Le scarpe rotte: il segno dei migranti per il Papa

Le scarpe rotte: il segno dei migranti per il Papa

Stasera a Ciudad Juárez da un piccolo palchetto Francesco pregherà sul Rio Grande facendo memoria dei migranti morti inseguendo il sogno degli Stati Uniti. E riceverà simbolicamente le loro scarpe, icona della loro sofferenza

 

L’ultimo giorno del viaggio di papa Francesco in Messico sarà segnato questa sera dalla Messa a Ciudad Juárez, a poche centinaia di metri dalla barriera con gli Stati Uniti. A segnare il confine con El Paso, la città del Texas che si estende subito al di là della rete metallica, è il Rio Grande (che i messicani chiamano Rio Bravo). Prima della celebrazione papa Francesco questa sera si avvicinerà al fiume e salirà su questo piccolo palchetto (la foto è stata scattata qualche giorno fa, mentre veniva allestito, da Dylan Cornett dell’Hope Border Institute, realtà ecclesiale che fa dialogare le diocesi che stanno a cavallo del confine tra i due Paesi). Da lì il Papa, come già fece a Lampedusa, pregherà per le vittime delle rotte dei migranti e saluterà una delegazione di latinos che si troverà dalla parte americana della recinzione, insieme al presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, l’arcivescovo di Louisville Joseph Kurtz.

Come racconta il quotidiano locale di El Paso, su quel palchetto il Papa troverà ad aspettarlo delle scarpe rotte. Sono le scarpe dei migranti, segno visibile della loro odissea. «Quando arrivano qui – ha raccontato padre Francisco Javier Calvillo, responsabile della Casa del Migrante della diocesi di Ciudad Juárez – non vogliono che tocchiamo i loro piedi perché puzzano e sono pieni di ferite aperte. Ed è solo quando cominciamo lo stesso a lavarglieli, a medicarli e a massaggirli, che il loro si apre e ci raccontano tutto quello che hanno passato. Guardare i loro piedi – continua padre Calvillo – è come guardarli negli occhi: si vede il riflesso di ciò che si sono lasciati dietro le spalle, le sofferenze che li hanno accompagnati. È come restituire loro la dignità di esseri umani».