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Icona decorativaIcona decorativa12 Giugno 2018 Emanuela Citterio

Ruanda: teatro per la riconciliazione

È possibile rielaborare l’evento più tragico nella storia di un Paese anche attraverso il teatro? Ci prova l’Ubumuntu Arts Festival, che si apre domani a Kigali.
Si terrà a Kigali dal 13 al 15 luglio e porterà nella capitale del Ruanda 19 produzioni teatrali da diversi Paesi, africani e non, che andranno in scena alla fine dei cento giorni di commemorazione del genocidio dei Tutsi del 1994. L’Ubumuntu Arts Festival è prodotto dalla Mashirika Performing Arts and Media Company, con l’obiettivo di aiutare le comunità ruandesi a unirsi e a rielaborare insieme quanto accaduto, e l’auditorio internazionale a capire quanto accaduto ormai 24 anni fa. Nell’anfiteatro del Memoriale del genocidio a Kigali terranno le loro performance compagnie sia ruandesi che provenienti da altri Paesi, fra cui Uganda, Kenyam Burundi, Belgio, Iraq, Egitto, Canada, Polonia, Zimbabwe, Sudafrica e Sri Lanka. Il filo conduttore del festival è il concetto di “ubuntu”, di cui ha spesso parlato l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu. Si tratta di un termine in lingua bantu per esprimere la propria benevolenza verso il prossimo, la frase bantu Umuntu ngumuntu ngabantu significa (più o meno) “io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo”; concetto che evoca l’interdipendenza fra gli esseri umani e il cammino comune verso una maggiore fraternità. Durante i giorni del festival, giunto alla quarta edizione, le rappresentazioni teatrali sono accompagnate da eventi, seminari, tavole rotonde e visite al Memoriale del genocidio. Nel 1994, oltre 800.000 persone vennero sistematicamente uccise in tutto il Ruanda. Si trattava per la gran parte di Tutsi, ma tra le vittime vi furono anche Hutu moderati, Twa e altri. Il Kigali Genocide Memorial Centre è stato inaugurato nel 10° anniversario del genocidio, nel 2004. Il centro è situato nel sobborgo di Gisozi, dove 250.000 persone trovarono il loro ultimo riposo in una fossa comune, un numero surreale. Tre mostre permanenti spiegano l’accaduto: come è cresciuta la tensione tra gruppi etnici nel piccolo paese africano, cosa ha scatenato il genocidio e come si spiegherebbe questa tragedia sotto l’occhio vigile delle forze di pace delle Nazioni Unite.
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