Madre Elisa, dal Salento alle periferie del mondo

Madre Elisa, dal Salento alle periferie del mondo

Il 25 giugno viene proclamata beata la fondatrice delle Figlie di Santa Maria di Leuca, congregazione religiosa al servizio degli ultimi che dalla Puglia ha aperto il cuore al mondo. Padre Francesco Sorrentino, missionario del Pime in Brasile, ne traccia un profilo missionario ed ecclesiale.

 

Dal Salento alle periferie del mondo. Questo il percorso missionario di Madre Elisa Martinez, che il prossimo 25 giugno sarà proclamata beata. Nata a Galatina (LE) il 25 marzo 1905 e deceduta a Roma l’8 febbraio 1991, Madre Elisa è la prima salentina ad essere elevata agli onori degli altari. Dall’estremo lembo della terra di Puglia, nella Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca (LE), nel 1938, diede inizio alla congregazione religiosa delle Figlie di Santa Maria di Leuca.

Cuore missionario

Madre Elisa fu una donna dal cuore profondamente missionario. Racchiuse tutta la sua vita nelle parole di Gesù: “Qualunque cosa avete fatto al più piccolo di questi miei fratelli l’avete fatto a me “ (Mt 25,40). Sentiva forte, infatti, l’esigenza evangelica di tendere la mano agli ultimi, ovunque stessero, anche nelle carceri. Insieme alle sue consorelle si prese cura delle madri nubili, che – non dimentichiamolo – soprattutto in passato, oltre ad essere destinatarie di un giudizio negativo da parte della società, dovevano affrontare l’incertezza di un futuro oscuro per se stesse e per i figli, senza nessun supporto familiare e sociale. Spesso erano donne del tutto abbandonate, per le quali, finalmente, grazie al carisma di Madre Elisa, si aprivano le porte di case di accoglienza, dove poter vivere, con dignità, in un clima di famiglia. Pensò anche ad opere per l’educazione infantile: nidi e scuole materne, dove i figli dei poveri e dei migranti dovevano avere precedenza, perché – diceva – «per loro paga il Signore». I “piccoli” del Regno, per Madre Elisa, erano anche gli ammalati, accanto ai quali, negli ospedali o nei lebbrosari, desiderava che le sue suore stessero presenti per l’assistenza sanitaria e quella spirituale. Non c’è dubbio: Madre Elisa Martinez fu davvero una religiosa «in uscita» verso le periferie esistenziali, dall’Italia ad altri Paesi d’Europa, agli Stati Uniti, al Canada, all’Australia, all’India e alle Filippine.

Cuore mariano

Madre Elisa sapeva benissimo che la missione è fatta anche di kenosis, di persecuzione e sofferenze. Lo aveva appreso bene dal Vangelo e lo aveva sperimentato personalmente sin dai primi anni della fondazione della sua famiglia religiosa. Aveva intuito, tuttavia, che bisognava affrontare le notti oscure della vita missionaria «in una luce mariana». In uno dei suoi scritti leggiamo: «La Madonna ci insegna, dall’Annunciazione al Calvario, che proprio le cose che sembrano inutili, sbagliate, fallite, contengono il seme della salvezza. Occorre educarsi alla fede, come Maria ha vissuto nella fede». Per tutta la vita, si aggrappò ad una solida spiritualità mariana che trasmise alla sua congregazione, tuttavia sempre attenta affinchè non si riducesse a un devozionismo sterile, fatto cioè semplicemente di pratiche esteriori.

Per Madre Elisa, infatti, devozione mariana significava, concretamente, mettersi alla scuola di Maria, imparare da lei a servire sempre meglio il Regno di Dio. «Siamo una congregazione mariana prima nello spirito che non nell’abito» ricordava alle sue consorelle.  In alcune lettere proponeva alla sua famiglia religiosa lo stile contemplativo della Madre di Gesù, che conservava tutto nel suo cuore (cfr. Lc 2,16-21). Per lei era questa la chiave decisiva per vivere bene la missione: «Ecco un atteggiamento necessario per mantenere la vita religiosa aperta ai suggerimenti dello Spirito: saper tacere per poter meditare. Ma saper anche ascoltare per trovare su che cosa meditare».

Cuore ecclesiale

Dagli scritti della nuova beata emerge chiaramente una forte coscienza ecclesiale. Madre Elisa, infatti,  aveva compreso benissimo che la missione, in fondo, non era un fatto personale o legato unicamente alla sua famiglia religiosa. Il suo cuore missionario e mariano pulsava nella Chiesa e con la Chiesa: «Siamo portatrici dell’immagine di Cristo nel mondo, non strumenti di attività… Mandate dalla Chiesa, non rappresentiamo noi stesse: nella fedeltà alla nostra missione, noi siamo legate alla Chiesa, nostra Madre, e per vocazione, siamo la sua presenza nel mondo». Il suo spirito ecclesiale, inoltre, si manifestava nella costante preoccupazione per le vocazioni. Non guardava soltanto al suo Istituto religioso, ma aveva una visione ampia, «perché si tratta di un problema ecclesiale e quindi fa parte delle necessarie preoccupazioni di ogni religiosa che si riconosca figlia della Chiesa», come scrisse in una delle sue circolari.

Per Madre Martinez, l’autentica animazione vocazionale camminava con due gambe: la preghiera e la testimonianza «del come noi viviamo la nostra consacrazione». Vale la pena sottolineare che Madre Elisa ha amato la Chiesa non solo per le belle riflessioni messe per iscritto, ma soprattutto per ciò che ha vissuto sulla sua pelle. Proprio dall’interno della comunità cristiana, infatti, ricevette ingiustizie e calunnie. Il suo cuore ecclesiale tuttavia, non si chiuse, ma si spalancò. Per il suo grande amore alla Chiesa, affrontò tutto con la saggezza evangelica di chi sa che «se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; se invece muore produce molto frutto» (Gv 12,24-26).

Con tutta se stessa

In tempi in cui i buoni esempi sembrano non fare notizia e la fede per molti si è ridotta a un ornamento più che a una relazione che chiama in causa l’esistenza, abbiamo bisogno di conoscere persone che non solo hanno creduto, ma esse stesse son diventate credibili con la loro testimonianza. La parabola evangelica dell’uomo che vende tutto ciò che possiede per acquistare il campo dove è nascosto un tesoro (cfr. Mt 13,44), sintetizza perfettamente ciò che Madre Martinez è stata ed ha compiuto. Si è donata senza sconti, perché in Gesù Cristo aveva incontrato la ragione del suo vivere. Donna intraprendente, sempre attenta ai segni dei tempi, affinché il carisma ricevuto da Dio non stagnasse in lei, ma fosse sempre messo e rimesso a servizio del Vangelo e dei poveri. Chi l’ha conosciuta personalmente testimonia che ha vissuto la santità nel quotidiano: tra la cappella e la cucina, nella vita comunitaria, nei lunghi viaggi senza uno spicciolo in tasca, con i suoi gravi problemi di salute e i mille ostacoli da superare, accogliendo tutti e difendendo la vita e la dignità umana. Con tutta se stessa, Madre Elisa Martinez è passata fra noi facendo il bene ed ora che la Chiesa la proclama beata – ne siamo certi – continuerà a farlo.