Papua Nuova Guinea: dopo Bonivento a Vanimo un vescovo locale

Papua Nuova Guinea: dopo Bonivento a Vanimo un vescovo locale

Papa Francesco ha accettato la rinuncia per raggiunti di limiti di età presentata dal vescovo missionario del Pime. Gli succede il sacerdote papuano Francis Meli, del clero della diocesi di Rabaul

 

Dopo venticinque anni di episcopato lascia la guida della diocesi di Vanimo, in Papua Nuova Guinea, mons. Cesare Bonivento, vescovo missionario del Pime. Papa Francesco ha accolto oggi la sua rinuncia presentata ai sensi del diritto canonico per raggiunti limiti di età e ha nominato come successore un sacerdote papuano: si tratta di padre Francis Meli, 55 anni, finora vicario giudiziale dell’arcidiocesi di Rabaul e parroco della Cattedrale di Sacred Heart a Vunapope. Anche per la diocesi di Vanimo – eretta nel 1963 come prefettura apostolica affidata inizialmente ai missionari Passionisti australiani – è giunto quindi il momento del passaggio a un vescovo nativo della Papua Nuova Guinea.

Originario di Chioggia, 77 anni, mons. Bonivento insieme a padre Giulio Schiavi faceva parte del primo gruppo di missionari del Pime che ritornarono in Papua Nuova Guinea nel 1981, 136 anni dopo il tragico epilogo della prima spedizione missionaria dell’istituto in Melanesia, nella quale nel 1855 morì martire il beato Giovanni Mazzucconi. Bonivento è stato parroco per alcuni anni a Watuluma sull’isola di Goodenough prima di essere chiamato nel 1992 da Giovanni Paolo II a guidare la diocesi di Vanimo. Una Chiesa di un’area vastissima (30mila chilometri quadrati, più estesa di regioni italiane come la Puglia o la Sicilia) ma con una popolazione di soli 110 mila abitanti sparsi tra le località della costa e i villaggi interni del bush. Una frontiera missionaria, alle prese anche con rapporti non sempre semplici con i gruppi evangelici locali, ma che in questi anni ha conosciuto una crescita importante in termini di vitalità.

«Un aspetto sorprendente della Papua Nuova Guinea è l’entusiasmo della fede in chi si converte a Cristo – raccontava mons. Bonivento qualche anno fa in questa intervista rilasciata a padre Gheddo -. La voglia di parlare, di comunicare la propria esperienza religiosa, l’amore a Cristo. I pentecostali “convertono” rapidamente molti tribali portando loro la Bibbia (o alcune parti di essa) e lasciando a tutti piena libertà di parola. Nelle loro assemblee ciascuno parla, predica, proclama la propria fede. Anche i cattolici vogliono parlare nelle piazze e io li incoraggio a dare la loro testimonianza. Vanno nei mercati, dove si raduna la gente. Portano con sé anche la banda musicale per fare un po’ di baccano, montano gli altoparlanti e poi predicano; e la gente è contenta di sentirli. Io dico sempre loro che la predicazione deve essere accompagnata dalla testimonianza della vita e dalla preghiera, altrimenti non funziona e può anche scandalizzare».

Una delle grandi priorità dell’episcopato di mons. Bonivento in questi anni è stato il seminario, che ha cominciato a donare anche a Vanimo un clero locale. Anche per questo la nomina come successore di un vescovo nato in Papua Nuova Guinea è un fatto significativo.