La morte di Christian Tumi, coscienza del Camerun

La morte di Christian Tumi, coscienza del Camerun

La Chiesa africana perde un altro suo grande testimone, il novantenne cardinale arcivescovo di Douala  Fiero oppositore del regime di Paul Biya, si era molto impegnato nel promuovere il dialogo tra governo centrale e separatisti anglofoni. E lo scorso novembre era stato vittima di un sequestro-lampo

Lo hanno chiamato Wiyghan, che significa “colui che è di passaggio”, perché la madre aveva perso i primi due figli. Per più di novant’anni il cardinale Christian Wiyghan Tumi, arcivescovo emerito di Douala, in Camerun, è stato “di passaggio” in questo mondo, proprio come la madre morta centenaria, una vera istituzione nel suo villaggio. Il cardinale Tumi, invece, un’istituzione nel suo Paese, è scomparso oggi alla vigilia della Pasqua. Con lui se ne va un protagonista assoluto della storia recente del Camerun.

Protagonista anche di un clamoroso sequestro, lo scorso novembre, che continua a far discutere. Perché il cardinale Tumi è stato davvero una figura di riferimento non solo nella Chiesa, ma nella vita sociale e politica del Camerun. Oltre che un’autorità morale riconosciuta anche dai suoi nemici.

Paladino della democrazia e della libertà, fustigatore della corruzione e del malcostume dilaganti, è sempre stato una spina nel fianco del presidente Paul Biya, 88 anni, al potere dal 1982. Uno degli ultimi “presidenti-dinosauri” d’Africa. Che in questi lunghissimi e controversi anni di governo ha sempre trovato nel cardinale un fiero oppositore. Al punto che, a ogni elezione, qualche media locale trovava il modo di proporlo come candidato alle presidenziali. Cosa che sistematicamente il cardinale doveva smentire. Senza però rimanere in silenzio: «Se tacessi – ha dichiarato in più occasioni – non sarei fedele alla mia missione. La situazione nel Paese è grave, non si può tacere. Non c’è rispetto per i diritti umani fondamentali, la povertà è dilagante, molte famiglie non possono permettersi di mandare i figli a scuola, mentre una piccola élite vive secondo standard europei a pochi passi da gente che fa fatica a mangiare tutti i giorni. Per non parlare della corruzione che ha raggiunto da tempo livelli intollerabili».

Anche in questi ultimi anni in cui ha passato le redini dell’arcidiocesi di Douala all’arcivescovo Samuel Kleda, l’influenza del cardinale Tumi ha continuato a essere molto significativa. In particolare, si è impegnato in prima persona nel promuovere il dialogo e la pacificazione nelle regioni anglofone del Paese, il Nord-Ovest e Sud-Ovest, di cui è originario. Dal novembre 2016 sono funestate da una terribile guerra civile, che ha provocato una crisi umanitaria senza precedenti: attualmente sarebbero oltre 680 mila gli sfollati interni e quasi 50 mila i profughi in Nigeria; un milione di persone sono a rischio fame e 2,5 milioni necessitano di assistenza umanitaria.

La ribellione, nata per contestare la storica marginalizzazione delle regioni anglofone in un Paese a grande maggioranza francofono – frutto di spartizioni coloniali le cui drammatiche conseguenze si trascinano ancora oggi -, si è resa spesso protagonista di brutalità ed estremizzazioni, sino ad autoproclamare la Repubblica dell’Ambazonia, ma anche ad alienarsi la simpatia di gran parte della popolazione. D’altro canto, le stesse forze di sicurezza hanno commesso abusi e violenze spesso contro i civili.

Il cardinale Tumi ha provato a mettersi in mezzo. Difensore del dialogo e di una soluzione pacifica della crisi, si è sempre detto contrario alla secessione, pur sostenendo molte delle istanze portate avanti dai ribelli, soprattutto in termini di rispetto dei diritti umani e delle specificità di queste terre, ma anche di sviluppo economico e di promozione dei sistemi scolastici e sanitari di regioni troppo a lungo abbandonate. «Occorre ascoltare (i ribelli – ndr). Occorre dare priorità al dialogo. Quando si dialoga, si risolvono molti problemi. La questione è che non abbiamo creato un forum per il dialogo», aveva già dichiarato il cardinale in un libro-intervista pubblicato nel 2017: Cardinal Christian Tumi : libres propos d’un visionnaire  (“Cardinale Christian Tumi: liberi pensieri di un visionario”) a cura di Sylvestre Ndoumou, caporedattore dell’Effort Camerounais, il giornale della Conferenza episcopale che Tumi ha contribuito a rifondare nel 1994 e che ha diretto a lungo. Solo a fine settembre 2019, è stato organizzato un grande dibattito nazionale sulla grave crisi anglofona, a cui il cardinale aveva contribuito con un documento di 400 pagine. E di cui si era detto soddisfatto: «Tutti hanno potuto esprimere il loro punto di vista», aveva dichiarato, felicitandosi anche per la liberazione di oltre trecento prigionieri politici, importante segno di distensione da parte di Biya.

Da quel momento, tuttavia, non sono stati fatti molti passi in avanti. Alcuni gravissimi episodi accaduti nei mesi scorsi avevano spinto il cardinale a intervenire nuovamente. In particolare, il massacro di 8 bambini trucidati nella loro scuola di Kumba il 24 ottobre e il rapimento di 11 insegnanti della Presbyterian School di Kumbo avevano suscitato lo sdegno di molta parte dell’opinione pubblica, ma avevano anche spinto Tumi a intervenire di persona. E proprio mentre si trovava lungo la strada tra Bamenda e Kumbo, nella regione Nord-Ovest, è stato sequestrato, il 5 novembre, da alcuni separatisti, insieme al fon Sehm Mbinglo II, capo tradizionale degli nso, e ad altre dieci persone. Dietro il rapimento ci sarebbe uno dei capi della ribellione che contesta al cardinale di promuovere la riapertura delle scuole: un gesto di “normalizzazione” che le fronde più radicali del movimento non accettano. La notizia del rapimento ha suscitato sgomento e provocato anche manifestazioni di fedeli che reclamavano la liberazione del cardinale e quella del fon. Nella mattinata del 6 novembre Tumi e il suo autista sono stati liberati, ma non gli altri rapiti. L’episodio getta una luce sinistra sulla crisi anglofona e soprattutto sulle prospettive di risoluzione. Ma c’è da credere che il cardinale Tumi sarà ancora lì. E non “di passaggio”.

CHI ERa

Nato il 15 ottobre 1930 a Kumbo, nel Nord-Ovest del Camerun, il cardinal Tumi è il primo porporato
camerunese. È stato vescovo di Yagoua e Garoua, nel Nord del Paese, prima di divenire arcivescovo di Douala. È stato Presidente del primo Sinodo dei vescovi per l’Africa nel 1994. Nel 2011 è stato insignito del premio Integrity Award da parte di Transparency International. E nel 2019 ha ricevuto il Premio Nelson Mandela per il suo costante impegno per la pace e la riconciliazione. È scomparso oggi all’età di novant’anni.