Brasile: la settimana rovente che segnerà una svolta

Brasile: la settimana rovente che segnerà una svolta

Oggi la commissione ad hoc della Camera dei deputati vota sull’impeachment della presidente Dilma. Entro il 18 ci sarà il voto di tutta la Camera. Una settimana rovente che segnerà le sorti del governo in Brasile, in mezzo a una crisi economica e con le Olimpiadi che inizieranno a Rio tra meno di quattro mesi.

 

Riuscirà la presidente del Brasile Dilma Vana Rousseff a concludere il suo mandato che scade il 31 dicembre del 2018 o sarà costretta già prima delle Olimpiadi a lasciare il palazzo di Planalto? Ce la farà il suo mentore, Luiz Inácio Lula da Silva, che già guidò il Paese dal 2003 al 2010 ed intende ricandidarsi nel 2018, ad insediarsi come ministro? Sono queste le due domande che tutti i media verde-oro si stanno ponendo da settimane e che hanno fatto passare in second’ordine i primi Giochi mai ospitati da una nazione del sudamerica che, per la cronaca, inizieranno a Rio tra meno di quattro mesi.

Per rispondere alle due domande chiave è bene chiarire il cronogramma giuridico-istituzionale dei prossimi giorni in cui si deciderà se l’impeachment di Dilma, cui è legata a filo doppio la nomina a ministro di Lula, andrà o meno in porto.

Oggi la Commissione ad hoc della Camera dei deputati voterà a favore o meno della cassazione di Rousseff per presunti crimini fiscali. Lo scorso ottobre, infatti, la Corte dei Conti brasiliana (TCU) aveva denunciato che la stessa presidente aveva falsificato i conti del bilancio statale per oltre 106 miliardi di reais, quasi una Finanziaria italiana.

Il voto, in realtà è un pro forma e l’esito contro Rousseff ed il suo governo è scontato, avendo già 33 deputati (sui 65 della Commissione) annunciato il voto a favore dell’impeachment.

A quel punto, tra venerdì 15 e lunedì 18 aprile, sarà la Camera, in una seduta che si preannuncia rovente, a votare. Affinché Dilma sia allontanata per 180 giorni dalla presidenza in attesa che sia poi il Senato a dare l’ultima e definitiva parola, l’opposizione alla presidente ha bisogno dei due terzi dei voti, ovvero di 342 suffragi sui 513 deputati presenti in aula.

Difficile dire come andrà a finire. Sinora Rousseff ha raccolto appena 108 voti a favore, contro i 308 che invece hanno preannunciato che voteranno affinché se ne vada a casa. Una grande differenza ma non sufficiente tuttavia ed, allora, da una settimana, entrambi i fronti stanno tentando di convincere i deputati “indecisi” – in tutto 97 – a colpi di futuri incarichi ministeriali, budget extra e moneta sonante in quello che molti media verde-oro hanno definito un vero e proprio “mercato delle vacche”.

Se questa è la turbinosa situazione politica, altrettanto grave è lo scontro istituzionale che vede contrapposti le più alte sfere del potere giudiziario, da oltre due anni impegnato nella più grande inchiesta anticorruzione mai vista a queste latitudini, e l’esecutivo, accusato di essersi perpetrato al potere con tangenti miliardarie frutto del saccheggio di Petrobras, la compagnia petrolifera brasiliana oggi sull’orlo del fallimento.

A complicare ulteriormente la situazione in questa situazione di stallo in cui il governo Rousseff impiega il 100% del suo tempo per difendersi dalle gravi accuse di corruzione della magistratura, c’è infine una crisi economica che, ogni giorno che passa, non fa altro che aggravarsi.

Per cercare di risolvere l’impasse, oltre due settimane fa Rousseff aveva deciso di nominare Lula ministro della Casa Civil, l’incarico di governo più importante in Brasile dopo la presidenza, una sorta di super-ministero.

La nomina, tuttavia, è stata bloccata dal Supremo Tribunale verde-oro per il sospetto che Dilma abbia scelto Lula soprattutto per garantirgli l’immunità di cui godono i ministri ed evitargli così un possibile arresto.

Il fermo dell’ex presidente Lula il 3 marzo scorso è stato infatti il segnale inequivocabile che per l’ex presidente dei poveri le cose si stavano mettendo male. Soprattutto da quanto un magistrato di provincia Sergio Moro, procuratore del distretto di Curitiba, ha scoperchiato il vaso di Pàndora della corruzione e ha dato il via all’operazione che va sotto il nome di Lava Jato.

Finora in questa Mani Pulite brasiliana sono finiti in carcere ex direttori e dirigenti della compagnia statale oltre al gotha delle principali multinazionali brasiliane e a una sessantina di parlamentari e uomini politici dei partiti di governo, il Pt (Partito dei Lavoratori) di Lula e Dilma, il Pmdb (Partito del movimento democratico brasiliano) del vicepresidente Michel Temer ed il PP, il Partito Progressista, la terza forza delle 28 presenti nel complicatissimo sistema politico verde-oro.

Secondo Moro il valore totale della corruzione ha condizionato appalti per un valore di oltre 20 miliardi di euro, mentre si sta indagando su 4 miliardi di euro di “tangenti vive” che sarebbero finite nelle casse dei partiti di governo per finanziare le campagne elettorali e regalie varie. In questa ragnatela è rimasto impigliato anche l’ex presidente Lula.

A detta degli analisti sarà sciolto prima il “nodo” dell’impeachment di quello della nomina a super-ministro. Non resta dunque che attendere il 18 di aprile per capire quale sarà il destino politico del gigante sudamericano e, di conseguenza, quello di Dilma e Lula.