Onu, addio Obiettivi del Millennio

Onu, addio Obiettivi del Millennio

Nel vertice che si apre oggi con l’intervento del Papa l’Onu approverà gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile. Un’imponente e ambiziosa agenda che dovrebbe rendere il mondo più vivibile per tutti. Ma rischia di essere solo un bel sogno

Si è chiusa con un bilancio in bianco e nero (decisamente più nero che bianco) la stagione dei cosiddetti Obiettivi del Millennio che, approvati nel Duemila, avrebbero dovuto rilanciare lo sviluppo dei Paesi più poveri attraverso il conseguimento di otto precisi goal: Sradicare la povertà estrema e la fame; raggiungere l’istruzione primaria universale; promuovere la parità di genere e l’empowerment delle donne; ridurre la mortalità infantile; migliorare la salute delle madri; combattere l’Aids, la malaria e altre malattie come la Tbc; garantire la sostenibilità ambientale; sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo.

Non servono analisi molto sofisticate per rendersi conto che il mondo è ben lontano dal raggiungimento anche solo parziale di questi ambiziosi obiettivi. Certo, alcuni passi avanti sono stati fatti, soprattutto in campo sanitario (es. diminuzione mortalità infantile e cure Aids, Tb e malaria) e dell’istruzione. Ma gli oltre 800 milioni di persone che soffrono la fame e i 900 milioni che non sanno né leggere né scrivere, sono lì a testimoniare che si poteva fare di più e meglio.

Lo mette nero su bianco anche il Report presentato lo scorso 18 settembre sui “gap” che restano ancora da colmare dalla sostenibilità del debito ai farmaci essenziali, dall’accesso al mercato alle nuove tecnologie. Anche in termini di un autentico e solidale partenariato globale per lo sviluppo resta molto da fare, e forse questo è uno degli aspetti più largamente disattesi, se è vero che siamo di fronte a un mondo sempre più ingiusto e squilibrato.

Ora le Nazioni Unite rilanciano, con un’agenda ancora più ampia e ambiziosa, approvata il 25 settembre durante la 69° Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, alla presenza di Papa Francesco.

Gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile (in pdf) sono molti di più (17 + 169 target) e molto più generali. Non riguardano solo i Paesi in via di sviluppo, ma tutti gli Stati del pianeta. Una specie di road map per un mondo più vivibile per tutti entro il 2030. Almeno sulla carta.

Ecco i 17 obiettivi:

SDG

  1. Sradicare la povertà estrema, ovunque e in tutte le sue forme
  2. Porre fine alla fame, realizzare la sicurezza alimentare e garantire adeguato nutrimento per tutti, promuovere l’agricoltura sostenibile
  3. Realizzare condizioni di vita sana per tutti e a tutte le età
  4. Fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento permanente per tutti
  5. Realizzare l’eguaglianza di genere, l’empowerment delle donne e delle ragazze ovunque
  6. Assicurare l’accesso e una gestione sostenibile dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari per tutti
  7. Assicurare l’accesso a sistemi di energia moderni, sostenibili, sicuri e a prezzi accessibili per tutti
  8. Promuovere una crescita economica sostenuta, inclusiva e sostenibile nonché il lavoro dignitoso per tutti
  9. Promuovere un processo d’industrializzazione sostenibile
  10. Ridurre l’ineguaglianza all’interno e fra le Nazioni
  11. Costruire città e insediamenti umani inclusivi, sicuri e sostenibili
  12. Promuovere modelli di produzione e consumo sostenibili
  13. Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico
  14. Garantire la salvaguardia e l’utilizzo sostenibile delle risorse marine, degli oceani e del mare
  15. Proteggere e ripristinare gli ecosistemi terrestri e arrestare la perdita di biodiversità
  16. Rendere le società pacifiche e inclusive, realizzare lo stato di diritto e garantire istituzioni effacaci e competenti
  17. Rafforzare e incrementare gli strumenti di implementazione e la partnership globale per lo sviluppo sostenibile

In positivo va detto che l’elaborazione di questo complessa e visionaria Agenda è stato frutto di una lunga elaborazione, cominciata con la Conferenza sullo Sviluppo sostenibile Rio+20, che si è tenuta nella megalopoli brasiliana nel 2012. A detta di molti, si tratterebbe di uno dei processi più inclusivi mai realizzati all’interno delle Nazioni Unite. Grazie, infatti, ai lavori dell’Open Working Group on Sustainable Development – che ha iniziato a operare nel gennaio 2013 – sono stati coinvolti, attraverso un meccanismo innovativo per l’Onu, oltre che le Istituzioni statali, anche accademici e scienziati, e moltissime organizzazioni della società civile e delle Chiese.

Queste ultime, in particolare, si sono battute affinché tutta l’Agenda Post-2015 fosse saldamente fondata sul riconoscimento e il rispetto dei diritti umani di tutti e di ciascuno. In particolare, grazie all’intervento diretto di Papa Francesco presso il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon – e all’opera della diplomazia vaticana e non solo – è stato incluso nell’obiettivo 8 (quello sulla crescita economica e il lavoro) un target (7) in cui si chiede di «prendere immediate e efficaci misure per sradicare ogni forma di lavoro forzato, mettere fine alle moderne forme di schiavitù e di traffico di esseri umani e eliminare le peggiori forme di lavoro minorile, incluso il reclutamento e l’uso di bambini soldato». Insomma, un forte impegno contro la tratta e le moderne schiavitù, tema particolarmente caro a Papa Francesco, che vi ha dedicato anche il Messaggio per la Giornata per la pace 2015: “Non più schiavi, ma fratelli”.

Altro tema su cui hanno molto lavorato le organizzazioni cristiane è stato quello dell’acqua. La richiesta emersa dal NGO Mining Working Group – nato su iniziativa di una organizzazione missionaria accreditata all’Onu, Vivat International – era che venisse riconosciuto esplicitamente il diritto umano all’acqua. Questa richiesta è stata rifiutata dalle grandi potenze, Cina in testa – ed infatti l’Obiettivo parla di “accesso e gestione sostenibile -. Tuttavia, in extremis, lo scorso 2 agosto, è stato introdotto nel paragrafo 7 del testo finale un importante riferimento, là dove si parla di «Un mondo in cui riaffermiamo il nostro impegno relativo al diritto umana all’acqua potabile e ai servizi igienico sanitari».

Si tratta di piccole ma significative “vittorie” che dovranno ora essere tradotte in pratica. E questo, ovviamente, è uno dei nodi cruciali, che vengono peraltro già enunciati nel goal 17: «Rafforzare e incrementare gli strumenti di implementazione e la partnership globale per lo sviluppo sostenibile».

Innanzitutto, però, chi paga? Per raggiungere gli obiettivi si parla di un finanziamento di 3.500-5.000 miliardi di dollari in quindici anni, che già non ci sono. E chi controlla? Altra questione cruciale, visto che molti stati non sono poi così disponibili a farsi fare le pulci da altri.

Non per niente l’ultimo degli obiettivi è stato tra quelli più faticosamente negoziati. Adesso, però, occorre davvero l’impegno e la responsabilità di tutti affinché questa imponente Agenda non resti un vago sogno di fine estate.

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Su questo tema, vedi anche:

La lunga marcia delle donne

«Le migrazioni entrino nell’agenda Onu»

Agenda post2015