora più quella di don Sandro Dordi a Santa – fu un errore fatale per il movimento maoista. Si trattava di vittime per nulla schierate politicamente, ma di grande fede personale e dedizione al ministero e ai poveri. Dopo la loro morte la popolazione non avrebbe avuto più dubbi: Sendero – si sarebbero detti – promette liberazione e riscatto dalla povertà, ma non saranno solo parole in vista di una nuova e più dura schiavitù? A quel punto il consenso attorno al movimento crollò e i pochi veri militanti rimasero isolati. Dopo i funerali di Sandro Dordi a Lima, con il giro del feretro sulla piazza della cattedrale, con una efficace forzatura un giornale titolò: Sendero mata a Dios (Sendero uccide Dio).

«La beatificazione di questi tre martiri – commenta oggi mons. Bambarén, a 84 anni – è un evento storico per il Perù. Consegna definitivamente al passato il capitolo sinistro del conflitto interno costato 70 mila morti». Ed il superstite di Pariacoto – padre Jaroslaw Wysoczanski, il terzo francescano che si trovava al momento dei fatti in Polonia – ha detto ad un incontro di religiosi a Lima in agosto che sono certamente molti di più coloro che si sono opposti alla follia ideologica con la propria vita: ma i tre martiri di Chimbote e la loro beatificazione a dicembre sono un simbolo ed un riconoscimento per tutti.

Oggi Pariacoto è un paese così così. Duemila abitanti, ma senza giovani, perché trovano lavoro solo a Chimbote e ancora di più a Lima, che dista una giornata di viaggio. «La religiosità tradizionale poi qui – spiega padre Jacinto – è composta solo da battesimo e festa patronale. Ma non necessariamente la Messa. Più esattamente le attività fuori chiesa: la musica, i giochi, le gare, una festa strapaesana… Chi studia se ne va e quindi rimaniamo sempre con gli anziani, gli adulti poco istruiti e i bambini». Sulla piazza del paese si può consumare un pasto frugale al ristorante El Chino. È il soprannome del presidente di ferro Alberto Fujimori (1990-2000), che ha sconfitto Sendero Luminoso, ma si è anche guadagnato il carcere per eccesso di violenza e corruzione. «A Pariacoto però ha regalato la nuova scuola elementare e dil paese è completamente cambiato da quando noi siamo arrivati 25 anni fa – racconta padre Jacinto -. Qui la gente è fujimorista».

La storia un giorno dirà se veramente è iniziata da qui, una triste sera di agosto, la fine di uno dei movimenti insurrezionali più crudeli del ventesimo secolo e che ebbe nel 1992, con l’arresto del capo supremo Abimael Guzman, il punto di non ritorno. Per ora rimane la certezza che la resistenza non violenta e il sacrificio della vita, in alternativa ad un ritiro ordinato e precauzionale (per altro comprensibile da un punto di vista umano) hanno significato la sconfitta dell’ideologia nel cuore e nella mente delle masse popolari in Perù