Per Allah e la Siria: in bicicletta da Londra a Medina

Per Allah e la Siria: in bicicletta da Londra a Medina

Otto inglesi di fede islamica hanno pedalato 3500km da Londra a Medina. L’obiettivo? Recuperare il senso originario del pellegrinaggio, ma anche raccogliere fondi necessari per mandare nuove ambulanze in Siria e far conoscere agli europei un altro volto dell’Islam

 

Una volta nella vita tutti i musulmani devono completare il Hajj, il pellegrinaggio verso La Mecca che costituisce il quinto pilastro della fede islamica. La pratica millenaria ha consolidato la tradizione che il percorso verso la Grande Moschea si trasformasse per i musulmani che vivono lontano da quella che oggi è l’Arabia Saudita in un viaggio dai connotati epici. Oggi nell’era degli aeroplani e dei voli low cost, non è più così e la maggior parte dei pellegrini raggiunge La Mecca in qualche ora. Ai mezzi moderni non si sono però rassegnati otto uomini di fede islamica residenti nel Regno Unito i quali – nonostante un lavoro full time e tante incombenze familiari – hanno deciso di spendere sei settimane della propria estate per raggiungere la Grande Moschea in bicicletta.

Partiti lo scorso 14 luglio da Londra, gli otto hanno pedalato per 3500 chilometri tra Francia, Germania, Svizzera, Italia, Grecia ed Egitto (concedendosi un paio di spostamenti in battello e un volo da Atene ad Alessandria d’Egitto) per arrivare a Medina qualche giorno fa, il 19 agosto: un lento pellegrinaggio che si concluderà tra qualche giorno a La Mecca insieme a tutti i pellegrini che partecipano all’Hajj, il grande pellegrinaggio annuale. Proprio per questo gli otto protagonisti hanno battezzato la loro impresa «Hajj Ride». L’avventura che nessun ciclista non professionista si era mai azzardato a compiere è innanzitutto muscolare e gli inglesi – tre di origini bengalesi, quattro provenienti dal Pakistan e uno dal Regno Unito – non hanno mai nascosto la paura di non farcela; giunti a destinazione però sperano di mandare un messaggio sull’importanza dell’attività fisica alla comunità musulmana britannica entro la quale cresce il tasso di problematiche cardiocircolatorie legate alla sedentarietà.

L’intento dell’impresa valica presto i confini sportivi e si spinge invece entro il terreno religioso come spiega Abdul Wahid, fondatore del progetto: «Lo spirito dell’Hajj si è perso. Le persone un tempo erano abituate a viaggiare anche per un anno intero per il grande pellegrinaggio. È un viaggio spirituale e un’occasione per incontrare altre persone: spiegare di più sulla nostra religione serve oggi più che mai». Il viaggio lungo l’Europa è servito dunque per mostrare un altro volto dell’Islam, generoso e fraterno: molte persone hanno offerto ai ciclisti cibo e alloggio oppure si sono fermate per chiedere di più sul progetto che ha anche un risvolto di solidarietà.

La pedalata dell’Hajj Ride – molto sponsorizzata sui social media – è infatti legata alla campagna di raccolta fondi di attrezzature mediche per i civili siriani. I protagonisti spiegano: «Pedaliamo per aumentare l’attenzione internazionale sulla loro condizione. Noi abbiamo la possibilità di viaggiare liberamente nel continente, ma la guerra civile in Siria ha lasciato milioni di persone senza casa e in grave bisogno di assistenza, soprattutto in campo medico. Gli ospedali sono stati bombardati e i medici assassinati: vogliamo portare aiuto e l’equipaggiamento medico che serve a tutta la popolazione della Siria».

L’ambizioso obbiettivo del crowdfunding dei ciclisti era di 1 milione di sterline: durante la pedalata ne sono state raccolte 250mila ma la speranza di raggiungere la soglia nelle prossime settimane rimane. Qualunque somma verrà raccolta sulla piattaforma GiveBrite verrà comunque girata all’associazione Human Aid UK che – insieme ad altre organizzazioni – organizza un convoglio con materiale medico e acquista nuove ambulanze da spedire in loco.

«Mi sono reso conto – conclude Abdul Wahid – che le persone in tutta Europa rispettano le nostre intenzioni e la fatica del nostro progetto quando glielo spieghiamo. Spero che questo gesto pratico serva meglio delle parole a nobilitare l’idea che la gente ha dell’Islam».