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Benedizione

Giorni fa il nostro “salotto-cattedrale” era pieno. Celebravamo la Messa con una famiglia francese: padre, mamma, tre ragazze e il loro fratello. Una di loro fa parte di una associazione che lavora a Tunisi e che ha già incontrato padre Anand. Sono provenienti da un villaggio di campagna francese dove il prete, quando arriva, celebra in casa loro perché sono gli unici fedeli praticanti. Con noi hanno condiviso lodi, preghiere e canti col loro cellulare, segno che sapevano pregare insieme. Ci hanno informato della sinodalità della Chiesa voluta da Papa Francesco, solo che sono i pochi a fare sinodo in una Francia sempre più povera di preti e di fedeli nelle chiese. Ieri a mezzogiorno abbiamo pranzato con due italiani, marito e moglie nati in Tunisia. Il padre del marito siciliano era partito giovane per l’America. A New York fu rimandato in Italia. Giunto a Napoli, vide una nave in partenza e finì a Tunisi. Ora fanno parte di un’associazione che collabora coi salesiani e con la Caritas. Con loro una famigliola tunisina con bambina. Giorni fa eravamo con un’infermiera francese, un medico e un industriale italiani. Presto avremo altri incontri. Trovarsi insieme in un Paese straniero fa venir voglia di scambiarsi impressioni e condividere un momento in buona compagnia. Sapendo che siamo missionari, alcuni ci chiedono la Messa. Sì, è bello anche stare insieme in un ristorante, ma chi partecipa a una Messa, magari dopo mesi o anni, si sente dopo, aver pregato, con qualcosa dentro, più vivo, più unito, meno solo. Anche il missionario è contento perché condivide un momento con un senso di grande importanza ed efficacia. Noi missionari vediamo tante persone in giro per il mondo, di professione, lingua, cultura, religione diverse, anziani e giovani. Non passiamo inosservati. Per alcuni rappresentiamo qualcosa che li tocca. Parlando con loro si riaprono grappoli di ricordi, si ravviva qualche lampada o fuoco non ancora spenti, si accendono nuovi interrogativi.  Viene allora spontanea la domanda: «Sentirsi qui per che cosa»? Nei Paesi del Maghreb, ascolti spesso la parola baraka per ogni avvenimento e situazione, barak alla u fik, barak alik. È la benedizione che si dichiara o si augura a chi si incontra. Oggi, primo giorno dell’anno nuovo, noi tutti siamo dentro la baraka, ricevuta alla Messa. Benedizione pronunciata da Aronne: «Il Signore volga il suo volto su di te e ti porti la pace».

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