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Il nostro Papa è peruviano!

Una coppia di fidei donum milanesi, in missione in Perù con le due figlie, racconta
la reazione locale all’elezione di Prevost, che ha operato per molti anni nel Paese

«Nuestro Papa es peruano!». Dopo neanche mezz’ora dalle prime parole di Leone XIV l’euforia già contaminava le chat di WhatsApp dove siamo presenti anche noi.

Su tutti i gruppi, da quello parrocchiale a quello della Pastorale giovanile, poco prima era arrivata la comunicazione della fumata bianca. In quel momento noi eravamo a tavola con le nostre due figlie, Letizia e  Irene, e l’annuncio di un nome inatteso – cardinale Robert Francis Prevost – ci ha lasciati sorpresi. Dopo la proclamazione
ascoltiamo le prime parole di Leone XIV e apprezziamo molto il suo messaggio di pace – in un mondo che sembra ormai impegnato a fare soprattutto la guerra – e ancora di più la sua sottolineatura sulla missione e sul costruire ponti, parole che sono da stimolo anche per noi nel nostro stare qui a Pucallpa. E poi la “chicca”: il saluto in spagnolo alla diocesi di Chiclayo, città costiera del Nord del Perù. «Chissà quale sarà la reazione dei peruviani!», ci diciamo tra di noi.

Tempo un quarto d’ora e già ne abbiamo un assaggio! Le chat cominciano a riempirsi di giubili patriottici («Que bendición para nuestro País!») sebbene la città natale di Prevost sia Chicago. Tuttavia, una base di verità in queste affermazioni c’è: in quasi tutti i gruppi viene condiviso il documento d’identità peruviano del nuovo Papa, a fondamento di questa rivendicazione e in barba a tutte le leggi sulla privacy. D’altronde, l’hobby più diffuso a Pucallpa è il chisme, ovvero… il gossip! Tra i giovani non passa troppo tempo che già fioccano i primi meme. Una foto caricaturale del nuovo Papa che mangia ceviche e beve Inka Cola, pietanza e bevanda tipiche del Perù. Il camino del Vaticano con la fumata bianca e rossa, riferimento ai colori della bandiera peruviana. La nuova papamobile in versione motokar, uno dei mezzi di trasporto più comuni del Paese. Arrivano anche i giochi di parole: «Perù tenía 4.000 variedades de papa. Desde hoy 4001», cioè «il Perù aveva 4.000 varietà di patata (papa in spagnolo), da oggi 4001».

Ma iniziano anche a circolare foto di quando Prevost era un giovane missionario nel Paese e poi vescovo a Chiclayo, che immortalano alcuni momenti della sua missione peruviana. La gente fantastica già, per non dire che dà già per certa, una futura visita del nuovo Ponte­fice in Perù. Nel caso, ci sarebbe già una canzone per lui: un brano musicale a lui dedicato, che ovviamente è diventato subito virale.

In questi giorni abbiamo chiesto alle persone che incrociamo nel servizio che facciamo qui quale fosse la loro opinione su questa elezione. In realtà, molti come noi non sanno molto riguardo a monsignor Prevost. Alcuni giovani ci confidano le loro prime impressioni, tendenzialmente positive; altri non vogliono sbilanciarsi ancora, anche se sperano in una sua visita in Perù. Il nostro parroco padre José ci confida che anche lui si aspettava altri nomi, ma che è stata una piacevole sorpresa l’elezione di Prevost, che in passato ha avuto modo di incontrare in due occasioni. «Peruano como la papa», è stato il suo commento finale.

Eric, seminarista del Vicariato di Pucallpa, è un giovane di 25 anni con il quale collaboriamo nella Pastorale giovanile e in quella vocazionale. Nel suo percorso formativo, ha studiato per quattro anni a Trujillo, città della costa nella quale monsignor Prevost è stato formatore degli agostiniani e docente nel seminario diocesano. Eric ci racconta di aver sentito spesso parlare di lui nei suoi anni a Trujillo, affermando che molti sentissero nostalgia di monsignor Prevost sia come docente che come compagno di fede. Ci parla della stima e dell’affetto delle persone, tra cui tanti che lo ricordano – per usare le sue parole – «come un uomo carismatico prudente».

Per quanto ci riguarda, è molto presto per poter esprimere opinioni su Papa Leone XIV. Sicuramente, a nostro parere, quel che rende interessante la sua figura è che gran parte della sua vita è stata dedicata alla missione.

Con un tale background ci auguriamo che possa continuare ad avere quello sguardo ampio di Chiesa ad gentes che incarnava Papa Francesco, portando la sua esperienza di uomo che conosce bene realtà e vissuti di contesti sociali ed ecclesiali differenti. Che possa far riecheggiare ancora nei cuori il costante invito del suo predecessore a essere “Chiesa in uscita”, rafforzando il messaggio che la missione non è solo il “pallino” di qualche cristiano originale, ma l’essenza di ogni fedele di Gesù. Che il suo “carisma prudente” sia capace di riportare l’attenzione sull’importanza dell’ascolto della voce degli ultimi, della giustizia sociale e della costruzione della pace.

E se la scelta del suo nome, come qualcuno ha già ipotizzato, fosse davvero un riferimento a quel frate “pecorella del Signore”, tanto amico di san Francesco… i presupposti ci sembrano buoni! 

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