La domanda inevasa (e difficile) delle stragi

La domanda inevasa (e difficile) delle stragi

IL COMMENTO
Che cosa c’è al fondo dell’animo umano che poi si scatena in modo così crudele sotto la coloritura, il rivestimento o persino l’imbroglio della religione, della protesta, dell’ideologia, della politica, della teoria della sicurezza nazionale o del semplice interesse economico?

 

Si sprecano le valutazioni soprattutto in chiave religiosa dei tragici fatti di Dacca, purtroppo ormai uno dei tanti massacri della stessa matrice. L’Islam ne esce a pezzi così come a pezzi ne è uscita in passato l’Europa da guerre fratricide e dal massacro degli ebrei, crimini perpetrati da gente quanto meno battezzata e cresciuta all’ombra dei campanili in città e paesi di provincia dove quasi tutti andavano in chiesa. O come a pezzi ne sono uscite le ideologie comuniste, staliniane e maoiste dal sogno utopico di redimere il mondo e stabilire una società di eguali in cui gli unici a ritrovarsi tali sono stati i milioni finiti nelle fosse comuni. E che dire delle ripetute campagne di bombardamenti americani sui civili ad ogni occasione di guerra? O della massiccia propensione nostrana al castigo della vita nascente e morente?

Converrà quindi abbandonare l’alibi a volte generalista delle religioni e scandagliare piuttosto la perversione innata dell’animo umano. Certo, l’interpretazione fondamentalista di testi religiosi antichi è pericolosissima. Sia nel Corano che nella Bibbia, teneri inviti alla pace e alla misericordia si alternano a cattivissime chiamate alla guerra e alla distruzione fisica del nemico, dell’infedele o del diverso. Sono toni e situazioni d’altri tempi, che riflettono i continui tentativi e fallimenti insieme di Dio e degli uomini di trasformare in carne il cuore di pietra che ci ritroviamo nel petto. Giova alla cristianità nel suo complesso la distanza dall’interpretazione letterale, statica e non contestualizzata dei testi. La cosa è più difficile per l’Islam dove il Corano è increato e immutabile. E soprattutto non è storicamente seguito da una seconda fase come il Nuovo Testamento biblico, in cui il “profeta” non chiama all’eliminazione dei nemici (di Dio e del proprio popolo), ma muore per essi.

Tornando a noi, come se le domande non bastassero perché ci rodono tremendamente, cosa muove una mezza dozzina di ragazzi bengalesi istruiti e benestanti a farsi carnefici? Che cosa muoveva i giovani italiani di buona famiglia quarant’anni fa a diventare brigatisti rossi o neri, a spararsi addosso ed insieme eliminare poliziotti, magistrati e sindacalisti al servizio di una democrazia ammettiamo pure imperfetta da sostituire però nel loro piano con un regime totalitario e liberticida? Che cosa spinge oggi alcuni studenti americani ad acquistare un fucile e sterminare decine di compagni di classe o altri cittadini ignari ed estranei alla loro rabbia? Come fanno i trafficanti di esseri umani ad uccidere ed espiantare gli organi di ragazzi ventenni che non possono pagare il viaggio della disperazione?

In altre parole, che cosa c’è al fondo dell’animo umano che poi si scatena in modo così crudele sotto la coloritura, il rivestimento o persino l’imbroglio della religione, della protesta, dell’ideologia, della politica, della teoria della sicurezza nazionale o del semplice interesse economico? Come fa il cuore umano a tollerare lo stupro e la tortura? Eppure lo fa e ce la fa. E non tutti ne escono con un trauma psicologico. Forse che le caratteristiche tipiche dell’umanità (intelligenza e compassione) risultano sospese in molti in modo temporaneo o definitivo? Se mai sia possibile, gioverebbe, per capire, una riflessione di carattere generale, a di là delle circostanze e degli individui in cui la stessa orribile perversione di volta in volta si manifesta e da cui siamo costretti a difenderci con tutte le forze.