Autorevolezza
I primi autobus del mattino sono vecchie carrette affittate da un autista e un amico. Il primo guida, il secondo fa pagare la tariffa ai passeggeri. Nessun biglietto. A strade ancora quasi vuote si viaggia che è un piacere, ma il problema è trovare passeggeri sufficienti a guadagnarci qualcosa. Ad ogni fermata, mentre il secondo si sgola e corre tutto intorno per attirare passeggeri insonnoliti, l’autista aspetta. Avanza un metro per far intendere che parte, si ferma, strombazza…
All’interno, sparpagliati su aggeggi simili a sedili, guardie notturne che tornano a casa, addetti alle pulizie che vanno al lavoro, ragazze delle fabbriche di abiti, qualcuno che va alla stazione. Un minuto, due, tre, quattro… siamo sempre lì. Con voce ferma e autorevole la guardia notturna ingiunge all’autista: “Insomma, parti!”. “Che succede? – interviene minaccioso lo scopino comunale – Non tollero ritardi, vai!”. Dopo un attimo di silenzio il lavapiatti del ristorante dice la sua: “E’ inaccettabile, o parti, oppure…”.
La storia si ripete ogni giorno, e ogni volta l’autista non fa una piega, non risponde e non parte, mentre il secondo continua come se niente fosse a strillare per cercare passeggeri. Nessun risultato, ma nessuno rinuncia al piacere di esprimersi con l’autorità di un padrone severo, o di un generale di corpo d’armata. E’ il momento magico, non serve a sveltire i tempi, ma aiuta a trascorrere tutto il resto della giornata ricevendo – in silenzio – ordini, insulti e minacce dai padroni veri.
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