Capodanno negli slum di Mumbai

Capodanno negli slum di Mumbai

I poveri sono entrati nel nuovo anno come sono usciti dal vecchio: nella precarietà, nella povertà, nella malattia, ancora vittima di pregiudizi atavici, senza casa… Ma i bambini di Swarga Dwar hanno celebrato lo stesso la speranza

da Mumbai (India)

Alla Messa di ringraziamento di fine anno crollo dal sonno dopo una giornata a scorrazzare per gli slum di Mumbai (ex-Bombay), una mostruosa periferia di cemento, di macchine e catapecchie. I ragazzi della Swarga Dwar (Porta del Cielo) però mi tengono sveglio cantando a squarciagola e riempiendomi il cuore più che le orecchie di entusiasmo, di gratitudine e di voglia di futuro. Sono figli di lebbrosi oppure orfani e abbandonati. Di alcuni di loro si sa solo che un giorno furono prelevati dalla strada e portati in salvo in questo rifugio tra le piante di mango. Padre Carlo Torriani del Pime l’ha aperto ormai più di trent’anni fa. Dopo la Messa i ragazzi bruciano tra gli schiamazzi un enorme pupazzo che hanno preparato nel pomeriggio. Vado a letto poco prima della mezzanotte pensando alla varietà di modi con cui si può spendere la fine dell’anno vecchio e trarre ispirazione per il nuovo.

Il mio giro tra le presenze e i progetti Pime in India, soprattutto nel campo delle adozioni a distanza di bambini in difficoltà, tocca Mumbai proprio il 31 dicembre. La mattina visito le tre scuole materne gestite con l’aiuto dei genitori italiani “a distanza” dalla Lok Seva Sangam ( Associazione Servizio Comunitario). A Bainganwadi ci inoltriamo in vicoli strettissimi e, senza preavviso, troviamo i bambini in piena attività, la maestrina in controllo della situazione, non proprio felice di interrompere la lezione e perdere l’attenzione dei suoi studenti. Al piano superiore della smilza casetta, schiacciata tra molte altre, salendo una scala strettissima, ci sono invece una dozzina di ragazzi e ragazze più grandi che prendono lezioni di recupero.

Improvvisamente nella sua solennità indiana, avvolta in un sari decorato color caffè, appare Sima Patil (nella foto). Dal 1979 lavora per la Lok Seva Sangam e dal 1989 risiede a Bainganwadi. Sono gli altri operatori ad aggirare la sua discrezione e dirmi che di fatto è la persona più autorevole dello slum. Bainganwadi è l’area della grande discarica cittadina, alcune migliaia di camion ogni giorno. La gente vive di riciclaggio della carta, del ferro e della plastica. La “mafia”, come dicono loro, qui controlla tutto: dalla possibilità di lavoro all’acqua (cinque centesimi di euro al litro). Indù e musulmani spesso si scannano. Almeno una volta dicono che anche Sima ha rischiato la vita. E’ stato un mullah a frapporsi ad una masnada di scalmanati offrendo la propria vita in cambio di quella della “maestra dei nostri figli”. Le casette sono talmente basse e surriscaldate, ora che pure è la stagione più favorevole, da farmi scuotere il capo al pensiero del termometro a 45 gradi in luglio. Eppure Sima, che potrebbe avere tutto, vive qui. Una signora indù in una baraccopoli all’ 85% musulmana. I premi internazionali per donne così non ci sono mai. Chi le scova?

I poveri di Mumbai sono entrati nel nuovo anno come sono usciti dal vecchio: nella precarietà, nella povertà, nella malattia, ancora vittima di pregiudizi atavici, senza casa… I bambini di Swarga Dwar però hanno celebrato la speranza e la gratitudine per chi tende loro una mano. Vedono un futuro diverso. A portata di mano.