Dal Kerala ferito le voci degli sfollati e della solidarietà

Dal Kerala ferito le voci degli sfollati e della solidarietà

Il racconto di un ex studente del Pime dalla regione in cui le alluvioni hanno sommerso intere città, lasciando senza casa un milione di persone: «A casa mia stiamo ospitando due famiglie indù e una famiglia musulmana, non abbiamo mai vissuto un’esperienza del genere. L’altra faccia del dolore è un’esperienza stupenda di armonia e di amore. E da qui prego anche per le vittime del Ponte Morandi»

 

Dal Kerala continuano ad arrivare testimonianze drammatiche sull’alluvione – la più devastante da cent’anni a questa parte nel Sud dell’India, che ha già provocato più di un milione di sfollati. Sono racconti che coinvolgono direttamente anche alcuni padri e seminaristi del Pime, originari di questo Stato dell’India.

AsiaNews oggi ha rilanciato il racconto di padre Shanthi Chacko Puthussery, missionario prima in Papua Nuova Guinea e ora negli Usa, che proprio in queste settimane si trovava a Chalakudy in Kerala per visitare i genitori anziani e ammalati. «La nostra casa è sott’acqua fino al primo piano. I miei genitori sono andati a vivere da mio cugino, dove sono ospitati anche una diecina di anziani e malati. Mio fratello minore, sua moglie e i bambini sono in un altro posto, con centinaia di altri sfollati. L’altro mio fratello, sua moglie e i figli erano giunti da Dubai [dove lavorano] per due settimane. Andati a Trivandrum per un matrimonio, sono stati colti dalla piena. Ora sono da qualche parte in un campo vicino a Ernakulam, insieme ad altre 500 persone. Solo a Cochin sono stipati almeno 60mila persone nei campi. Chiedo a tutti voi di ricordarci nelle vostre preghiere» (leggi su AsiaNews il resto della testimonianza di padre Shanthi).

Insieme all’angoscia per una situazione così drammatica dal Kerala giungono però anche testimonianze importanti sulla mobilitazione della Chiesa locale e la solidarietà che in questi momenti unisce, al di là di ogni barriera. Lo racconta bene Biju Veticad, un ex studente del Pime rientrato da qualche mese a Changanacherry in questa testimonianza inviata in queste ore al superiore generale dell’istituto, padre Ferruccio Bambillasca.

«Nelle parrocchie della nostra diocesi abbiamo accolto più di 40 mila persone che vengono da Alappuzha, la zona più colpita qui vicino a Changanacherry. Sono impegnato nei centri di accoglienza e mi sono recato personalmente in alcune delle periferie abbandonate. Ero tornato in Kerala nel maggio scorso e mi è sembrato di trovarmi qui proprio per essere utile agli altri. A casa mia stiamo ospitando tre famiglie: due famiglie indù e una famiglia musulmana, non abbiamo mai vissuto un’esperienza del genere. L’altra faccia del dolore è un’esperienza stupenda di armonia e di amore. La gente non parla di religione o di politica… tutti si danno da fare come possono. Le nostre parrocchie e la diocesi hanno già avviato gli interventi per il recupero della zona di Alappuzha, che rimarrà sott’acqua ancora per qualche settimana: essendo in una zona bassa, tutta l’acqua normalmente va a finire lì. So che avete diversi confratelli originari del Kerala (e anche tante Missionarie dell’Immacolata originarie di questa regione): siccome ho vissuto in prima persona questa esperienza, ho pensato di condividerla per chiedere la vostra preghiera. Chiediamo al Signore che ci dia la grazia di rialzarci tutti insieme. Da parte mia sono aggiornato delle notizie sul crollo del Ponte Morandi a Genova: ricordo anch’io l’Italia nella mia preghiera».

Foto: Caritas India