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Icona decorativaIcona decorativa21 Ottobre 2025 Rebecca Molteni

Boom del solare in Africa

Il continente africano sta mettendo nuove basi per la transizione energetica. E negli ultimi dodici mesi, ha importato una quantità record di pannelli dalla Cina. Che, a sua volta, guarda sempre di più all’Africa come partner commerciale

Oltre 20 Paesi africani, negli ultimi 12 mesi, hanno importato dalla Cina una quantità record di pannelli solari. Lo rivela un report di EMBER, think tank che si occupa di ricerca sulla transizione energetica e che nel suo studio ha raccolto i dati di questo “decollo solare”. Questo boom potrebbe avere un enorme impatto sulla produzione di energia nel continente. Intanto, il colosso asiatico, alle prese con i dazi USA, guarda sempre più all’Africa come partner commerciale.

Attualmente solo Sudafrica ed Egitto possiedono una capacità solare misurabile in Gigawatt (Gw), mentre il resto del continente si ferma ai Megawatt (Mw). Da giugno 2024 a giugno 2025, l’acquisto di pannelli è però aumentato del 60%: e almeno 25 Paesi hanno importato fino a 100Mw in pannelli solari, ovvero tra i 250 e i 500 mila dispositivi, a seconda della capacità del singolo.

Non è la prima volta che si registra una simile impennata. Dal 2021, ad esempio, il Pakistan è in cima alle classifiche delle esportazioni cinesi. Dopo la pandemia di Covid, infatti, il Paese asiatico ha installato un pannello solare su quasi ogni tetto dei suoi centri urbani. L’Africa è ancora molto lontana da questi risultati, ma la transizione energetica sta diventando sempre più importante, sia per i leader di governo, sia per le comunità locali.

Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), la Cina è lentamente diventata il maggior produttore e fornitore di fotovoltaico al mondo: controlla infatti più dell’80% di ogni fase della filiera di produzione. L’Amministrazione generale delle dogane cinesi rivela che le esportazioni in Africa sono cresciute tra le due e le quattro volte più rapidamente rispetto a quelle delle altre grandi regioni (Europa, Asia e America Latina). Le tariffe doganali degli Stati Uniti hanno spinto Pechino a reindirizzare il proprio commercio: e infatti le esportazioni verso gli USA sono crollate del 15,5%.

Tra i Paesi che hanno registrato l’incremento più rilevante d’importazione di pannelli solari ci sono l’Algeria (33 volte superiore ai precedenti 12 mesi) e la Nigeria, che ha surclassato l’Egitto nella graduatoria. Il Sudafrica si riconferma invece in assoluto il maggior importatore. Un dato non così inaspettato, considerato che è anche il Paese che per primo ha preso parte a una Just Energy Transition Partnership (JETP, ossia una Partnership per una giusta transizione energetica) in occasione della Cop26 di Glasgow (2021). Anche in questo caso, il Paese guidato da Cyril Ramaphosa si dimostra in prima linea per l’azione climatica a livello continentale.

Nonostante questi progressi, tuttavia, la situazione in buona parte dell’Africa rimane piuttosto critica. Secondo i dati emessi dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a giugno 2024, almeno 685 milioni di persone nel mondo non avevano accesso all’elettricità, e almeno 570 milioni di queste vivono in Africa Subsahariana. Inoltre, in molte regioni del continente persistono problematiche legate all’inquinamento prodotto da combustibili e da tecnologie non pulite, compreso l’uso domestico di legna e carbone per la cucina. L’Oms stima almeno 3,2 milioni di morti premature all’anno legate all’inquinamento da cottura tradizionale.

In Paesi come la Nigeria, grandi produttori di petrolio, l’uso di carburanti per i generatori è ancora molto diffuso. I nuovi pannelli solari sono pensati proprio per ridurre la dipendenza dal diesel, il cui approvvigionamento è costoso e meno efficiente. In Nigeria, per esempio, un pannello da 420 watt si vende a 60 dollari, ed è capace di produrre, in un anno, il doppio dell’energia che si otterrebbe spendendo la stessa cifra in carburante. L’investimento iniziale si ripaga in pochi mesi, e garantisce energia praticamente gratuita per gli anni successivi. L’energia solare, inoltre, è utile per favorire la diffusione di sistemi di cottura “puliti” (clean cooking) come parte delle politiche per la transizione energetica, ma anche per favorire la riduzione dell’inquinamento domestico e del disboscamento.

EMBER, comunque, specifica che i dati sui futuri incrementi di produzione energetica nel continente africano non tengono in considerazione le possibili sottostime e sovrastime. Per esempio, nell’Africa subsahariana spesso non vengono considerati i numeri delle installazioni off-grid (cioè autonome, al di fuori della griglia nazionale); inoltre, le proiezioni si basano su un potenziale teorico dei pannelli, e dunque non sono del tutto affidabili. Le reali conseguenze e i benefici si vedranno solo in seguito alle effettive installazioni e all’utilizzo dei dispositivi.

Anche se ci vorrà ancora del tempo per un consistente passaggio al solare, i passi compiuti finora potrebbero essere l’incipit di un cambiamento sempre più tangibile, soprattutto in un momento storico in cui gli Stati Uniti sono usciti dall’Accordo di Parigi, che mira a combattere i cambiamenti climatici limitando il riscaldamento globale, e la stessa Unione Europea sta “frenando” sul Green Deal.

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