Skip to main content

La libertà oltre le sbarre

Verrà premiato questa sera a Milano Valdeci Antônio Ferreira, missionario laico comboniano, direttore del Centro internazionale di studi sul metodo Apac, Associazione di protezione e assistenza ai condannati, che gestisce 69 centri di riabilitazione in Brasile e ne ha ispirati molti altri nel mondo. Italia compresa

Da oltre cinquant’anni, da quando cioè nel 1972 l’avvocato Mário Otoboni ebbe l’idea di “aprire” le carceri – e non di rinchiudervi dentro le persone condannate – il metodo Apac (Associazione di protezione e assistenza ai condannati) si è diffuso in Brasile e in 18 Paesi del mondo. Italia compresa. Tiene a precisarlo Valdeci Antônio Ferreira, missionario laico comboniano e avvocato – nonché direttore del Centro internazionale di studi sul metodo Apac – che riceve oggi a Milano il “Premio Marisa Baldoni 2025”. Insieme ad Arnoldo Mosca Mondadori, Marisa Baldoni è all’origine della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, che da alcuni anni sostiene quattro laboratori di produzione di ostie in altrettanti Centri Apac con l’obiettivo di arrivare presto a dieci. «Questi laboratori eucaristici – spiega il presidente della Fondazione Mosca Mondadori – sono nati dentro il carcere milanese di Opera nel 2016, in occasione dell’anno della Misericordia. Successivamente sono stati promossi in altri carceri e in varie realtà nel mondo. Comprese le Apac, con cui condividiamo l’idea che al cuore di tutto ci debba sempre essere la dignità della persona».

Ma il legame che unisce le Apac all’Italia riguarda anche la Comunità Papa Giovanni XIII, che – sin dal 2008, dopo l’incontro con l’Associazione brasiliana – ha sviluppato e adattato il metodo-Apac, creando le Comunità Educante con i Carcerati (Cec). Oggi sono presenti in diverse strutture dell’Associazione in Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo e Piemonte e persino in due realtà del Camerun.
«Il metodo-Apac – spiega Ferreira – ha quattro obiettivi principali: la riabilitazione del detenuto, la protezione della società, l’assistenza alle vittime e la promozione della giustizia riparativa. Per raggiungere questi obiettivi, applichiamo la nostra metodologia, che si compone di dodici elementi fondamentali, tra cui la partecipazione della comunità e l’aiuto reciproco tra le persone detenute, che noi chiamiamo recuperandos, ovvero coloro che stanno facendo un percorso di riabilitazione e ripresa».

Per accompagnarli in questo cammino, Apac garantisce assistenza legale e sanitaria, lavoro, spiritualità e relazioni con le famiglie tanto dei condannati che delle vittime. «Tutti elementi che, se vengono applicati armoniosamente, producono risultati positivi». Ne è una prova la diffusione dei centri che ormai sono 69 in 8 Stati del Brasile, con una media di settemila uomini e donne e una rete di oltre 1.700 volontari. Ma lo testimoniano anche alcuni dati estremamente positivi.

Quello più evidente è la drastica riduzione della recidiva, che nelle carceri del Brasile si attesta attorno all’80-85%, mentre nei centri di reinserimento sociale delle Apac va dal 10 al 20%. «L’ultimo dato relativo al Minas Gerais è stato del 13,9%», porta come esempio Ferreira. Inoltre, il costo medio del funzionamento è di circa un terzo rispetto al sistema carcerario tradizionale. E rivolte o ribellioni sono quasi inesistenti. «Le Apac in Brasile hanno raggiunto un livello di evoluzione tale che i nostri centri vengono gestiti senza alcuna presenza della polizia né di armi, indipendentemente dal reato commesso, dalla durata della pena, dal sesso, dalla razza, dall’età o dalla religione».

Un altro punto fondamentale è la promozione della giustizia riparativa. «La persona che ha commesso un reato deve rendersi conto del crimine commesso, del danno causato e delle persone che ha ferito. A partire da qui, sarà consapevole di non poter essere identificato tout court con il crimine che ha commesso. Ogni persona è più grande del suo peccato, ogni persona è più grande della sua colpa. In tutto ciò, l’esperienza spirituale è estremamente importante: può aiutare moltissimo nel processo di riparazione del danno».

Anche l’aspetto della formazione in generale e professionale in particolare è cruciale. L’idea di fondo è che le persone possano uscire dai centri con una professionalità per potersi inserire più facilmente nel tessuto sociale e lavorativo. In questo senso, anche i laboratori per la produzione di ostie promossi dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti hanno acquisito una rilevanza significativa. «Questi laboratori – spiega Ferreira – non hanno una mera valenza professionale: assumono un significato spirituale. Oggi, abbiamo due fabbriche di ostie operative a pieno regine nelle Apac di Itaúna e Frutal, con una media di 12 detenuti in riabilitazione che vi lavorano e producono ogni giorno centinaia di migliaia di ostie, che vengono poi distribuite gratuitamente nelle parrocchie delle due diocesi. Spesso abbiamo sentito le persone detenute dire ai nostri visitatori: “Mani che un tempo hanno commesso ogni sorta di crimine ora sono capaci di produrre il pane che, una volta consacrato, diventerà il corpo di Cristo”. È una cosa che ci commuove».

Articoli correlati

Nel cuore dell’Amazzonia

Icona decorativa10 Novembre 2025
Icona decorativaAnna Pozzi
La Conferenza Onu sul clima (Cop30) si tiene a novembre a Belém, in Brasile, dove le comunità affrontano le peggiori co…

Amazzonia, il grido degli ultimi

Icona decorativa5 Novembre 2025
Icona decorativaAnna Pozzi
Ascoltare la popolazione locale e la società civile amazzonica è fondamentale per costruire insieme soluzioni realizzab…

La lezione dell’Amazzonia per un’ecologia integrale

Icona decorativa4 Novembre 2025
Icona decorativaGianni Criveller
L’EDITORIALE. La terra non ci rende ricchi, ma umani, ovvero capaci di un rapporto virtuoso con il dono che Dio c…