«Dalla mia Indonesia ferita al Sinodo»

«Dalla mia Indonesia ferita al Sinodo»

Anastasia, voce dei giovani di Giakarta al Sinodo dei giovani in corso in Vaticano: «Vogliamo diffondere il messaggio che è possibile vivere armoniosamente». L’indiano Percival: «Con lo smartphone in mano, tra vecchio e nuovo nelle nostre società ma anche con il rischio di appiattirci sui modelli occidentali»

 

Vengono dalle capitali di due grandi nazioni asiatiche e partecipano entrambi come uditori al Sinodo sui giovani in corso in Vaticano. Sono Anastasia e Percival, da Giakarta e New Delhi, determinati e fieri di dare il loro contributo in questo importante momento della Chiesa.

Anastasia Indrawan ha quasi trent’anni, un inglese impeccabile e un entusiasmo contagioso, quando parla dell’incredibile esperienza che sta vivendo a Roma. Non dimentica, però, la sofferenza della sua Indonesia, per i recenti terremoti e lo tsunami che hanno seminato migliaia di morti e dispersi. «Il grado del disastro è stato indicibile. È straziante, ma la cosa positiva è che molte persone ci stanno facendo domande – afferma Anastasia -. In questo momento abbiamo bisogno di preghiere e di sostegno. Siamo qui nel centro della Chiesa Cattolica e molto aiuto può essere mandato. Significa molto per noi che Papa Francesco ci menzioni nelle sue preghiere».

Anastasia racconta con emozione questi giorni del Sinodo in cui ha partecipato ai gruppi di discussione, ha espresso la sua opinione e si è confrontata con altri giovani. «Ho visto i vescovi mostrare che si interessano davvero a noi», spiega.

Da due anni volontaria per la conferenza dei vescovi in Indonesia, è stata proprio Anastasia a tradurre il documento preparatorio al Sinodo ed è stata scelta poi per portare in Vaticano la voce dei giovani del suo Paese. «Noi indonesiani viviamo in una società multiculturale. Molti gruppi etnici, religioni, lingue: è la nostra vita quotidiana – afferma -. Vogliamo diffondere il messaggio che è possibile vivere armoniosamente». Un altro argomento chiave riguarda la questione dell’accompagnamento dei giovani e il cambio di atteggiamento di base della Chiesa. «Molti dei nostri problemi vengono dalle parrocchie ed è su quel livello che vogliamo dei cambiamenti», continua Anastasia.

Anche per i giovani dell’India di oggi la questione fondamentale da affrontare è legata alla globalizzazione. Ne parla il giovane Pecival Holt, venticinque anni, laureato in biotecnologie: «In India, da quando sono arrivati gli smartphone negli ultimi dieci anni, c’è il problema dell’imitazione della cultura occidentale. I giovani non sono in grado di equilibrare i loro desideri e le aspettative dei familiari, della società riguardo alla carriera, alla professione, ai soldi, allo stile di vita». Secondo Percival, i giovani sentono di venire da un sistema vecchio, ma vogliono vivere come nella cultura occidentale. «La Chiesa non può cambiare questo, ma può cercare di capire la situazione e fornire per esempio delle piattaforme dove instaurare un dialogo per poterli aiutarli nelle loro decisioni», afferma.

Anastasia e Percival sono cresciuti in famiglie cattoliche, che hanno trasmesso loro la fede. Eppure conservare questo dono nella società in cui vivono è stato faticoso. «Ho scoperto la fede realmente attraverso la mia esperienza di vita – spiega Anastasia -. Quando ero più piccola pensavo: “Se posso trovare Dio nelle mie preghiere perché devo andare a Messa?”. Poi sono andata in Cina per i miei studi universitari e lì, per le restrizioni che ci sono, ho visto quanto siano preziose l’Eucarestia e le nostre tradizioni. Ho riscoperto la fede e ho realizzato la chiamata a condividere la mia fede e a non tenerla solo per me».

La presenza dei giovani al Sinodo rende l’atmosfera delle riunioni tra i vescovi e il Papa molto più rilassata, a detta di molti. «Siamo tutti nella stessa residenza e quindi consumiamo i pasti insieme, siamo davvero un unico gruppo, eccetto durante le riunioni del Sinodo, in cui noi giovani sediamo separati», racconta Anastasia.

«Ciò che mi ha colpito più di tutto è la consapevolezza della Chiesa di aver commesso errori – commenta Percival -. I vescovi ci chiedono cosa si può fare perché riacquisti credibilità e perché siano riparati gli errori. Si è discusso molte volte degli errori commessi».

I giovani uditori si sono organizzati tra di loro per incontrarsi singolarmente e far sì che il loro contributo sia il più efficace possibile. Briana Regina Santiago, la ragazza statunitense che ha dato per prima la sua testimonianza davanti ai vescovi, ha raccontato: «Volevo conoscere le loro impressioni e tutti hanno detto che hanno sentito molta accoglienza – spiega -. Ho chiesto loro di scrivere di volta in volta ciò che li colpisce di più, per poi poterlo condividere in aula. È bello che ci sia l’applauso, il commento e la reazione. Ma la Chiesa ha bisogno che diamo la nostra parola». I giovani uditori sono chiamati dunque a un compito serio e impegnativo, pur rimanendo loro stessi: dei semplici ventenni pieni di entusiasmo, aspettative, speranze, progetti. Come Anastasia, che, sorridendo, racconta: «L’anno prossimo mi sposo…».