A un passo dal patibolo durante la visita del Papa

A un passo dal patibolo durante la visita del Papa

Due esecuzioni capitali molto discusse fissate per la prossima settimana, subito dopo la partenza dagli Stati Uniti di papa Francesco. E viene alla mente il precedente del 1999 con la grazia chiesta e ottenuta da Giovanni Paolo II per Darrell Mease

Proprio mentre papa Francesco si trova negli Stati Uniti, nel braccio della morte ci sono due detenuti che potrebbero essere molto vicini alla loro esecuzione. E in entrambi i casi di tratta di verdetti molto controversi.

Già la sera del 29 settembre – il giorno dopo la partenza di Bergoglio dagli Stati Uniti – in Georgia potrebbe essere eseguita la pena di morte di Kelly Gissendaner, una donna di 46 anni, madre di tre figli, accusata per l’uccisione del marito Doug, avvenuta nel 1997. Kelly non è l’esecutrice materiale: convinse il suo amante a compiere l’omicidio. Già due volte – a febbraio e a marzo – l’iniezione letale è stata fermata all’ultimo minuto: la prima a causa del maltempo che aveva impedito l’espletamento delle procedure, la seconda per un’anomalia riscontrata nel farmaco. Se l’esecuzione dovesse essere portata a termine martedì sera Kelly diventerebbe la prima donna a salire sul patibolo in Georgia dal 1945.

Ancora più discusso è il caso di Richard Glossip, un uomo di 52 anni dell’Oklahoma, accusato di essere il mandante dell’omicidio del suo datore di lavoro, Barry Van Treese. Nei due processi a cui è stato sottoposto a incastrare Glossip – che si proclama innocente – è la testimonianza dell’autore dell’omicidio, Justin Sneed, che sostiene di essere stato pagato da Glossip per uccidere Van Treese (e in forza di questa testimonianza ha evitato a sua volta il patibolo). Gli avvocati di Richard Glossip contestano l’attendibilità di queste affermazioni e hanno presentato anche nuove prove a favore della loro tesi. Per esaminarle l’esecuzione capitale che avrebbe dovuto già svolgersi il 16 settembre è stata rinviata, ma solo di due settimane e dunque potrebbe tenersi il 30 settembre.

Su entrambe queste storie è impegnata in prima linea suor Helen Prejean, la religiosa resa nota dal film Dead Man Walking e divenuta l’icona negli Stati Uniti della battaglia contro la pena di morte. E proprio sister Helen ieri – parlando agli studenti dell’Università di Scranton – ha ricordato che in Pennsilvania, lo Stato dove si trova Philadelphia dove il Papa giungerà sabato e domenica per l’incontro mondiale delle famiglie, ci sono 200 detenuti attualmente nel braccio della morte.

C’è da chiedersi – dunque – se nell’attesissimo discorso di domani al Congresso degli Stati Uniti papa Francesco affronterà il tema della pena di morte. E se questo avrà ripercussioni sulla sorte di Kelly Gissendaner e Richard Glossip.

C’è un precedente importante in questo senso ed è legato al viaggio che Giovanni Paolo II compì negli Stati Uniti nel 1999. Nell’omelia pronunciata il 29 gennaio durante la Messa a Saint Louis disse che «il crescente riconoscimento che la dignità umana non può mai essere calpestata, anche nel caso in cui qualcuno abbia commesso un grave delitto, è un segno di speranza». E – dopo aver spiegato che «la società moderna ha i mezzi per proteggersi senza negare definitivamente agli autori dei crimini la possibilità di cambiare vita» – rinnovò l’appello a raggiungere «un consenso sull’eliminazione della pena di morte, che è sia crudele sia inutile».

Quelle parole ebbero un effetto molto concreto sulla sorte di Darrell Mease, un uomo allora sessantanovenne proprio del Missouri condannato per un omicidio compiuto undici anni prima. Inizialmente la sua esecuzione era stata fissata per il 27 gennaio 1999 ma la concomitanza con la visita del Papa avevano spinto le autorità penitenziarie a posticiparla di quindici giorni. Dopo l’appello lanciato da Giovanni Paolo II – però – l’allora governatore del Missouri Mel Carnahan, pur restando comunque un fautore della pena di morte, decise di accogliere eccezionalmente in quel caso la richiesta e commutò la pena capitale in una condanna all’ergastolo.

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Foto: Flick Steve Rhodes