“We are still in”: cresce negli Usa la campagna di dissenso sul clima

“We are still in”: cresce negli Usa la campagna di dissenso sul clima

Ci sono anche i missionari e gli istituti religiosi fra coloro che negli Usa si sono espressi contro la decisione della nuova presidenza Trump di uscire dagli accordi di Parigi sul clima. Intanto centinaia di aziende, stati federali, città e università si sono uniti nell’iniziativa “We are still in”.

“We are still in”, ovvero “Noi siamo ancora dentro” l’accordo di Parigi sul clima. Sta crescendo come un’onda in queste ore la campagna che negli Usa ha riunito chi non si riconosce nella decisione annunciata il primo giugno dal presidente Donald Trump di uscire dall’accordo globale di Parigi sul clima. L’accordo, ratificato da 195 Paesi inclusi gli Stati Uniti, punta a limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di due gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali.

Centinaia di colossi industriali, ma anche interi stati federali, città e università si sono riuniti nell’iniziativa “We are still in” per manifestare il proprio dissenso (qui l’elenco completo degli aderenti, fra cui molte aziende leader nel mondo). La campagna rappresenta una parte consistente del mondo economico americano, della cultura e delle istituzioni locali. E fra i coordinatori compaiono associazioni della società civile e ambientaliste come il WWF.

Ma dal primo giugno negli Usa si sono moltiplicati anche i comunicati e le prese di posizione delle comunità religiose, e in particolare dei missionari e delle istituzioni cattoliche che si ispirano alla “Laudato Si'”, l’enciclica sull’ambiente di Papa Francesco.

«La decisione dell’amministrazione Trump di uscire dall’accordo di Parigi sul clima, che è stato ratificato da 195 Paesi inclusi gli Stati Uniti è deludente», scrivono in un comunicato stampa i missionari Oblati di Maria Immacolata (Omi). «Ci uniamo ad altri leader e comunità religiose nel fare pressione sull’amministrazione perché riconsideri questa decisione e proponga vie concrete per affrontare il problema del cambiamento climatico e promuovere iniziative di tutela ambientale. Come persone di fede che hanno a cuore la cura del creato, riteniamo che le conseguenze del cambiamento climatico avranno un grave impatto su tutte le comunità, sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo, colpendo specialmente le persone povere e abbandonate con le quale gli Oblati svolgono il proprio ministero ogni giorno».

A prendere posizione sono stati, fra gli altri, anche i missionari colombani, attraverso la casa madre di Washington: «In tutto il mondo i Colombani servono comunità che ogni giorno devono affrontare gli impatti devastanti e drammatici del cambiamento climatico», si legge nel loro comunicato ufficiale. «La nostra esperienza missionaria ci spinge a lavorare per la piena restaurazione della nostra relazione con tutto il creato».

Circa la decisione dell’amministrazione Trump, Scott Wright, direttore del Columban Center for Advocacy and Outreach, il centro dei colombani per le relazioni esterne e le campagne di Washington, ha sottolineato che «i Colombani (presenti in 15 Paesi del mondo, ndr) si oppongono fermamente: «Il ritiro da questo accordo cruciale frammenta l’impegno per la salute e la tutela della nostra casa comune, incluse le comunità vulnerabili nel nostro Paese e nel mondo».

In questi giorni c’è stata anche una presa di posizione molto ferma da parte della conferenza episcopale degli Usa (United States Conference of Catholic Bishops, USCCB), che ha definito «profondamente preoccupante» la decisione di ritirarsi dall’accordo e ha richiamato i valori della “Laudato Si'”.