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L’ Africa verso la Cop30

Il continente si sta preparando alla Conferenza Onu sul clima che si terrà a Belém, in Brasile, il prossimo novembre. Un’occasione per raccogliere idee e proposte di soluzioni alle questioni climatiche, identificando innanzitutto i bisogni essenziali per favorire le politiche di adattamento e mitigazione

La capitale etiope Addis Abeba ha ospitato, nelle scorse settimane, i leader dei Paesi africani in occasione di due importanti appuntamenti sul clima: la Climate Week (CW) e l’African Climate Summit (ACS2). I due eventi sono stati cruciali per prepararsi alla Cop30, la Conferenza delle Parti per le discussioni e i negoziati sui cambiamenti climatici, che si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025.

La Climate Week (1-6 settembre) è stata l’occasione per raccogliere idee e proposte di soluzioni alle questioni climatiche, identificando innanzitutto i bisogni essenziali per favorire le politiche di adattamento e mitigazione. I governi, gli esperti, le istituzioni e la società civile che vi hanno preso parte sono riusciti a racchiudere in una serie di “raccomandazioni-chiave” le discussioni di quelle giornate. Sono state pubblicate nella Addis Ababa Declaration on Media, Climate, Peace, Security and Justice, preparata in vista dell’ACS2.

I partecipanti alla Settimana del Clima hanno discusso su temi di pace e sicurezza, di transizione giusta e finanza climatica, del ruolo dei media e dell’importanza di una comunicazione non inficiata dalle fake news. Tra i punti più significativi, c’è il focus sulla questione di genere: i Paesi africani riconoscono l’importanza di considerare le donne non solo vittime della crisi ambientale, ma agenti attivi che contribuiscono alla lotta ai cambiamenti climatici. Questo vale anche per le altre comunità marginalizzate, che devono essere incluse nell’azione, e che hanno uguale diritto ai benefici delle strategie di transizione.

Un altro tema significativo riguarda i finanziamenti provenienti dall’UE e dagli altri Paesi del “Nord Globale”: i progetti di finanza climatica non devono essere concepiti come beneficenza, ma come strumenti di giustizia per tutti i Paesi che non possono sostenere da soli i costi della transizione, ma che sono pronti a impegnarsi in prima linea.

L’Africa ha ribadito con forza il suo ruolo autodeterminante nella lotta per il clima anche durante il Vertice iniziato l’8 settembre. Dopo la prima edizione tenutasi nel 2024 a Nairobi, l’evento di quest’anno è stato intitolato “Accelerare le Soluzioni per il Clima Globale: Finanziamenti per lo Sviluppo Resiliente e Verde dell’Africa”. Nella giornata di apertura, Abiy Ahmed Ali, Primo Ministro dell’Etiopia, ha detto: «Non siamo qui per negoziare la nostra sopravvivenza, ma per progettare la prossima economia climatica», sostenendo che il continente è pronto per «offrire soluzioni», e per questo chiede «investimenti reali, e non beneficenza».

All’ACS2 erano presenti 25 mila persone, tra cui 45 Capi di Stato, politici, esperti e attivisti per il clima, vescovi e cittadini. La presenza giovanile, nello specifico, è stata molto numerosa, e testimonia il crescente interesse delle nuove generazioni per le questioni climatiche. I giovani sono infatti tra i più consapevoli delle condizioni in cui verte il continente, e tra i primi a sollevare le problematiche ambientali come, ad esempio, la scarsità d’acqua o gli eventi climatici estremi. Nonostante l’Africa contribuisca per meno del 4% alle emissioni globali, rimane infatti il continente più vulnerabile.

Proprio i giovani, in vista del Vertice, si sono a loro volta riuniti nella Assemblea sul clima della gioventù africana, durante la quale gli oltre duemila partecipanti hanno stilato una dichiarazione che attesta il loro impegno e che presenta specifiche richieste alla classe dirigente dei Paesi africani. Le nuove generazioni riconoscono pienamente che quello del clima è innanzitutto un problema legato alla sicurezza climatica e, di conseguenza, alimentare e sanitaria, e chiedono all’Unione Africana di trattarlo come tale. Domandano, inoltre, che i giovani siano considerati veri e propri interlocutori per i progetti volti a gestire l’emergenza degli sfollati interni e i conflitti ambientali, e chiedono di essere al centro delle decisioni di sviluppo ed espansione delle infrastrutture per le energie rinnovabili: propongono che l’espansione avvenga con una distribuzione capillare che includa anche le comunità più isolate.

Significativo è stato anche l’appello dei vescovi, che si sono pronunciati in particolar modo a favore degli approcci rinnovabili in campo agricolo, con l’implementazione di tecnologie che preservano la biodiversità. Già il giorno prima del Vertice, l’arcivescovo Roger Coffi Anoumou, della diocesi di Lokossa in Benin, ha detto che l’Africa non può solo essere soggetta agli interessi stranieri, e che servono «soluzioni vere che guardino all’uguaglianza sociale, alla dignità umana e che abbiano cura del creato», diversamente dai progetti di estrazione delle risorse.

Le prospettive che l’ACS2 ha creato sono quelle di un continente unito e pronto a presentarsi come tale anche all’imminente Cop30. Un’unione che si è vista anche tra i leader cristiani protestanti e ortodossi e quelli musulmani, che hanno dichiarato insieme che «la posizione del continente africano per la Cop30 non avanza solo visioni politiche ed economiche, ma idee spirituali e morali, fortemente radicate nella vita delle persone».

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