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L’Amazzonia si prepara alla COP30

La prossima Conferenza Onu sul clima si terrà in novembre a Belém, in Brasile. In vista di questo grande evento, la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) ha realizzato una guida per promuovere la partecipazione della società civile

In vista della Cop30 che si terrà a Bélem, in Brasile, dal 10 al 21 novembre, la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) ha pubblicato una guida essenziale per comprendere i principali temi e sfide della lotta climatica globale, dal titolo: “ABC della Cop30. Tutto sulla Conferenza del clima dell’Onu e sull’importanza della Cop30 in Amazzonia”. Si tratta di una sorta di manuale che traduce concetti complessi in un linguaggio accessibile al fine di promuovere la partecipazione attiva della società civile. La Cop30, infatti, rappresenterà un’opportunità storica per porre le voci delle comunità dell’Amazzonia al centro delle decisioni globali sulla lotta contro la crisi climatica.

Per rafforzare questa agenda di giustizia climatica e ampliare l’accesso all’informazione, Repam-Brasile, attraverso l’iniziativa di Mobilitazione dei popoli per la terra e il clima, ha diffuso appunto un apposito manuale, affinché tutti – e in particolare le comunità indigene, i quilombolas (discendenti degli schiavi africani) e le popolazioni rivierasche e forestali – comprendano meglio l’impatto di questo evento e possano partecipare attivamente ai dibattiti. «Il manuale è importante perché spiega, in modo chiaro e obiettivo, come funziona la Cop. È il primo passo affinché le persone, e soprattutto la società civile organizzata, si preparino a vivere l’appuntamento in maniera produttiva, unendosi ai vari collettivi che si stanno organizzando al fine di chiedere ai rappresentanti istituzionali e di governo le azioni necessarie per contenere l’avanzare della crisi climatica», sottolinea Sandra Rocha, del settore comunicazione del “Vertice dei Popoli”, una coalizione di oltre 400 organizzazioni (di cui fa parte anche la Repam), che sta guidando azioni strategiche in difesa del clima, delle foreste e dei diritti umani.

Di particolare importanza sono le informazioni sul ruolo fondamentale delle comunità amazzoniche nella lotta contro i mutamenti climatici e nella preservazione della biodiversità e su come queste comunità possano essere protagoniste nei dibattiti, portando anche la loro esperienza concreta, partendo dalle iniziative locali che stanno facendo la differenza. «L’informazione è uno strumento potente – afferma Mayara Lima del team editoriale -. Nel quadro della crisi climatica, dare alle comunità dell’Amazzonia accesso all’informazione significa garantire che possano agire in maniera efficace e influente sulla scena globale».

Come Chiesa incarnata e inculturata in Amazzonia, la Repam ha lavorato instancabilmente per rafforzare le voci dei movimenti territoriali e sociali, mirando a esercitare un’incidenza significativa sui dibattiti climatici in vista della Cop30. «Questo manuale è un ponte che connette i territori amazzonici ai dibattiti globali – conferma dom Evaristo Pascoal Spengler, presidente della Repam-Brasile -. Rafforza la conoscenza di quanti già si prendono cura dell’Amazzonia da generazioni e prepara queste comunità a svolgere un ruolo decisivo nelle negoziazioni».

In vista dell’evento di novembre, la Repam ha aperto un ufficio a Belém e sta promuovendo anche numerosi incontri ed eventi che rafforzano l’importanza di un piano solido e integrato per la difesa dell’ambiente e dei diritti delle popolazioni tradizionali. Questo nuovo impegno si inserisce in un percorso più ampio della rete, che ha come obiettivo quello di promuovere la vita, per mezzo della cura dei popoli, dei territori e degli ecosistemi amazzonici e di accrescere la consapevolezza dell’importanza dell’Amazzonia per tutta l’umanità, per mezzo di un’azione socio-ecclesiale articolata in reti.

La Repam-Brasile, voluta da Papa Francesco e dal cardinale Cláudio Hummes (arcivescovo di San Paolo, deceduto nel 2022), lavora dal 2014 a fianco delle comunità e dei movimenti sociali, promuovendo il dialogo, l’articolazione e la difesa dei diritti umani, della giustizia climatica e della preservazione dell’ambiente. Non è possibile riflettere sui cammini di evangelizzazione nel grande territorio amazzonico senza tener conto del tema ecologico. Lo stesso documento preparatorio al Sinodo panamazzonico del 2019, fedele all’impostazione della Chiesa latinoamericana, aprì la riflessione presentando una panoramica della realtà ecologica dell’Amazzonia, per aiutare gli operatori pastorali a elaborare cammini di evangelizzazione inculturati. È importante ricordare, a questo proposito, anche coloro che per difendere l’Amazzonia e i suoi popoli hanno rischiato e dato la vita. Tra questi, padre Ezechiele Ramin, suor Dorothy Stang, Chico Mendes e il vescovo emerito Erwin Krautler.

Il manuale pubblicato dalla Repam si pone sulla linea dell’ecologia integrale proposta da Papa Francesco nelle encicliche Laudato si’ e Laudate Deum. Invita a riflettere sul livello di coscientizzazione dei cristiani sugli stili di vita adottati, sia personalmente che comunitariamente. C’è un modo di produrre, commerciare, consumare che influenza la vita dell’ambiente e della società. Il percorso di preparazione alla Cop30 dovrebbe aiutare in particolare le comunità cristiane a porre in atto delle scelte rispettose dell’ambiente, che stimolino la società civile e la politica a prendere coscienza dell’urgenza di un tale cammino di conversione ambientale. La Repam ha lavorato moltissimo per rafforzare le voci dei movimenti territoriali e sociali dell’Amazzonia, mirando a esercitare un’incidenza significativa sui dibattiti climatici in vista dell’evento di novembre.

L’inclusione sociale in questi processi decisionali è fondamentale: ci sono infatti diversi esempi che dimostrano come le aree protette cogestite dai popoli indigeni hanno portato a un miglioramento della biodiversità e a un uso sostenibile delle risorse. Non c’è una risposta unica per ogni contesto, la sfida è globale, ma le soluzioni devono essere applicate nei contesti locali.

È urgente quindi un cambiamento trasformativo nella società che comporti pure un cambiamento di visione sulla natura e le sue risorse. Non solo: anche le pratiche devono essere più sostenibili e le politiche più inclusive e adattate ad affrontare le crisi ambientali. Insomma, la conservazione dell’ambiente e della biodiversità si può raggiungere solo attraverso un radicale cambio di passo, che porti al superamento di ingiustizie e disparità: un discorso reale e molto sensato, ma che appare poco concreto, soprattutto nel contesto politico globale attuale.

Se tutto è connesso, dobbiamo affermare che la pace e la giustizia passano attraverso la custodia dell’unica “casa comune”, nella quale dobbiamo tracciare cammini di fraternità, di multilateralismo e di cooperazione. Con Papa Francesco e con i suoi “quattro sogni” contenuti nella Lettera post sinodale Querida Amazonia – ecologico, culturale, pastorale e sociale -, anche i missionari vogliono “sporcarsi le mani” attraverso un tipo di evangelizzazione inculturata e liberatrice, affinché le nuove generazioni possano vivere in un mondo pacifico, giusto ed ecologicamente sostenibile.

Tante promesse, pochi fatti

La Cop30, che si terrà dal 10 al 21 novembre, porterà circa 50 mila persone a Belém, sulla foce del Rio delle Amazzoni, nella parte più orientale della foresta amazzonica. Dopo le due controverse edizioni di Dubai nel 2023 e Baku, in Azerbaigian, nel 2024 – ovvero in due dei principali produttori di combustibili fossili al mondo – la Conferenza Onu sul clima si trasferisce nel cuore di un luogo altamente simbolico per la sopravvivenza del pianeta: «Non c’è sicurezza climatica se non si mette in sicurezza il polmone del mondo», ha dichiarato il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. Dopo l’era-Bolsonaro – in cui il disboscamento della foresta è avanzato in maniera indiscriminata – anche la nuova presidenza Lula non sta mantenendo le promesse fatte in termini di difesa e conservazione dell’ambiente amazzonico e delle sue popolazione. Anzi, ha suscitato molto allarme l’adesione, lo scorso febbraio, da parte del governo brasiliano, all’Opec+, di cui fanno parte i più grandi produttori mondiali di petrolio.

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