In che anno siamo?

DIARIO DA ALGERI

 

In che anno siamo? Domanda scontata se posta in Italia, ma non qui in Algeria. Come voi siamo nel 2020, si capisce, ma basta cambiare riferimento per tornare indietro nel 1441, secondo il calendario islamico, o fare un balzo in avanti in quello che è il 2970 per il calendario berbero, utilizzato dalle popolazioni dell’Africa del Nord. Tutto dipende dal punto di vista: noi cristiani abbiamo appena iniziato la Quaresima e i nostri fratelli musulmani inizieranno il Ramadan il mese prossimo. Credo sia l’anno liturgico, con i suoi diversi tempi, che mi fa interrogare: in che anno mi sento? Da un lato la preghiera quotidiana ci proietta verso la Pasqua, e nella grande veglia avverranno i battesimi dei catecumeni: raramente bambini, si tratta di solito di giovani algerini o africani (studenti subsahariani) che hanno fatto un cammino di preparazione lungo tre anni e decidono per una scelta coraggiosa, controcorrente in un Paese al 99,9% musulmano.

Dall’altro il ritmo della società intera cambia durante il Ramadan: la notte diventa il giorno e viceversa! Un mese speciale, di digiuno sì, ma anche di festa: la sera una sirena annuncia la rottura del digiuno, si mangiano tmer wa lben (datteri e latte cagliato), poi la chorba e i burek (una zuppa e degli involtini) e tutti escono per strada, anche le donne, che non si vedono mai fuori la sera durante gli altri undici mesi dell’anno. Concerti, mostre, spettacoli si svolgono ovunque durante la notte. I problemi cominciano la mattina dopo: chi ha voglia di svegliarsi presto e andare al lavoro? Gli orari cambiano: l’ora di punta non è più tra le 7 e le 9 ma due ore dopo, la gente è stanca e impaziente (non potendo né mangiare, né bere, né fumare) e lavorare diventa più difficile: c’è chi va addirittura in vacanza tutto il mese per evitare problemi!

Durante il Ramadan mi sento nel 1441: seguo il ritmo antico di questa società che mi avvolge. La quale però è la stessa – soprattutto i giovani – che da oltre un anno vive el hirak (“la rivoluzione”): tutte le settimane, specialmente il venerdì, milioni di persone scendono in piazza pacificamente chiedendo riforme, giustizia, un Paese migliore. Cosa è cambiato? In primis il presidente della Repubblica (da Bouteflika a Tebboune). Ci sono poi stati i primi grandi processi per corruzione della classe politica e dell’élite economica (una vera tangentopoli all’algerina, con condanne di tutto rispetto ed ex primi ministri in carcere) e l’avvio delle riforme che aprono a un periodo di transizione. Il nostro vescovo sostiene che attraverso tutta questa gente lo Spirito soffia, e con potenza! Io, quando parlo con questi giovani aperti, sognatori ma con i piedi ben ancorati nella realtà, mi sento già nel 2970! E non posso che pormi la stessa domanda: in che anno siamo?