Il New York Times: «Le parole sui migranti arrivino a Washington»

Il New York Times: «Le parole sui migranti arrivino a Washington»

L’endorsement del grande quotidiano liberal di New York al messaggio lanciato ieri dal Papa a Ciudad Juárez: «Oltre il fiume ieri c’era una nazione che si è lasciata frastornare fino al panico sul tema degli stranieri»

 

Con un editoriale oggi il New York Times, uno dei maggiori quotidiani americani, prende posizione a fianco di papa Francesco riguardo alle parole pronunciate dal Pontefice ieri sui migranti a Ciudad Juárez, sul confine tra gli Usa e il Messico.

«Se solo questo messaggio di decenza e valore umano – commenta il quotidiano liberal -, potesse essere amplificato, in inglese, negli Stati Uniti, attraverso il fiume entrasse in Texas, e anche oltre fino a Washington».

Oltre le persone riunite col Papa a Ciudad Juárez – continua il New York Times – «al di là del fiume, c’era una nazione che si è lasciata frastornare fino al panico sul tema degli stranieri, aiutata in questo dai Repubblicani in conrsa per la presidenza. Non sono solo Donald Trump, o Ted Cruz o il resto del gruppo a voler espellere a milioni gli immigrati e negare l’asilo ai rifugiati che scappano dalla guerra in Siria. È talmente profonda oggi la paura repubblicana che una campagna un tempo fattibile per la riforma migratoria oggi resta bloccata, oltre ogni speranza di riconosimento».

Il quotidiano riprende infine la polemica di Donald Trump, secondo cui il Papa «non capisce i problemi del Paese e il pericolo di una frontiera aperta con il Messico». «Papa Francesco – ribatte il New York Times – capisce questi problemi e pericoli, e lo stesso tutti quelli che ieri sono andati a incontrarlo, molti dei quali hanno visto morire propri cari, ricordati dalle croci dentro o introno a Juárez o nelle aree deserte sul confine. Conosco quelli che hanno lasciato le loro case, hanno attraversato un deserto inospitale per sostenere economicamente le loro famiglie, oppure lo hanno fatto essi stessi. Ci vuole coraggio – conclude l’editoriale – per vivere a Juárez, per affrontare i suoi pericoli o per lasciarseli dietro le spalle e fare rotta verso nord per una nuova vita. Non ci vuole invece nessun coraggio per demonizzare gli immigrati in nome della sicurezza degli Stati Uniti e per infondere paura per un interesse fatto di voti e di potere».