Fame nel mondo: per vincerla serve la pace

Fame nel mondo: per vincerla serve la pace

Senza pace, mettere fine alla povertà e alla fame entro il 2030 non sarà possibile. È la conclusione cui giunge l’Indice mondiale della fame presentato oggi.

“Il conflitto è il contrario dello sviluppo. Senza pace, mettere fine alla povertà e alla fame entro il 2030 non sarà possibile. E’ arrivato il momento per la comunità internazionale di dare priorità alla prevenzione e alla risoluzione dei conflitti.” Ad affermarlo è Dominic MacSorley, direttore della ong Concern in occasione della presentazione in Italia dell’Indice mondiale della fame.

L’Indice Globale della Fame 2015 (#GHI2015), giunto al suo decimo anno, analizza la situazione in 117 Paesi approfondendo ogni anno un aspetto specifico della fame. Il rapporto 2015 riguarda i conflitti armati e la sfida della fame e mostra come i Paesi con i più bassi livelli di sicurezza alimentare sono spesso coinvolti in conflitti armati o ne sono recentemente usciti.

I dati del 2015 dicono che I livelli di fame in 52 dei 117 Paesi analizzati rimangono ‘’gravi’’ (44 Paesi) o “allarmanti” (8 Paesi). La Repubblica Centrafricana e il Ciad, Paesi che negli ultimi anni hanno attraversato un conflitto e vissuto una forte instabilità politica, riportano il ‘livello di fame’ più alto. Al contrario, in Angola, Etiopia e Ruanda, la situazione della fame è migliorata dopo la fine delle guerre civili degli scorsi decenni.

Secondo il rapporto la guerra è la causa principale della fame acuta e persistente, e rappresenta una delle principali cause che spingono le popolazioni alla fuga.

L’Indice Globale della Fame 2015 mette in evidenza anche i cambiamenti positivi: il punteggio GHI 2015 – che riunisce in un unico indice numerico quattro indicatori su una scala di 100 punti, dove 0 rappresenta il valore migliore – per il mondo in via di sviluppo è calato del 27% rispetto al GHI 2000. Dal 2000 al 2015, 17 Paesi hanno compiuto notevoli progressi, riducendo il proprio punteggio di GHI del 50% (Azerbaijan, Brasile, Croazia, Mongolia, Perù e Venezuela).

Tuttavia, la sfida alla fame nel mondo è una lotta continua. Il rapporto sottolinea che, nonostante i progressi, il numero di persone che soffrono la fame nel mondo resta inaccettabilmente alto: circa 795 milioni sono i denutriti cronici (1 persona su 9 al mondo), più di un bambino su quattro è affetto da ritardo della crescita e la malnutrizione è la causa principale delle morti infantili.

L’Indice globale della fame, uno dei principali rapporti che indaga gli aspetti multidimensionali della fame a livello nazionale, regionale e globale, è promosso in Italia dalla ong Cesvi in collaborazione con Alliance2015 – un network europeo di 8 ONG di cui Cesvi fa parte – e della Commissione Europea. A Milano la presentazione del rapporto avverrà questo pomeriggio ad Expo e sarà affiancata dalle esperienze concrete delle ong in due Paesi, Mali e Sud Sudan

A questi, Cesvi affianca la sua esperienza in Somalia, dove opera con un progetto integrato di nutrizione, salute-materno infantile e sensibilizzazione, e in Libia, dove fornisce protezione ai settori più vulnerabili della popolazione, vittime del conflitto che affligge il Paese. Da 30 anni, infatti, Cesvi sceglie di essere al fianco delle popolazioni in fuga da guerre, persecuzioni, violazioni dei diritti umani ed economie distrutte stabilendo un’unica priorità: il rispetto del principio umanitario.

“Il conflitto continuo e la mancanza di uno stato di diritto hanno esposto la popolazione libica a continue violazioni dei diritti umani, sfruttamento e abusi. Il sistema sanitario, già debole, è ormai vicino al collasso. Beni e servizi di base sono limitati, compresa l’elettricità. L’accesso alle documentazioni legali diventa sempre più difficile e le istituzioni pubbliche lottano per rimanere funzionanti. L’accesso al cibo è un problema per oltre 1.2 milioni di persone. ” dichiara Daniela Bernacchi, Direttrice Generale Cesvi.

 

Scarica qui il rapporto: Indice globale della fame