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La forza dell’albero nelle radici

Il movimento missionario della diocesi di Treviso, così definito dal vescovo Antonio Mistrorigo negli anni Sessanta, ebbe le sue origini nel 1922 quando il vescovo Longhin aprì la porta della canonica di san Martino Urbano a padre Gaetano Filippin che incominciava una casa apostolica e che divenne il seminario dell’Immacolata per le Missioni Estere. Da allora fino ad oggi, dalle diocesi del Triveneto partirono in tante parti del mondo più di 150 missionari del Pime e la diocesi di Treviso nel 1993 poteva contare 900 missionari tra religiosi, religiose, laici e preti diocesani. Da dove la forza di questo movimento missionario? Il Concilio Vaticano II ha detto che la missione nacque nel cuore della Trinità, quando cioè il Figlio fu mandato dal Padre perché nessuno di noi andasse perduto e quando lo Spirito Santo fu mandato per accompagnare gli apostoli. Due forze muovevano la Chiesa e la diocesi di Treviso. La prima, quella centrifuga, che portò figli e figlie di Treviso nell’America Latina e in Africa. La seconda, quella centripeta che manteneva uniti in Gesù tutti coloro che operavano per l’evangelizzazione, sia in missione che in patria. La missione donava a tutti il pieno senso della vita, il dono di sé e della comunione. La terra di Treviso era santificata e tenuta unita da san Pio X, beato Longhin, Santa Bertilla, Ven. Bernardo Sartori, martire Valeriano Fraccaro, padri Gaetano Filippin, Angelo Bacchin, Pietro Bonaldo, don Mario Bortoletto, don Angelo Santinon, don Luigi Cecchin e Luciano Bottan. Oggi Mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso, dice: «Gustiamo il nostro stare insieme per camminare insieme; lasciamoci toccare e trasformare dall’amore di Dio Padre che si manifesta nel Figlio amato e che ci rinnova nello Spirito». Come rinnovarci? Un albero non sopravvive senza radici. I 100 anni del movimento missionario meritano di essere ricordati, conosciuti, nella vita di quanti hanno vissuta la missione, a partire dai genitori che hanno donato i loro figli, i sacerdoti che hanno sostenuto vocazioni e opere missionarie e tanti religiosi e laici di ogni genere che amavano e lavoravano per l’opera missionaria. La vita dei missionari ricorda il senso di una vita donata per portare la conoscenza di Gesù a chi ancora non lo conosce. Parenti, amici, collaboratori sono radici di santità missionaria che vanno riaccese. Come ripartire insieme? Ecco la risposta di una animatrice missionaria che visse per le missioni e mi disse: «Ritorniamo a pregare, lo Spirito Santo, ci riaccenderà».  

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