Nella provincia indiana dove le suore di Madre Teresa due anni fa finirono nell’occhio del ciclone per le accuse di traffico di adozioni trasformate dai nazionalisti indù in una campagna generalizzata e infamante, oggi -insieme al nuovo governo locale – hanno aperto una nuova mensa per i poveri che hanno perso tutto a causa del «lockdown»
Con un reddito pro-capite giornaliero di 100-300 rupie – tra 1,2 e 3,6 euro al giorno – la maggior parte dei lavoratori del settore informale già in condizioni normali ha appena di che nutrirsi. Oggi non ha più nemmeno quello. E un test per il coronavirus si paga 4500 rupie
Per il momento i casi ufficialmente rilevati sono 425, concentrati soprattutto nel Rajasthan. Un numero esiguo per un Paese di 1,4 miliardi di abitanti, ma ieri si è svolta comunque una giornata di chiusura generale di tutte le attività. In caso di estensione del contagio preoccupa la divaricazione tra metropoli immense e aree rurali
Nella diocesi di Bagdogra, nello Stato del West Bengal al confine con il Bangladesh, il Pime ha preso in consegna la parrocchia dell’Holy Cross. Padre Prasant Kumar Gunja: «Qui manca tutto, la popolazione è molto povera, lavora nelle piantagioni di tè e non frequenta la scuola. Proprio per questo, è ancora più forte la mia fame a voler fare di più per questa gente»
Non si placano in India le proteste dei musulmani per le modifiche alla legge sulla cittadinanza, voluta dal presidente Modi. Che cosa dice davvero questo provvedimento è perché rischia di aprire la strada a discriminazioni sempre più pesanti
Dopo l’improvvisa revoca dell’autonomia, la regione indiana a maggioranza musulmana è sotto massima sorveglianza. E mentre soffiano venti di guerra, la gente soffre. Compresi i pochi cristiani