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Vita monastica e social media

Nell’Osservatore romano del 4 agosto 2018 leggo che il patriarca copto Tawadros II impone ai religiosi la chiusura dei profili Internet. La notizia arriva dopo l’uccisione del vescovo copto ortodosso Epiphanius, abate del monastero di San Macario il Grande (Dayr Abu Maqar), trovato senza vita all’interno del monastero all’alba di domenica 29 luglio. Il religioso è stato ucciso mentre si recava ad adempiere l’ufficio delle preghiere mattutine. La morte violenta dell’abate ha, in sostanza, impresso una brusca accelerazione al profondo ripensamento già avviato nella Chiesa copta dal patriarca sul tema della comunicazione. Alcuni giorni prima, Tawadros II ha invitato i monaci e le monache della Chiesa copta ortodossa, nessuno escluso, a chiudere entro breve tempo (un mese circa) gli account personali e gli eventuali blog sui social media, come Facebook e Twitter. Entro quel termine dovranno prendere congedo dalle forme di comunicazione considerate non appropriate alla vita monastica, se non vogliono incorrere in pene canoniche. Il Patriarca ha detto: «Il tempo è il dono più prezioso che Dio ci concede ogni giorno e bisogna saperlo usare. I cristiani devono santificare il loro tempo».                                                                                                                      Le nuove disposizioni per i monaci copti sono state formulate dal comitato per i monasteri e la vita monastica del sinodo copto, convocato dal patriarca e a cui hanno preso parte diciannove tra vescovi e responsabili dei monasteri. Le misure puntano a custodire la vita monastica nel suo tradizionale tratto di condizione appartata dalle frenesie mondane, scandita da momenti di preghiera, lavoro e silenzio. Per questo viene chiesto ai monaci anche di ritirarsi dai social media. Dopo le disposizioni ratificate dal patriarca, anche altri esponenti della gerarchia copta, come il vescovo Raphael, hanno annunciato la chiusura dei propri account e blog personali.        

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