Opere di misericordia non solo un revival

L’EDITORIALE
La misericordia oggi interpella tutti: i governi, i potentati economici, le brame personali e le assurdità ideologiche che lacerano (o meglio squartano) interi Paesi

 

Il Giubileo indetto da Papa Francesco riporta d’attualità opere di misericordia “corporali” e “spirituali”, che sembravano consegnate alle classi di catechismo o alla pratica personale dei più sensibili e devoti.

Non che “dar da bere agli assetati”, “vestire gli ignudi”, “consolare gli afflitti” o “consigliare i dubbiosi” siano gesti avulsi dalla realtà. Anzi, traducono nel quotidiano di ogni tempo e luogo uno dei più classici ammonimenti evangelici circa i poveri che «saranno sempre con voi». Nel XXI secolo, tuttavia, il Giubileo della Misericordia significa di più. Non solo è “necessario” alla Chiesa, come Francesco ha sottolineato in una delle udienze generali, ma denuncia lo stato di presunzione e di degrado in cui l’umanità continua a vivere.

La misericordia oggi interpella tutti: i governi, i potentati economici, le brame personali e le assurdità ideologiche che lacerano (o meglio squartano) interi Paesi come Siria, Nigeria, Libia – e molti altri -, dopo Afghanistan, Somalia e Iraq, e sono all’origine di una colossale ondata di migranti affamati, assetati e afflitti, i cui figli nei campi profughi resteranno ignoranti e cresceranno traumatizzati ed arrabbiati. L’incertezza fisica e morale attanaglia da sempre la condizione personale tanto da ritrovare la raccomandazione di “consigliare i dubbiosi” in testa all’antica lista delle opere di misericordia “spirituali”. Non è forse il dubbio su diritti e doveri quello oggi più lacerante? Lobby culturali e mediatiche molto potenti, spesso con il sostegno delle Nazioni Unite, dettano l’agenda dei “diritti umani”, includendovi l’aborto procurato ed altri discutibili comportamenti circa la vita e la famiglia. Non esistono doveri nei confronti dell’embrione, del nascituro e della crescita dei figli; solo diritti riguardo a se stessi.

Si fatica tremendamente a garantire il debole e l’indifeso rispetto alla persona adulta, istruita, sana o ben curata. Si spacciano per diritti umani e progresso civile le versioni moderne dell’infanticidio e della Rupe Tarpea. La pratica della pena di morte diminuisce, ma rimane da molte parti il simbolo dell’espulsione definitiva dalla comunità umana. Si ritiene inutile visitare invece queste persone da carcerati, indurli a pentirsi, chiedere scusa e riparare loro stessi la colpa con opere di misericordia. Si preferisce sopprimerli da umiliati e reietti. La raccomandazione finale delle tradizionali quattordici opere di misericordia a “pregare Dio per i vivi e per i morti” suona, quindi, evidentemente a perenne ammonimento dei primi: contro la presunzione e l’orgoglio di chi pensa di poter camminare da solo e fidarsi solo di sé. Può succedere anche alla Chiesa e a uomini di Chiesa. Per questo Francesco ritiene “necessario” l’Anno della Misericordia per ricordarci che siamo un popolo di pellegrini, non di arrivati.

La lampada della Parola, della preghiera e della carità da sempre indica ai cristiani che vivere per gli altri è l’apice della misericordia; mentre l’egoismo consiste nell’imporre a tanti di sacrificarsi (anche fisicamente) per noi e i nostri interessi.