Colombiani in Venezuela: i profughi bolivariani

L’ANALISI
Domenica all’Angelus il Papa ha invitato a pregare anche per «la dolorosa situazione che si è creata alla frontiera tra Venezuela e Colombia»: che cosa sta succedendo?

La crisi tra Colombia e Venezuela è scoppiata proprio nella regione – quella di Cúcuta e di Táchira – dove, tra il 1821 e il 1830, prese brevemente forma la Gran Colombia sognata da Simón Bolívar e costituita dall’unione con Venezuela e Panama. In queste zone di frontiera essere nati da una parte o dall’altra del confine non ha molta importanza: abbondano i matrimoni misti e la doppia cittadinanza. A seconda del tipo di cambio tra le due monete, da anni si compra da un lato o dall’altro dei valichi, a volte ridotti a esigui corsi d’acqua lungo i 2.200 km di una frontiera porosa.

Come spiegare – allora – che di punto in bianco piú di 1.300 colombiani siano stati deportati senza preavviso dal Venezuela, che altri 15.000 siano rientrati per timore di correre la stessa sorte, che Caracas chiuda i valichi e dichiari lo “stato d’emergenza” in una decina di cittadine della regione? Una crisi umanitaria per superare la quale il Papa Francesco ha invocato, domenica scorsa all’Angelus, uno spirito solidale e fraterno.

Intanto, va detto che entrambi i governi affrontano problemi complessi e di grandi dimensioni. In Colombia il presidente Juan Manuel Santos cerca di garantire pace e sicurezza in un Paese dove agiscono vari gruppi guerriglieri, paramilitari e bande di narcotrafficanti. Ha speso tutto il suo capitale politico nella fine del conflitto con la guerriglia delle FARC, che si sta negoziando a Cuba. Il suo collega venezolano, Nicolàs Maduro affronta un fiasco economico che i dollari del petrolio – il cui prezzo é caduto in picchiata negli ultimi mesi – non riescono piú a finanziare. L’inflazione supera il 60 per cento e scarseggiano generi di prima necessitá: latte, riso, farina, zucchero, perfino la carta igienica, mentre la rivoluzione bolivariana ha bisogno di una mano sempre più dura per sostenersi. Vari prodotti sono sussidiati e la benzina a 0,02 euro al litro é praticamente regalata.

La differenza del cambio tra le due monete ha trasformato il contrabbando in un affare piú redditizio della cocaina, che pure imperversa. Caracas stima il contrabbando in 28.000 tonnellate annuali di derrate, poi rivendute a prezzi colombiani. Un panorama complesso – dunque – aggravato dalla corruzione di polizia e autorità locali e dallo sconfinamento di paramilitari e guerriglieri dalla Colombia.

Nonostante la reazione di Maduro appaia spropositata, non ci troviamo di fronte a un problema raziale né a un conato di xenofobia: in Venezuela vivono 5,6 milioni di colombiani da sempre bene accolti. Inoltre, entrambi i governi sanno che le sfide della regione di frontiera possono essere affrontate efficacemente solo con una cooperazione programmata ed efficiente dei due Paesi.

Intanto, la mediazione dei ministri degli Esteri di Brasile e Argentina ha ottenuto l’apertura di un corridoio umanitario per consentire almeno agli studenti venezuelani di continuare i loro studi in territorio colombiano. Forse è già il preannuncio di una schiarita dopo un imprevisto temporale.