Giappone: nuove vie del Vangelo

Giappone: nuove vie del Vangelo

l centro “Galilea”, nato tre anni fa nell’arcidiocesi di Tokyo da un’idea di padre Takeshi Ohara e padre Andrea Lembo del Pime, è gestito da 50 volontari e organizza incontri su Vangelo, società e attualità

 

«In Giappone quando ci si presenta, viene sempre prima la comunità alla quale si appartiene, e poi il nome proprio. Io, per esempio, dico: “Del Pime, Andrea Lembo”; un bambino mi dirà: “Della tal scuola”, e il suo nome; un adulto “Della Toshiba”, o qualsiasi altra ditta in cui lavora, e poi il nome. Il Vangelo però richiede uno stacco di individualità, e questo fa fatica ad attecchire nel mondo giapponese».

Mentre scriviamo non si sono ancora persi gli echi del grande successo del film capolavoro di Martin Scorsese, “Silence”. Tratto dall’omonimo romanzo di Shusaku Endo, racconta le persecuzioni subite dai cristiani in Giappone durante il XVII secolo. Iniziate nel 1614, anno in cui il cristianesimo è messo al bando, diventano sempre via via più violente e crudeli. Nel 1644, con il martirio dell’ultimo prete rimasto nel Paese, comincia il fenomeno dei kakure kirishitan: i “cristiani nascosti” che per oltre due secoli rischiano la morte vivendo la fede in incognito, ma riescono in questo modo a tramandarla alle generazioni successive. È solo con la riapertura delle frontiere agli stranieri, a partire dal 1859, che anche i sacerdoti possono rientrare, ed è così che, nel 1865, padre Bernard Petitjean, un missionario francese, viene a conoscenza di un sopravvissuto focolare cristiano. Sono passati 150 anni da allora e, in mezzo alla vita frenetica di Tokyo, c’è chi sta tentando vie nuove per annunciare il Vangelo.

Padre Andrea Lembo è un sacerdote di 42 anni originario di Treviglio, dal 2009 missionario del Pime in Giappone. Dopo i primi due anni di studio della lingua e di inserimento progressivo nella vita pastorale, nel 2012 su richiesta del vescovo della diocesi di Tokyo ha cominciato a servire nella parrocchia di Narashino, nella periferia della grande capitale. La comunità conta 2.300 cristiani distribuiti su un territorio vastissimo, che abbraccia cinque città. «Per estensione è la prima parrocchia della diocesi di Tokyo, la terza per numero di cristiani», racconta padre Lembo. Numeri che dicono già molto della fisionomia della Chiesa cattolica giapponese.

«L’edificio è piuttosto grande, perché dieci anni fa la parrocchia si è trasferita per avere una chiesa e ambienti più ampi, ma logisticamente la nuova sede è difficile da raggiungere», continua padre Andrea. In una città dove le persone si muovono molto lungo le vie di trasporto, soprattutto la rete ferroviaria e metropolitana, il problema non è secondario.

«Tre anni fa con il mio parroco, il giapponese padre Takeshi Ohara, abbiamo cominciato a interrogarci. Le attività erano concentrate al sabato e alla domenica, tutte molto belle ma con sguardo rivolto esclusivamente all’interno. Durante la settimana il deserto! Ne abbiamo parlato con i fedeli e si è creato un nucleo di persone che con noi si è chiesto come riaccendere lo slancio missionario. Si è fatta strada la possibilità di aprire un centro dove i cristiani potessero radunarsi per degli incontri anche durante la settimana, in un luogo facilmente raggiungibile. Ci siamo avvalsi dei consigli del vescovo emerito di Tokyo, monsignor Paul Kazuhiro Mori, che dirige un’iniziativa simile nel cuore della città e che ci ha molto incoraggiati. Nel 2014 è nato così il centro “Galilea”, a venti chilometri dalla nostra parrocchia, verso l’interno di Tokyo, vicino alla stazione di Funabashi dove convergono molte linee ferroviarie». Il nome sa di albori del cristianesimo, e in un certo senso è così. «L’idea di partenza era creare uno spazio di incontro facile da raggiungere, con un programma semplice fatto di studio della Bibbia e di piccoli eventi comunitari – spiega padre Lembo -. Invece abbiamo scoperto nella nostra parrocchia energie che non immaginavamo. La forza che i cristiani hanno dimostrato è stata straordinaria e via via si è configurato un vero e proprio centro di evangelizzazione, con un calendario di eventi sempre più fitto».

All’inizio il centro “Galilea” occupava uno spazio-ufficio, ora, a distanza di tre anni, un intero piano dello stabile che lo ospita. Tutto è gestito da laici volontari, una cinquantina. C’è chi si occupa dell’ufficio, chi di contattare i relatori per gli incontri, chi delle relazioni esterne: con gli enti locali, la stampa o le altre realtà religiose. «Non ci aspettavamo che si generasse così tanto movimento, ancora ci sembra un miracolo», confessa padre Lembo.

Oggi il centro “Galilea” ha una programmazione di eventi che viene pianificata di trimestre in trimestre in base a tre “colonne”. La prima è la Scrittura: approfondimento della Bibbia (in particolare il Vangelo), del cristianesimo, della storia della Chiesa. La seconda è la “persona”: chi lo desidera può confrontarsi, con l’aiuto di esperti, su come affrontare problemi personali che ricorrono nella società giapponese, dai suicidi, all’isolamento degli adolescenti, al bullismo, alle violenze in famiglia. La terza colonna è quella della “società umana”: lo sguardo si allarga a temi che riguardano l’attualità, sia nazionale che internazionale, con convegni e dibattiti. «La settimana prossima verrà un giornalista di una delle testate più importanti qui in Giappone» racconta padre Andrea. «Avremo la sua prospettiva sulla situazione sociale e politica del momento, e chiederemo anche la sua opinione su come la Chiesa potrebbe dare un contributo. Questo giornalista è ateo, così come non credenti o di altre religioni sono alcuni esperti che invitiamo e con cui ci confrontiamo. Anche fra chi frequenta gli incontri c’è una buona percentuale di non cristiani, che arrivano su invito di amici o perché interessati ai temi».

Padre Andrea si occupa in particolare dei giovani, attraverso uno spazio fisso di riflessione il venerdì sera e un incontro ogni quarta domenica del mese. «C’è una buona partecipazione, da parte di giovani di ogni religione – dice -. Parto sempre da un brano evangelico e da un articolo di giornale su un tema di attualità. Si discute, si sta insieme. Grazie ad alcuni di loro ho potuto avvicinare alcuni hikikomori, adolescenti che si rinchiudono fra le pareti della loro stanza rifiutandosi di uscire. Andiamo a trovarli e stiamo semplicemente un po’ di tempo con loro, perché quello che serve in questi casi è ricostruire rapporti umani. Un’altra attività che svolgiamo, ogni due lunedì, è con i senza fissa dimora. La società giapponese è perfettamente organizzata e provvede già alle necessità materiali di queste persone, così anche qui, molto semplicemente, ci sediamo un paio d’ore accanto a loro, parliamo, trascorriamo del tempo insieme».

I giovani che si affacciano al centro in molti casi non sanno cos’è la Chiesa cattolica. «Con molti il contatto avviene tramite i social network – continua padre Lembo -. Fra gli adulti, invece c’è un interesse nei confronti del Vangelo e del cristianesimo mediato dall’arte. Anch’io ho una passione personale per l’arte, quindi cerco di inserire nel programma trimestrale del centro lezioni che incrocino mostre o esposizioni qui a Tokyo. L’ultimo ciclo è stato su Salvador Dalí, e l’anno scorso, dopo un ciclo su Michelangelo, abbiamo organizzato un viaggio in Italia per andare a vedere la Cappella Sistina».

“Silence” padre Lembo l’ha visto al cinema a Tokyo, ovviamente in lingua giapponese. «A un certo punto uno dei protagonisti dice che “il Giappone è una palude, e nella palude non cresce nulla”. Io mi sento in cammino con questa Chiesa giapponese, che però sta affrontando un momento delicato: il rischio è che tutto quello che è stato seminato nel dopoguerra fino ad oggi affondi nella palude. La società giapponese è così avanzata che non ha senso che la Chiesa operi attraverso opere di carità. L’annuncio del Vangelo è nudo e crudo, da presentare così com’è, ma richiede uno stacco di individualità e rischia di non attecchire in un mondo dove il gruppo conta molto di più del singolo. Fin da bambini si vive per una comunità: prima l’asilo, la scuola, l’università… poi la comunità dell’ufficio. Tutto funziona alla perfezione, ma allora non si capisce perché ci siano un così alto tasso di suicidi e un forte disagio giovanile. Ai ragazzi cristiani spesso dico: “Non dovete togliervi da questa società, il problema è come vivere la vostra individualità. C’è sempre una libertà interiore che nessuno vi può sottrarre, che si fonda sul rapporto personale con Gesù”».