Colombia: bambine, non spose

Dopo nove tentativi a vuoto, il Senato della Colombia ha approvato all’unanimità un disegno di legge che vieta i matrimoni precoci. «Un passo fondamentale in un Paese dove i diritti delle ragazze sono spesso violati», afferma l’attivista Ángela Anzola
Abbracci, occhi lucidi e urla di gioia in aula, perché la decima volta è stata quella buona: dopo nove tentativi, lo scorso novembre il Senato colombiano ha approvato all’unanimità un disegno di legge che vieta i matrimoni precoci. Ángela Anzola è la presidente di Fundación Plan, una delle organizzazioni promotrici del testo. Per lei, questo risultato rappresenta «un fondamentale passo avanti per garantire i diritti dei bambini, in particolare quello a una vita libera dalla violenza». Anzola spiega che in Colombia la legislazione sul matrimonio infantile era vecchia di oltre cento anni, anche se il Comitato Onu sui diritti dell’infanzia, nelle sue raccomandazioni, aveva sottolineato l’importanza di aggiornare la normativa in materia.
In che cosa consiste questo disegno di legge?
«Si tratta di un testo che stabilisce l’eliminazione nel Paese dei matrimoni e delle unioni coniugali di fatto in cui uno o entrambi i partner sono minorenni. Inoltre include una proposta per il rafforzamento della politica pubblica sull’infanzia e l’adolescenza attraverso la creazione del Programa Nacional de Proyectos de Vida per bambine, bambini e adolescenti che avrebbe come obiettivo la sensibilizzazione su effetti, cause e conseguenze delle unioni precoci. Questo programma comprenderà una strategia di prevenzione e assistenza che ci auguriamo possa mitigare l’esposizione dei giovanissimi a rischi e violenze come abusi sessuali, matrimoni e gravidanze precoci. La promozione del disegno di legge è stata condotta da Fundación Plan insieme ad altre associazioni e realtà locali, con l’appoggio tra l’altro dell’Unicef e della Società colombiana di Pediatria».
Quali sono i prossimi passi per far applicare il testo?
«Ci auguriamo che il presidente Gustavo Petro lo approvi rapidamente e che diventi legge in modo da poter implementare le misure volte a un cambiamento comportamentale e culturale e applicare le strategie di prevenzione e assistenza. Tuttavia, non possiamo ignorare il fatto che dobbiamo ancora affrontare resistenze culturali e politiche in un Paese segnato dal machismo, dalla disuguaglianza sociale e da un lungo conflitto armato. Ciò significa che la violenza di genere fa purtroppo parte della vita quotidiana. Da gennaio a ottobre 2024 in Colombia sono stati registrati 745 femminicidi, di cui 55 contro bambine e adolescenti, 72 contro donne delle comunità nere e 18 transfemminicidi».
In Senato avete esposto cartelli con la scritta “#Son niñas no esposas”, “Sono bambine, non spose”: in Colombia i matrimoni precoci sono così diffusi?
«I matrimoni e le unioni infantili precoci avvengono per lo più tra bambine e uomini adulti. Socialmente, queste relazioni sono spesso ritenute “consensuali”, ma in realtà costituiscono un esplicito rapporto di potere, oltre che un presunto reato (a seconda della legislazione di ciascun Paese in relazione all’età del consenso). Secondo il Censimento nazionale del 2018, 314.552 bambine e adolescenti tra i 10 e i 19 anni (il 15,5% del totale) hanno dichiarato di essere sposate, conviventi, divorziate o vedove, a fronte di 124.042 bambini e adolescenti che vivevano la stessa situazione (6%). Ciò dimostra che una ragazza colombiana ha una probabilità tre volte maggiore di contrarre un’unione precoce rispetto a un coetaneo maschio».
Qual è la situazione negli altri Paesi latinoamericani?
«Secondo un rapporto sul tema realizzato dall’Unicef in collaborazione con Fundación Plan e Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione-Unfpa, riferito al periodo 2010-2020, la Colombia si colloca al ventesimo posto nel mondo per quanto riguarda il numero di ragazze sposate o unite prima di compiere 15 anni e, rispetto alla regione, è all’undicesimo posto rappresentando il 23% della prevalenza di questa pratica in America Latina e nei Caraibi: al di sotto di Paesi come Nicaragua, Honduras, Cuba e Uruguay. Eppure, fino ad oggi il nostro era uno dei sette Stati latinoamericani in cui i matrimoni infantili erano legali, visto che qui le ragazze a partire dai 14 anni potevano sposarsi con l’autorizzazione dei loro rappresentanti legali, in violazione degli accordi internazionali per la protezione dei bambini».
Di che cosa si occupa la vostra fondazione?
«Lavoriamo per un mondo giusto, che promuova i diritti dell’infanzia e la parità delle bambine, attraverso progetti che puntano su diversi settori: da un’istruzione inclusiva di qualità, a cominciare dalla prima infanzia, alla promozione della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi, dalla partecipazione e la leadership di adolescenti e giovani alla protezione da tutte le forme di violenza. Ma anche imprenditoria e occupazione giovanile e costruzione della pace».
Tra i vostri progetti c’è “Ella”, “Empowerment, leadership locale e responsabilità per gli adolescenti e le giovani donne venezuelane e le comunità ospitanti”: che impatto ha avuto?
«È un progetto che mira a consentire alle ragazze, in particolare alle rifugiate e alle tante migranti venezuelane, di esercitare i loro diritti qui in Colombia, ma anche in Ecuador e Perù. Con questo progetto abbiamo raggiunto più di 25 mila adolescenti e giovani donne attraverso processi di formazione e numerose attività sportive, artistiche, musicali e culturali. La Fondazione Unimédicos, che si occupa di assistenza sanitaria alle donne, ha offerto i suoi servizi, abbiamo rafforzato le reti comunitarie e i meccanismi di protezione basati appunto sulla comunità, affinché diventi un’alleata chiave nell’accesso ai diritti nonché nella prevenzione della violenza sessuale e di genere. Abbiamo fornito apparecchiature mediche, attrezzature informatiche e tecnologiche. Collaboriamo con dodici organizzazioni della società civile per rafforzare le loro capacità in termini di protezione di bambine e giovani donne. Sono state affrontate anche questioni come la xenofobia e la discriminazione».
Esistono diseguaglianze evidenti tra bambini e bambine e tra aree urbane e rurali?
«Secondo le proiezioni del Dipartimento amministrativo nazionale di statistica-Dane per il 2023, nelle aree urbane la percentuale dei matrimoni infantili e delle unioni precoci sarebbe del 2,9%, rispetto all’8,5% nelle aree rurali. Per quanto riguarda la povertà, sempre secondo il Dane, nel 2023 il 27,8% delle famiglie con capofamiglia donna nelle aree rurali si trovava in una condizione di povertà multidimensionale, a fronte del 23,6% delle famiglie con capofamiglia uomo. Questo divario è evidente anche nelle aree urbane, dove il 10% delle famiglie con capofamiglia donna vive in condizioni di povertà multidimensionale».
In che modo si possono sradicare le disuguaglianze?
«È essenziale riconoscerne le cause strutturali per affrontarne le radici. Allo stesso modo, dobbiamo lavorare a livello individuale, sociale e comunitario e con i decisori politici per rispondere sempre più alle esigenze particolari dei settori più vulnerabili della popolazione. Ciò richiede sia la volontà politica, sia un adeguato stanziamento di risorse».
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