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Icona decorativaIcona decorativa20 Giugno 2025 Anna Pozzi

Un mondo in fuga

Sono più di 122 milioni i profighi e gli sfollati presenti nel mondo. Un numero mai visto prima e che aumenta inesorabilmente ogni anno. Così come aumentano guerre e situazioni di crisi (anche climatica), mentre diminuiscono gli aiuti umanitari. Una fotografia a tinte fosche in occasione della Giornata mondiale del rifugiato

Aumenta inesorabilmente anche quest’anno il numero delle persone costrette a fuggire dalle proprie case: uomini, ma soprattutto donne e bambini che vivono in condizioni di grande precarietà e vulnerabilità in un mondo squassato da guerre, violenze e crisi climatica.

I dati resi noti dall’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) in occasione della Giornata mondiale del rifugiato che si celebra oggi 20 giugno sono sempre più drammatici e allarmanti. Secondo il rapporto Global Trends 2025, sono infatti più di 122 milioni i profughi e gli sfollati nel mondo, un dato in crescita ormai da una decina d’anni.

Su tutte queste persone in fuga incombe anche l’incubo dei tagli agli aiuti umanitari – e in particolare della chiusura dell’agenzia di statunitense Usaid – che rischiano di provocare ulteriori movimenti forzati, anche verso l’Europa e l’Italia.

«Viviamo in un periodo di intensa volatilità nelle relazioni internazionali, con la guerra moderna che crea un panorama fragile e straziante, segnato da un’acuta sofferenza umana. Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per cercare la pace e trovare soluzioni durature per i rifugiati e le altre persone costrette a fuggire dalle loro case», ha dichiarato l’Alto commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi.

Papa Francesco parlava di una vera e propria “guerra mondiale a pezzi”: una guerra di guerre, a cui ogni giorno, purtroppo, si aggiungono nuovi fronti. E un numero folle di persone che muoiono o sono costrette a fuggire dentro o fuori i loro Paesi.

Le crisi più gravi – sia in termini di persone in fuga sia dal punto di vista umanitario – riguardano in particolare i tre grandi conflitti attualmente in corso in SudanMyanmar e Ucraina. Ma anchele crisiincancrenite di Siria e Afghanistan. Per non parlare della Striscia di Gaza, la cui devastazioneche va ad aggiungersi alle sofferenze di milioni di palestinesi che da decenni vivono lontani dalla propria terra.

CHI LI ACCOGLIE

Contrariamente alla percezione diffusa nelle regioni più ricche del mondo, il 67% dei rifugiati rimane nelle nazioni limitrofe, che spesso sono anche Paesi a basso e medio reddito. Qui si concentra il 73% dei rifugiati. Questi Paesi rappresentano il 9% della popolazione mondiale e solo lo 0,6% del prodotto interno globale, eppure ospitano il 19% dei rifugiati. A titolo di esempio vi sono popolazioni di rifugiati molto numerose in Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Sudan e Uganda per quanto riguarda l’Africa. Ma anche Turchia, Iran, Bangladesh, Pakistan accolgono molti milioni di persone.

Il 60% delle persone costrette a fuggire non lascia mai il proprio Paese: secondo Unhcr, infatti, sono 73,5 milioni gli sfollati interni e 42,7 milioni i profughi. E spesso sono i primi – si veda, a titolo di esempio, il caso drammatico del Sudan – quelli più difficilmente raggiungibili dagli aiuti.

FONDI E RITORNI

«Mentre il numero di persone in fuga è quasi raddoppiato nell’ultimo decennio, i fondi per rispondere ai bisogni umanitari sono ora all’incirca allo stesso livello del 2015», fa notare Unhcr, che parla di «tagli brutali e continui degli aiuti. Questa situazione è insostenibile e lascia i rifugiati e le persone in fuga dal pericolo ancora più vulnerabili, le donne senza protezione, i bambini senza scuole, intere comunità senza acqua e cibo».

La repentina e sconsiderata soppressione di Usaid da parte del presidente Donald Trump – il cui budget era di 40 miliardi e provvedeva al 47% della spesa per l’assistenza umanitaria globale – e la sospensione del sostegno economico a molte agenzie delle Nazioni Unite che operano in contesti di emergenza stanno letteralmente mettendo a rischio la vita di chi si trova in condizioni di grande vulnerabilità: dalle vittime delle guerre (Gaza, Ucraina, Sudan, Myanmar, Yemen, Haiti, solo per citarne alcune) ai milioni di profughi e sfollati, dalle moltissime persone colpite dalla crisi climatica e dall’insicurezza alimentare ai malati di tubercolosi, poliomielite o di Hiv/Aids, che si vedono interrotti i trattamenti antiretrovirali e così via… La lista sarebbe lunghissima e tragica. Un’intera e vasta rete di aiuti d’emergenza è al collasso.

«Anche a fronte di tagli devastanti, negli ultimi sei mesi abbiamo visto alcuni barlumi di speranza», ha aggiunto Grandi.  Dopo oltre un decennio di esilio, quasi due milioni di siriani sono riusciti a tornare a casa. Il Paese rimane fragile e le persone hanno bisogno del nostro aiuto per ricostruire nuovamente le loro vite».

In totale, 9,8 milioni di persone sono tornate a casa nel 2024, fra loro 1,6 milioni di rifugiati (il numero più alto da più di due decenni) e 8,2 milioni di sfollati interni (il secondo numero più alto di sempre).

Molti di questi ritorni, tuttavia, sono avvenuti in un clima politico o di sicurezza sfavorevole. Ad esempio, un gran numero di afghani è stato costretto a tornare in Afghanistan nel 2024, arrivando a casa in condizioni disperate. In Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, il Myanmar e il Sud Sudan, si sono verificati nuovi e significativi flussi di persone in fuga contemporaneamente al ritorno di rifugiati e sfollati interni.

E L’EUROPA?

Nel nostro continente chi accoglie di più è di gran lunga la Germania con 2,7 milioni di profughi seguita dalla Polonia che ha sul proprio territorio più di un milione di ucraini e dalla Francia con 721 persone accolte. Nella media UE, è l’Eritrea il Paese con la più alta percentuale di riconoscimento di status rifugiati (oltre due terzi), seguito da Afghanistan (54%) e Somalia (36%).

Secondo le rielaborazioni di Fondazione ISMU, sulla base dei dati Eurostat, le domande di protezione internazionale presentate nel 2024 nei Paesi dell’Unione Europea sono state 997 mila, con un calo del 12% rispetto al milione e 130 mila del 2023.

In Italia, alla fine del 2024, c’erano circa 150 mila beneficiari di protezione internazionale, 207 mila richiedenti asilo e oltre 163 mila cittadini ucraini che beneficiano di protezione temporanea, mentre il numero di apolidi è stimato intorno ai 3 mila.

L’Italia con quasi 159 mila richieste di asilo è terza dopo Germania e Spagna. Le richieste presentate nel nostro Paese rappresentano il 16% di tutte quelle presentate nell’UE. Dal 2021 il numero di domande di protezione nel nostro Paese è in continua crescita e nel 2024 si è registrato il numero più elevato degli ultimi dieci anni. Tuttavia solo il 7,6% ottiene lo status di rifugiato (6 mila persone). Quasi la metà (46%) sono cittadini provenienti dall’Afghanistan, il 20% dal Camerun, il 18% dalla Costa d’Avorio e il 16% dalla Nigeria. Per queste ultime nazionalità africane prevalgono le donne, che rappresentano oltre due terzi.

Nel 2024 in Italia sono state esaminate 68 mila domande di protezione presentate da uomini e 10 mila da donne. Tra queste ultime, oltre 6 mila hanno ricevuto esito positivo per la richiesta di asilo (60%), mentre per gli uomini prevale l’esito negativo. Lo status di rifugiato è concesso in modo più significativo alle donne: l’ha ottenuto il 29% contro il 4,5% degli uomini.

Una peculiarità italiana è la protezione umanitaria, non prevista in molti Stati UE: sul totale degli esiti positivi i permessi umanitari concessi nel 2024 sono stati il 41% del totale (oltre 11mila casi).

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