L’accoglienza? Questione di design

L’accoglienza? Questione di design

Stasera si chiude What Design Can Do Challenge, il concorso promosso dall’UNHCR con Ikea per trasformare il design in qualcosa di utile per i rifugiati. Dal centro di accoglienza a impatto zero al camion-bar gestito dai migranti: l’accoglienza passa dall’originalità.

Mentre politici e alti diplomatici internazionali sembrano intrappolati in una discussione senza futuro sul tema dei migranti, soluzioni originali in soccorso dei rifugiati arrivano da chi non le aspetti.

Centinaia di creativi – architetti e designer ma anche grafici – hanno infatti messo sul tavolo altrettanti progetti su misura per risolvere almeno una delle problematiche che chi scappa da fame e guerra deve affrontare anche una volta approdato nel continente europeo. A tanta originalità l’imput l’ha dato «What Design Can Do Challenge», un concorso nato da un’insolita partnership tra l’UNHCR (Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati) e l’azienda svedese Ikea che hanno sostenuto l’idea della piattaforma olandese di design sociale «What Design Can Do».

Davanti ai numeri dell’esodo che coinvolge oltre 60 milioni di persone nel mondo, infatti, le parti in causa hanno capito che la situazione deve essere affrontata sotto tanti aspetti e con tutte le risorse disponibili. Anche con l’originalità.

Così ai designer di mezzo mondo è stato chiesto di presentare un progetto creativo che identificasse un bisogno dei rifugiati e provasse a risolverlo. Si parte innanzitutto dal dilemma dell’alloggio e dunque dei centri di accoglienza poco integrati col territorio e la sua cultura; ma ci si chiede anche come migliorare la comunicazione con i migranti e mettere a frutto il tempo di attesa per l’ottenimento dell’asilo politico.

A dare una risposta ci hanno provato 631 designer provenienti da 70 Paesi che hanno presentato il proprio progetto. C’è chi ha proposto un nuovo prodotto, chi ha allestito una campagna pubblicitaria mentre altri hanno puntato sulle nuove tecnologie: alla fine però solo le migliori venticinque idee – a insindacabile giudizio della giuria – hanno passato la fase di selezione e, tra queste, appena cinque sono state ammesse come finaliste.

Stasera ad Amsterdam si terrà la cerimonia di chiusura del concorso, durante la quale i migliori cinque progetti – che hanno ricevuto in premio 10mila euro ma che da mesi stanno studiando con investitori ed esperti la fattibilità della loro idea – presenteranno gli ultimi passi verso la realizzazione.

Sul palco per prima salirà Narges Mofarahian, una giovane architetta del Politecnico di Milano che ha in mente di costruire centri di accoglienza con materiali biodegradabili e a chilometro zero. AGRIshelter è un vero e proprio palazzo che può essere eretto da chiunque in poche ore e che, con pareti fatte di balle di fieno e tetto di tela, può occupare qualsiasi sito urbano vacante evitando la formazione di «ghetti» ai bordi delle città. Verde è anche la «Welcome Card» presentata da un gruppo di designer italiani e svedesi che hanno proposta una vera e propria carta dei servizi che – se inserita in un apposito lettore – permette a ogni rifugiato che ha fatto domanda di asilo di avere informazioni sulla sua pratica ma anche di sapere dove si tengono corsi di lingua e di imparare a usare il trasporto pubblico.

Dall’Olanda invece arriva la piattaforma digitale di contro-informazione sui rifugiati. Su «Reframe» sono gli stessi migranti, il 90 per cento dei quali possiedono uno smartphone, a inquadrare la propria versione della storia: i loro scatti possono essere acquistati proprio come da una qualsiasi agenzia d’immagini, con la differenza che il ricavato sostiene solo enti di beneficenza impegnati nel supporto dei rifugiati. Infine, quattro architetti da Canada, Francia e Marocco sognano un vero e proprio camion bar gestito dai rifugiati che proponga ai clienti occidentali ricette tipiche di culture non più così lontane.

Persino tra gli esclusi, ci sono lavori che meritano almeno un’occhiata. Provocatorio, per esempio, il bozzetto dell’architetta Lucìa Gutiérrez (arrivato solo 614esima) che ha realizzato un catalogo fac-simile a quello distribuito da Ikea per il montaggio di armadi e scrivanie: le sue istruzioni però indicano gli attrezzi da usare per smontare il muro anti-migranti di Ceuta, pezzo a pezzo.