Sima
Alla nascita la chiamano Sima, il padre non vuol saperne di lei perché femmina e scura di pelle. Quando ha 10 mesi per liberarsene la cosparge di acido corrosivo. Non muore, rimane un mostro che non riesce a vedere, mangiare, parlare. L’organizzazione “Acid Survivers” (sopravvissuti all’acido) la aiuta, si susseguono le operazioni. Il padre rimane in galera tre mesi, poi esce, mette in cantiere un altro figlio. Questa volta lo accetta perché è maschio, ma poco dopo si stufa della donna e pronuncia la triplice parola di ripudio: “Talak, talak, talak”. Basta questo, e la moglie è ripudiata. Con aiuti vari la bimba migliora, riesce a parlare, gioca, va a scuola. Torna a farsi vivo il padre, che riprende la donna come seconda moglie. Questo gli dà diritto ai sussidi del governo per le famiglie con membri vittime dell’acido. Sta con l’altra donna, ma regolarmente appare, ritira i soldi e se ne va. La mamma e il figlio sopravvivono con lavoretti e aiuti di “Acid Survivers”, Sima viene messa in un orfanotrofio, dove cresce denutrita e viene picchiata spesso perché bisticcia con le altre bimbe che la prendono in giro.
Giovanna Danieletto se ne interessa. Ne parla a suor Dipika dell’istituto Shanti Rani (Regina degli apostoli), che rimane scossa nel vedere la foto, si commuove sentendo la sua storia, e decide: Sima – che ora ha dieci anni – verrà accolta nel loro ostello a Rajshahi.
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