Maroua: disabili al Centro

Maroua: disabili al Centro

Nella cittadina di Maroua, in Camerun, il Centro Shalom, promosso dal Pime, accompagna bambini e ragazzi in percorsi di inclusione e autonomia e promuove azioni di sensibilizzazione per combattere stigma e pregiudizi

Offrire opportunità di crescita e percorsi di autonomia a bambini e giovani con disabilità e, allo stesso tempo, promuovere una cultura che non discrimini e stigmatizzi chi si trova già in condizioni di vulnerabilità. È l’obiettivo del Centro Shalom di Maroua (Estremo Nord del Camerun), voluto e creato da padre Danilo Fenaroli, missionario del Pime che da oltre trent’anni vive in questo Paese. Oggi il Centro fa parte delle attività sociali della Fondazione Betlemme e da circa due anni anche l’Associazione Laici Pime (Alp) è coinvolta nella sua riorganizzazione e in attività di sensibilizzazione per contribuire a modificare l’immagine, fortemente stigmatizzata, delle persone con disabilità, in particolare psichica.
Il Centro Shalom, che si trova nel quartiere di Zileng, funziona come spazio diurno che accoglie e si prende cura di circa 25 bambini e ragazzi cinque giorni a settimana, dal lunedì al venerdì. Al mattino un autista e un’educatrice, con la moto, raggiungono i bambini presso la loro abitazione e li accompagnano al Centro. Altre educatrici si occupano dell’accoglienza e delle attività di socializzazione sia di gruppo che individuali: ogni bambino, infatti, ha un progetto educativo personalizzato e condiviso con i familiari. Attualmente il Centro si avvale della collaborazione di quattro educatrici con ruoli differenti, dal coordinamento delle attività al contatto con la famiglia, dalla presa in carico dei bisogni educativi alla preparazione del pranzo.

Nel pomeriggio, i bambini vengono riaccompagnati alle loro abitazioni, un momento particolarmente importante che permette alle famiglie di ricevere osservazioni e indicazioni pratiche rispetto ai loro figli; questo affinché ci sia sempre più una comunione di intenti nella prassi riabilitativa, sostenuta da una comunicazione efficace e costante.
In questi ultimi tempi, è stata introdotta, come strumento di lavoro, una semplice griglia per aiutare a definire un progetto educativo per ciascun bambino, in modo da organizzare un programma che metta in evidenza i punti di forza, da cui partire per arrivare a potenziare le capacità nei punti deboli e di fragilità. Cominciando dall’osservazione, con focus particolari sulla capacità motoria, l’aspetto cognitivo, l’autonomia personale, l’aspetto sociale e di socializzazione, la sfera comunicazionale e quella sanitaria, si definisce, in presenza e in condivisione con la famiglia, un programma di attività con obiettivi a breve, medio e lungo termine, per migliorare le capacità di ciascuno in vista soprattutto di una sempre più grande autonomia.
Per raggiungere gli obiettivi fissati è indispensabile il coinvolgimento attivo delle famiglie e per questo sono stati organizzati incontri presso le loro abitazioni, secondo le necessità e le urgenze. Sono state inoltre pianificate tappe di condivisione all’inizio, a metà e alla fine dell’anno scolastico come tempo di programmazione e valutazione del raggiungimento – o meno – degli obiettivi. È stato inoltre possibile completare l’osservazione con un ulteriore sguardo professionale nel campo della riabilitazione dei minori attraverso collaborazioni con uno specialista motorio, un ortofonista e uno psicomotricista, che possono gestire, gratuitamente e in proprio, i loro pazienti, in un locale adibito a sala consultazione presso la struttura del Centro Shalom.

La collaborazione di queste figure professionali è gratuita e accompagna, inoltre, il programma di formazione del personale educativo. Questo è uno degli aspetti a cui si dà molta importanza e i frutti si cominciano a vedere: il grado di responsabilità delle educatrici è cresciuto insieme alla consapevolezza che il loro lavoro non è soltanto di accudimento e non riguarda solo l’aspetto – seppure molto importante – del calore accogliente e materno che bisogna offrire; attraverso la loro presenza, infatti, si stimolano i ragazzi a superare limiti e incapacità per migliorare l’autostima, aiutandoli a diventare il più possibile autonomi e accrescere la loro qualità di vita.

Inoltre, sono stati migliorati anche gli spazi del Centro, ad esempio attraverso la realizzazione di un pozzo per avere più facilmente accesso all’acqua per soddisfare i bisogni per l’alimentazione, le pulizie, l’igiene della struttura e del corpo. Sono stati piantati diversi alberi da frutto: limoni, aranci, mandarini, pompelmi, banane, guava e papaie, importanti per l’alimentazione quotidiana in quanto ricchi di vitamine, ma utili anche per creare zone d’ombra e di fresco quando il clima diventa rovente. Piante da fiore abbelliscono e rendono più accogliente il Centro, che è stato anche ridipinto ed è stata migliorata la veranda esterna in modo da avere ambienti sempre più freschi e ospitali. Sono stati riparati anche i giochi che facilitano l’apprendimento dei bambini, i dondoli, le altalene e le barre parallele rovinate dalla caduta di un tronco d’albero.
Il contesto culturale in cui opera il Centro Shalom non facilita l’operato: solitamente la malattia, l’handicap, la nascita di un bimbo non “nella norma” o che ha delle malformazioni continuano a essere visti come conseguenza di una forza esterna, di uno spirito che interviene nell’essere umano e che ne modifica la natura. La situazione di fragilità e di dipendenza di un portatore di handicap mentale, il fatto che non possa “guarire” e che non sarà mai in grado di apportare aiuto al gruppo familiare fanno sì che difficilmente la famiglia investa per rispondere ai suoi bisogni specifici.

Per contrastare lo stigma e il pregiudizio, ma anche la paura e la riprovazione sociale, il Centro promuove nel quartiere e nella città di Maroua iniziative di sensibilizzazione. Dopo aver coinvolto in più occasioni le autorità civili, tradizionali e religiose, è stato creato un gruppo di riflessione su questi temi a cui partecipano rappresentanti della comunità cattolica, protestante, ortodossa e islamica, con l’intento di far nascere e crescere uno sguardo nuovo, diverso, di accoglienza e rispetto della dignità umana anche quando si presenta e si manifesta nella sua più grande fragilità.
Con alcuni gruppi di giovani del quartiere, sono stati organizzati anche momenti di festa e di convivialità al Centro Shalom. Attraverso queste esperienze di gioia per i bambini, si è potuto restituire anche agli ospiti la “normalità” che si può vivere nelle relazioni con persone giudicate diverse.
È una grande sfida anche dal punto di vista cristiano e missionario: significa fare nostro lo sguardo amorevole che Cristo ha per ciascuno e in particolare per chi è più vulnerabile, fragile, piccolo, bisognoso ed escluso: uno sguardo misericordioso che genera vita.

 

Gigi Santambrogio con i ragazzi del Centro Shalom