Rapporti personali profondi
Lo scorso settembre, mentre ero in Italia, ho partecipato a un convegno su Le frontiere dell’interculturalità organizzato dal seminario teologico del Pime di Monza. Le conferenze erano tenute da persone competenti, ma per due volte non sono riuscito a trattenermi dall’esprimere una certa distanza tra il contenuto che mi appariva teorico e quello che io vivo a contatto con popolazioni di cultura e religione diversa.
Mi trovo d’accordo con quanto scrive padre Christian van Nispen, gesuita che dal 1964 ha insegnato filosofia e islamologia all’università copto-cattolica del Cairo, nel suo libro Chrétiens et Musulmans frères devant Dieu?
«Per un dialogo interreligioso con l’islam, fecondo e vero, è essenziale mettere insieme due elementi. Da una parte, la conoscenza dell’Islam (istituzioni, storia, realtà…) è importante per cogliere il senso dei termini utilizzati dall’interlocutore musulmano e il fondo del suo pensiero; infatti ogni persona è segnata, molto più di ciò che si pensa, dal sistema religioso, culturale o ideologico che ha ereditato e nel quale è stato educata.
D’altra parte, i rapporti personali profondi con alcuni musulmani non sono meno importanti.
Certo, le relazioni personali necessariamente presentano qualcosa di particolare, ma senza questa dimensione l’incontro resta astratto. La relazione permette di scoprire la fede religiosa – atto fondamentale personale – nell’esperienza vissuta di persone concrete. La scoperta dell’esperienza religiosa vissuta, dall’altro credente può creare una vera comunicazione, meglio comunione nella differenza. Cogliere il senso della fede nella vita reale delle persone illumina questa fede di una luce ben diversa da quella di una conoscenza teorica del contenuto dei dogmi dell’altra religione».
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