Fiore del Sertão
In una delle regioni più aride del Brasile, il Sertão, suor Sonia Sala cerca di far fiorire, in tutti i sensi, comunità molto povere, segnate anche dalla droga e dalla violenza. Con un’attenzione particolare alle donne, ai giovani e all’ambiente
L’entusiasmo è sempre lo stesso, anche se – dice – «mi avvicino ai sessanta!». Suor Sonia Sala, che per ora di anni ne ha “solo” 59, è un vulcano di racconti, idee e sorrisi. Ma è anche una donna d’azione. Su più fronti. Originaria di Mapello (BG), missionaria dell’Immacolata dal 1991, ha ispirato moltissimi ragazzi e ragazze del cammino di Giovani e Missione, ancora prima di partire lei stessa nel 1999. Destinazione: Brasile. È dove si trova ancora oggi, anche se in questi 26 anni ha cambiato luoghi e servizi, in un Paese enorme come un continente. Dalla favela di Vila Missionaria a San Paolo al villaggione di Antonio Gonçalves nello Stato di Bahia, dai quartieri occupati di Manaus, in Amazzonia, alla verdeggiante Bragança Paulista, sino all’aridissimo Sertão. Dal 2021, infatti, si trova nella parrocchia di Senhora Sant’Ana a Independência, in una delle regioni più siccitose e povere del Brasile. Con lei ci sono suor Graziella Airoldi e suor Vivian Wai Man Bok di Hong Kong. Tre pioniere, in un contesto segnato da grande povertà, ma anche da molta criminalità a causa della presenza di gruppi criminali dediti al traffico di droga.
«Il nostro vescovo di Cratéus, dom Ailton Menegussi – spiega suor Sonia – era in cerca di una congregazione religiosa femminile con carisma missionario che lavorasse con la gente soprattutto nelle comunità rurali, nella consapevolezza che le donne arrivano dove gli uomini non possono arrivare, soprattutto nel rapporto con le famiglie. Ed eccoci qui!».
Il territorio è vastissimo. La diocesi è grande quasi come la Lombardia, e la parrocchia si estende su 3.300 chilometri quadrati e conta una settantina di comunità rurali, disperse nell’interior e raggiungibili su strade sterrate che fendono la pianura disseminata di cactus e cespugli. «Siamo nella regione più brulla del Brasile. Piove pochissimo e sempre di più in modo irregolare – spiega la religiosa -. Anche quest’anno non è andata bene. Tutti dicono di aver perso dal 60 al 70% del raccolto».
I più anziani ricordano ancora le grandi “secche” del passato, in particolare quella degli anni Settanta che ha provocato la morte di tante persone e animali. A Independência c’è un quartiere che si chiama proprio così, Settanta, in ricordo di quella terribile carestia. «Ancora oggi, la mancanza d’acqua significa letteralmente fame», fa notare suor Sonia, che racconta di come la gente tenga nel sottotetto delle bottiglie di plastica piene di fagioli, perché si conservano per diversi anni e servono quando non c’è davvero più niente. «Purtroppo questa situazione provoca un progressivo abbandono delle campagne soprattutto da parte dei giovani, che vanno altrove in cerca di una vita migliore, ma anche un progressivo sfaldamento delle famiglie».
È dentro le pieghe di questa vita dura che si colloca anche il lavoro pastorale di suor Sonia, che è fatto innanzitutto di ascolto. «Ci inseriamo in uno stile di presenza e di lavoro autenticamente sinodale, che era già presente prima ancora che Papa Francesco lo mettesse al centro dell’ultimo Sinodo», dice. Il primo vescovo, dom Antonio Batista Fragoso, con cui la diocesi è nata 61 anni fa, era inoltre molto sensibile al tema della povertà. Erano gli anni del post Concilio Vaticano II, a cui aveva partecipato. «Dom Fragoso aveva invitato tutte le congregazioni religiose e i preti diocesani a farsi carico della realtà della gente. Erano anni duri di carestia e povertà. Ma anche di grande condivisione. Si lavorava in équipe parrocchiali e, in origine, si viveva insieme nella stessa casa, padri, suore e laici. Questo ha segnato molto lo stile pastorale di questa diocesi che ha lo spirito sinodale nel suo Dna. Un’esperienza un po’ unica in Brasile, che continua ancora oggi, anche se non si vive più sotto lo stesso tetto». Solo un anziano padre e una suora, che sono lì sin dall’inizio, continuano ad abitare vicini e a fare cose insieme. «Noi oggi pensiamo insieme la pastorale e insieme lavoriamo – dice suor Sonia -. Recentemente abbiamo invitato nell’équipe una mamma di una comunità a circa dieci chilometri di distanza per aiutarci a capire come essere più presenti e vicini alla gente».
Un tema che la interpella moltissimo è quello dei giovani. La situazione, del resto, è in rapido cambiamento e rappresenta una sfida per la società e per la Chiesa. «Molti non accettano più di vivere in una realtà così dura. Chi può permetterselo va a studiare altrove e non ritorna, perché qui non ci sono opportunità. E così molte famiglie hanno figli sparsi in tutto il Brasile. Il fenomeno della migrazione interna è molto forte». C’è un momento però in cui tutti tornano a casa. E non è il Natale o la Pasqua, come si potrebbe pensare, ma la festa patronale. «La devozione popolare è fortissima come in nessun’altra parte del Paese!». Nel mese di maggio, poi, in tutte le strade, sia in città che in campagna, la gente si riunisce per pregare la novena a Maria, che si apre e si chiude con la coronazione della Madonna, un momento molto solenne. «Anche chi non va mai in chiesa, a maggio si riunisce per pregare il rosario», dice suor Sonia. Che aggiunge scherzando (ma non troppo): «Se non ci fosse la sua mamma, Gesù quasi non esisterebbe!». Il senso di attaccamento alla figura materna è grandissimo, sia in famiglia che in chiesa.
«Quest’anno, in particolare, per la festa della nostra patrona la statua a misura d’uomo di Senhora Sant’Ana è andata peregrinando in tutte le comunità, passando di casa in casa, specialmente dove ci sono malati e anziani. che la accolgono con un affettivo grandissimo. È commovente».
Molte comunità sono così piccole o povere che non hanno neppure la cappella e si celebra direttamente nelle case o sotto un albero. In questi contesti sono soprattutto i catechisti a mantenere viva la fede. Gli animatori – quasi tutte donne – riuniscono settimanalmente la comunità per un momento di preghiera, la lettura della Parola o il catechismo per i bambini «Noi cerchiamo di andare in tutte le comunità. In alcuni periodi, come la settimana santa, ci fermiamo più giorni. Viviamo nelle loro case, ascoltiamo le loro storie, incontriamo i ragazzi, mangiamo, dormiamo e preghiamo insieme. Così si crea grande prossimità».
Finalmente, da due anni, le missionarie hanno una piccola auto e questo le facilita nel raggiungere le comunità più lontane. In passato il mezzo di trasporto più comune era l’asino, più recentemente la moto. «C’è bisogno di “iniettare” vita in tutti i sensi. Pastoralmente quest’anno cerchiamo di essere non solo più presenti, ma di dare più attenzione agli animatori e di avere più cura del nostro ambiente».
Molti si sono impegnati concretamente piantando alberi, occupandosi degli spazi fuori dalle cappelle e di quelli in città, e garantendo maggiore pulizia. Questo è anche frutto di un grande lavoro nel campo della pastorale dell’educazione nel quale suor Sonia si è buttata con entusiasmo. «Se una scuola chiama, io vado! – ci dice -. C’è una buona collaborazione. Pensiamo insieme alcune iniziative, tipo la campagna di Fraternità che quest’anno era incentrata sull’ecologia integrale e lo scorso sull’amicizia sociale. E da lì partono attività con i ragazzi che ci aiutano a creare un ambiente più umano».
Si tratta di un impegno particolarmente sfidante soprattutto in questi ultimi anni. Il contesto, infatti, è cambiato moltissimo, con tanti tentativi di suicidio o di autolesionismo, spesso per situazioni familiari terribili. Così come ci sono tante situazioni in cui i ragazzi, spesso giovanissimi, sono coinvolti in questioni di droga. O perché ne fanno uso o perché la spacciano.
«Purtroppo la droga è arrivata anche nelle scuole – racconta suor Sonia -. E pure tanta criminalità e violenza per la presenza di due fazioni rivali, che si contendendo il territorio». Per creare maggiore consapevolezza su questo e altri temi, ma soprattutto per diffondere una sensibilità missionaria, suor Sonia anima settimanalmente anche una trasmissione radiofonica – “É missão de todos nós: para uma Igreja em saída” (La missione è di tutti noi: per una Chiesa in uscita”) – alla Radio comunitaria 104.9 FM, nata 28 anni fa nella sacrestia della parrocchia e divenuta oggi una delle più ascoltate. «L’idea è di creare una coscienza missionaria e aiutare ad allargare gli orizzonti al di là di questa realtà molto piccola. Un tema su cui abbiamo lavorato molto è quello dell’ecologia integrale, che qui è molto sentito perché tocca la vita in tutte le sue forme. Anche questo è un modo per stare vicini alla gente e per condividere gioie e dolori, fatiche e speranze».
Articoli correlati
Nel cuore dell’Amazzonia
Amazzonia, il grido degli ultimi

