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Bangladesh: «Il Papa è davvero tra noi!»

«È stato davvero tra noi: si è lasciato toccare e abbracciare e ha toccato e abbracciato senza alcun timore. Anche me che curo i malati di lebbra…». Ecco la testimonianza di suor Roberta Pignone, missionaria e medico in Bangladesh

Papa Francesco tanto ha dato a noi in insegnamento, amore ed esempio. Adesso però abbiamo una grande responsabilità: non solo ricordarlo e pregare per lui, ma non smettere mai di cercare di mettere in pratica i suoi insegnamenti.

Sono andata a rileggere una lettera che avevo scritto nel 2017 dopo la sua visita in Bangladesh. «Avevo nel cuore un unico grande desiderio – scrivevo -: che i miei malati di lebbra cristiani potessero partecipare alla Messa col Papa. E così ho messo in campo tutte le possibilità che avevo e siamo partiti. I miei pazienti hanno avuto il posto dei VIP! Il Papa ci è passato vicino, la gente si è stretta intorno a lui e credo che abbia potuto sentire tutta la capacità di accoglienza che è la caratteristica principale del popolo del Bangladesh. “Il Papa è tra noi!”, continuavamo a ripetere. “Viva Papa Francesco e tutta la tua umanità”».

Il Papa è tra noi… Ecco quello che ha caratterizzato i suoi anni di Pontificato. È stato davvero tra noi: si è lasciato toccare e abbracciare e ha toccato e abbracciato senza alcun timore.

Ricordo l’incontro fatto con i religiosi a Dacca, sempre durante la sua visita. Sono riuscita ad avvicinarlo e gli ho detto che curo i malati di lebbra e lui ha preso la mia mano e me l’ha stretta, proprio la mano che uso per fare il mio lavoro con gli ultimi, sì, gli ultimi quelli che lui ha sempre prediletto. Ho sentito la sua benedizione. Da quel giorno la mia cura per i miei pazienti è stata ancora più ricca di amore e di tenerezza. È come se Papa Francesco me lo avesse chiesto con quei suoi occhi sbarrati mentre mi guardava e Gesù me lo ha ribadito attraverso il tocco della sua mano.

Papa Francesco ci ha insegnato una prossimità che è attenzione vera, del cuore, per i piccoli, gli ultimi, quelli che vengono emarginati. Senza il timore di essere giudicato e mal compreso. E proprio loro quelli che lo hanno aspettato all’ingresso di Santa Maria Maggiore per l’ultimo grazie e per un saluto.

In questi giorni, tanta gente ha voluto dirgli addio. Una folla immensa ha espresso amore e gratitudine per un uomo che ha saputo essere la misericordia e l’amore del Padre, senza mezzi termini, con una vita di prossimità e semplicità.

Domenica 6 aprile, ero in piazza San Pietro quando, durante la messa per il Giubileo dei malati e dei sanitari, ha voluto fare al mondo intero la prima sorpresa: malato tra i malati, ancora una volta si è fatto vicino, si è fatto prossimo a chi ha bisogno di cure e a chi le cure cerca di darle nel migliore dei modi. Un’altra volta la sua benedizione è caduta anche su di me, sul mio essere medico donato alla missione per gli ultimi della terra, i malati di lebbra.

Ora dobbiamo pregare perché, accolto nell’abbraccio amoroso del Padre buono, possa intercedere per l’umanità che tanto ha amato e chiedere il dono dalla pace, il miracolo che solo lui ora può chiedere per noi.

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