Un format video realizzato dalla redazione di “Mondo e Missione” per raccontare “storie oltre i confini”. Ogni mese una nuova puntata. Guardale qui sotto! Leggi qui come è nato

 

 


Il riemergere sulla scena mediorientale dei ribelli Houthi dello Yemen sta aggravando le condizioni di un popolo già colpito da nove anni di guerra. Un popolo dimenticato dal mondo, denuncia l’attivista Asia Al-Mashreqi, vincitrice del premio Nansen dell’Onu per il suo impegno a favore di sfollati, giovani e donne in un Paese dove il 70% della popolazione vive di aiuti umanitari. Tra le categorie più svantaggiate ci sono proprio le ragazze, in particolare nelle aree governate dagli Houthi. Eppure per Asia, che racconta la sua storia di emancipazione da una contesto povero e patriarcale, lo sviluppo potrebbe ripartire proprio da loro, a condizione che abbiano accesso a sicurezza, istruzione e modelli positivi.

È il Paese più giovane dell’Africa, nato solo 13 anni fa. Ma le grandi speranze del Sud Sudan si sono scontrate con una guerra civile, ripetute crisi umanitarie e, oggi, l’arrivo di centinaia di migliaia di profughi in fuga dal conflitto nel vicino Sudan. In prima linea, in mezzo a tante emergenze, c’è il missionario Christian Carlassare, vescovo di Rumbek, che da quasi vent’anni condivide il travagliato cammino di questa terra. Compresa la violenza: nel 2021 un attentato lo ferì gravemente alle gambe. Ma il comboniano 46enne non si è lasciato scoraggiare: qui ci racconta la sua opera e quella della Chiesa sudsudanese per assistere la gente, promuovere l’istruzione dei giovani – in particolare le ragazze – e portare avanti un cammino di riconciliazione, unica via per un futuro di pace.

Mentre la violenza in Medio Oriente raggiunge livelli sconcertanti, le parole di odio rischiano di soffocare le voci di chi, su entrambi i fronti, non smette di lottare per la riconciliazione. Voci che spesso sono quelle delle donne. Come Layla Alsheikh, palestinese, che anni fa perse il suo bimbo neonato per colpa dei soldati israeliani ma oggi è impegnata per il dialogo, o Ariella Giniger, israeliana, fondatrice di una grande associazione di donne che rivendicano un accordo di pace. Anche di fronte alla tragedia in corso, Layla e Ariella, come tante altre, restano ferme nella propria convinzione: l’unica via per risolvere lo scontro che avvelena la loro terra è mettersi nei panni dell’altro. E spezzare il ciclo della violenza. La puntata contiene anche una scheda storica sul conflitto e tanti consigli per approfondire.

Emirati Arabi Uniti: a Dubai, contestata sede del prossimo vertice ONU sui cambiamenti climatici, i milioni di lavoratori stranieri sono vittime di abusi e sfruttamento. Ma il manager italo-siriano Abdullah al-Atrash ha provato a creare un’azienda che mettesse al centro le persone e il rispetto del pianeta, sperimentando un modello di successo che oggi fa scuola, nel Golfo Persico e non solo. Legato al movimento dei Focolari, al-Atrash è anche il referente per gli Emirati Arabi di The Economy of Francesco, una comunità internazionale formata da giovani startupper, imprenditori e attivisti impegnati in un processo di cambiamento verso una nuova economia inclusiva e sostenibile dal punto di vista ambientale.

Emarginazione, criminalità, disagio sociale: nelle periferie d’Europa intere generazioni di giovani stanno perdendo l’appuntamento con il proprio futuro. Per capire che cosa sta succedendo siamo andati a visitare le banlieue più difficili della Francia: i famigerati quartieri Nord di Marsiglia. In questa sorta di ghetti, diventati feudi dei trafficanti di droga, abbiamo incontrato chi opera in prima linea per offrire ai ragazzi un’alternativa alla delinquenza. Come Zaïdat, che gestisce una piccola biblioteca dove i libri aprono i ragazzi al mondo, o le religiose italiane che animano uno spazio di incontro tra donne di fedi e culture diverse. Ma anche Arthur e Tiphaine, giovane coppia che ha scelto la missione tra i palazzi degradati di Campagne Lévêque, o Patrice, leader di un’associazione che crea sviluppo attraverso l’arte.

Nel giorno in cui viene resa nota l’Esortazione apostolica “Laudate Deum”, con cui Papa Francesco rilancia l’urgenza di “schierarsi al fianco delle vittime dell’ingiustizia ambientale e climatica”, andiamo in Amazzonia, polmone del mondo gravemente a rischio. Qui, nella regione brasiliana della foresta, il missionario del Pime padre Sisto Magro è prima linea a fianco dei piccoli agricoltori minacciati dalle grandi aziende dell’agrobusiness. Un impegno non privo di pericoli, in un contesto dove gli interessi economici si incrociano con quelli della politica e con gli affari della criminalità organizzata. Ma nella lotta di padre Sisto si gioca una delle sfide chiave del nostro tempo: tutelare il pianeta per salvaguardare la vita umana.

Steppe, pastori nomadi e gli echi delle conquiste di Gengis Khan: nell’immaginario collettivo la Mongolia è una terra lontana e avvolta in un velo di mistero. Alla vigilia del viaggio di Papa Francesco, siamo andati a visitarla e abbiamo scoperto un Paese sfaccettato e in rapido cambiamento, ma anche strategico, stretto com’è tra i due grandi vicini: Russia e Cina. Qui, dopo 70 anni di comunismo e la difficile transizione democratica iniziata con il crollo dell’Unione Sovietica, è fiorita anche una giovane Chiesa, piccolissima eppure in prima linea in tanti settori chiave della società: dall’educazione al sostegno a chi è stato lasciato ai margini dalla crescita economica.

Mayte Elizalde è una giovane operatrice di Hope Border Institute, un’organizzazione umanitaria basata nella città texana di El Paso, alla frontiera con il Messico. Dall’altra parte del Rio Grande sorge Ciudad Juarez, dove si concentrano masse di migranti arrivati dopo viaggi estenuanti e rischiosi attraverso il Centro America. Ma le nuove regole per chiedere asilo negli Stati Uniti sono ancora più restrittive. Mayte, lei stessa figlia di immigrati messicani, racconta a Finis Terrae la sua storia e l’impegno di Hope Border Institute, insieme alla diocesi di El Paso, per alleviare le sofferenze dei migranti e promuovere una cultura della solidarietà sui due lati della frontiera.

Dopo decenni di oppressione, il Myanmar aveva cominciato a sperare nella democrazia. E invece, il golpe del 2021 lo ha nuovamente sprofondato nella violenza. Ashin Mandalar Lankara, monaco buddhista impegnato nel dialogo interreligioso, racconta come nel suo Paese la pluralità di etnie e di fedi sia stata spesso usata per fomentare divisioni e come lo stesso buddhismo sia stato trasformato in un elemento militante di identità nazionale. Eppure oggi l’opposizione sta unendo un popolo esasperato, mentre il futuro porrà ai giovani la grande sfida della tolleranza.

Tra crisi economica, conseguenze del terremoto e un autoritarismo crescente, la Turchia si prepara a un voto cruciale che decreterà anche la sorte del presidente “sultano” Erdoğan. Ma i problemi del Paese sono molto più profondi e, secondo il politologo e giornalista Cengiz Aktar, affondano le radici nella nascita stessa della Repubblica turca, esattamente cent’anni fa. L’appuntamento mancato con l’Europa, poi, ha fatto sfumare le speranze di una svolta moderna e democratica. A Finis Terrae Aktar racconta le contraddizioni di un Paese chiave per gli equilibri regionali e internazionali.

La siccità è una minaccia sempre più concretam anche alle nostre latitudini. Ma ai margini del Sahara è ormai lotta aperta per fermare l’avanzata del deserto. Haidar el Ali, già ministro senegalese dell’ambiente, è stato il direttore per il suo Paese dell’Agenzia della Grande muraglia verde, un progetto regionale che punta a frenare la desertificazione nel Sahel. A Finis Terrae ha raccontato la crisi umanitaria innescata dai mutamenti climatici, ma anche da conflitti e traffici. Ma proprio qui, una lunghissima muraglia di alberi potrebbe salvare il futuro di milioni di persone.

Nadine Khoudary era giovanissima quando la guerra siriana investì Aleppo: in questi 12 anni ha conosciuto gli orrori del conflitto e sperimentato gli effetti di una crisi economica che ha spinto alla fame il 60% della popolazione. Cristiana, psicologa impegnata come educatrice nella parrocchia latina, Nadine si trovava in casa quando, nella notte tra il 5 e il 6 febbraio, la terra ha tremato, gettando di nuovo nel terrore la città un tempo più fiorente e cosmopolita del Paese. Il suo racconto ci porta tra le macerie per mostrarci storie di coraggio e speranza dentro una comunità ferita.

Disastri ambientali, disordini politici, violenza fuori controllo: Haiti è un Paese duramente colpito dalla storia passata e recente, oggi ostaggio di una crisi di cui si fatica a vedere la fine. Eppure proprio questa isola ferita è stata scelta come casa da Maurizio Barcaro, missionario laico che da ormai tre decenni opera a fianco dei più vulnerabili, soprattutto anziani e bambini, attraverso la fondazione Lakay Mwen, sostenuta anche dal Pime. Nella sua testimonianza, Maurizio racconta la resilienza di un popolo capace di sorridere anche in mezzo a povertà estrema e rischi quotidiani.

Ha ricevuto minacce di morte per aver alzato la voce contro il regime che, in Iran, viola costantemente i diritti di tante ragazze come lei. Ma Samirà Ardalani, attivista e portavoce dei Giovani iraniani in Italia, non rinuncia a rilanciare le ragioni delle rivolte che mirano a far vacillare il governo degli ayatollah. In occasione della Giornata internazionale della Donna, l’abbiamo intervistata Samirà per questa puntata di Finis Terrae.

È il Paese più pericoloso al mondo per chi fa informazione: l’anno scorso in Messico sono stati quattordici i giornalisti uccisi dalla criminalità organizzata. E se i religiosi rappresentano l’altra categoria a finire regolarmente nel mirino dei narcos, bisogna avere coraggio per fare la scelta di padre Omar Sotelo Aguilar, un sacerdote paolino che dirige un Centro di informazione multimediale diventato un punto di riferimento per le sue inchieste. La storia di padre Omar è al centro di questa puntata di Finis Terrae.

Un villaggio iracheno devastato dalla furia dello Stato islamico, una ragazza coraggiosa che nel contesto della ricostruzione decide di creare una piccola libreria che si trasforma in un polo di rinascita culturale e sociale: è la storia che vi raccontiamo in questa puntata di Finis Terrae.

Negli ultimi mesi la guerra è tornata a insanguinare l’est della Repubblica Democratica del Congo. Un conflitto non solo “africano”, alimentato dalla crescente domanda internazionale dei minerali utilizzati soprattutto nell’industria dell’hi-tech e delle auto elettriche. Ne parliamo con John Mpaliza, attivista congolese, che ci aiuta a capire le cause di una guerra dimenticata, in questa puntata di Finis Terrae.

Come vivere da cristiani dentro una guerra come quella in corso in Ucraina, dove le armi e le posizioni politiche arrivano oggi a intrecciarsi pericolosamente con l’appartenenza e Chiese e confessioni diverse? È una delle domande che abbiamo rivolto a mons. Maksym Ryabukha, vescovo ausiliare dell’esarcato di Donestk, nel cuore del Donbass conteso tra russi e ucraini, in questa puntata di Finis Terrae